“ANIMATI. God, Human, Animal, Machine”. Per la prima volta in Italia, l’archivio fotografico di un museo pubblico viene esplorato attraverso la computer vision dell’AI. Un dialogo tra arte e intelligenza artificialeprende forma al Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo. La mostra è visitabile fino a fine agosto. “ANIMATI. God, Human, Animal. Machine” nasce da un’idea del presidente del Mufoco Davide Rondoni, a cura di Chiara Bardelli Nonino, con il contributo di Emanuele Amighetti art director e l’artista visivo Giacomo Mercuriali.
«Oggi cosa si intende per essere umano? E io che sono?”» si chiede Davide Rondoni, che chiarisce «La mostra “ANIMATI” rilancia queste domande, le amplifica, le urge. Non le lascia tacere nel brusio. Perché dalla risposta che ognuno offre a tali domande (e la si offre anche senza pensarci nella pratica morale della vita) dipende tutto il nostro sguardo al mondo e a noi stessi». Un esperimento pionieristico in cui l’intelligenza artificiale viene applicata al processo curatoriale, dialogando con uno dei più importanti archivi fotografici pubblici italiani. La rete neurale CLIP di Open-AI ha analizzato il patrimonio del MUFOCO, interrogandolo con parole chiave radicali e universali: coscienza, anima, morte, nascita, conflitto, famiglia. Attraverso un motore di ricerca locale creato ad hoc per la mostra, l’algoritmo seleziona le immagini rispondendo a query che ruotano attorno alla domanda: cosa significa essere umani oggi, nell’era dell’intelligenza artificiale? Il risultato è una nuova forma di curatela “aumentata”, dove l’intelligenza artificiale partecipa attivamente all’interpretazione iconografica.
La mostra propone 137 immagini di 77 autori italiani e internazionali: da Gabriele Basilico, Lisetta Carmi a Mimmo e Franceso Jodice, da Günter Brus a Bernard Plossu.
Si afferma così una nuova forma di curatela “aumentata”, in cui l’intelligenza artificiale non si limita a collaborare, ma partecipa attivamente al processo di interpretazione iconografica, generando un inedito cortocircuito tra umano e macchina. CLIP ha “osservato” e analizzato un dataset di oltre 12.000 immagini, rappresentative delle oltre 60000 catalogate e digitalizzate dell’archivio del museo, che conta ormai oltre 2 milioni di fotografie, permettendo di indagare come l’AI possa interpretare e catalogare contenuti visivi in relazione a concetti astratti e soggettivi.
«Le immagini che sono state scelte e messe in mostra sono quelle che hanno mostrato una contraddizione o un’affinità evidente tra la domanda – query – e il risultato, un’interpretazione sorprendente o sorprendentemente sbagliata da parte dello sguardo algoritmico. Che hanno messo a nudo vulnerabilità, bias e problematiche legate al tema della mostra – la nostra umanità», spiega la curatrice, Chiara Bardelli Nonino.
Per i visitatori della mostra, un elemento di sorpresa rimane: il display allestitivo rivela infatti le parole chiave che hanno guidato la selezione delle opere, ma l’associazione delle query con le immagini in mostra è lasciata all’interpretazione del pubblico. Questa dinamica simula l’esperienza quotidiana di imbattersi in innumerevoli immagini, spesso decontestualizzate, in un flusso continuo e inatteso come lo scroll infinito dei nostri schermi.
Ad arricchire l’esperienza della mostra, in esposizione “67 Days, 364 Hours, 21.840 Minutes, 163.350 Vectors”, l’installazione di lunga durata dell’artista visivo Giacomo Mercuriali, composta da 163.350 immagini generate tramite intelligenza artificiale, ciascuna mostrata in proiezione per esattamente 8 secondi. Ogni immagine è visibile una sola volta. Il numero totale di immagini corrisponde al tempo complessivo di apertura al pubblico.
“ANIMATI. God, Human, Animal, Machine” è molto più di una mostra: è un laboratorio aperto sul senso delle immagini nell’era algoritmica, un invito a riconsiderare la fotografia non solo come documento o arte, ma come specchio delle nostre domande più profonde. In un mondo in cui le macchine imparano a vedere, il gesto umano dell’osservare assume un valore nuovo. Una riflessione urgente e poetica sul nostro tempo, sul confine tra naturale e artificiale, tra ciò che siamo stati e ciò che stiamo diventando.
Tutte le opere in mostra sono conservate nella collezione del Museo di Fotografia Contemporanea nei fondi di proprietà del Museo di Fotografia Contemporanea, di Regione Lombardia, Direzione Generale Cultura, Archivio di Etnografia e Storia Sociale e di Città metropolitana di Milano.