Con la primavera fioriscono le allergie.

Circa un italiano su 5 soffre di rinite allergica, mentre l’asma è un problema per un altro 3,6% della popolazione.  Sono alti i numeri delle due principali manifestazioni respiratorie dell’allergia e la tendenza è al continuo aumento. L’ultima conferma in questo senso arriva dal più recente aggiornamento di uno studio internazionale condotto sulla popolazione pediatrica, l’ISAAC (International Study of Asthma and Allergy in Childhood – B. Bjorkstén e coll. Pediatr Allergy Immunol 2008; 19: 110-124) che ha dimostrato come l’aumento riguardi sia i bambini di 6-7 anni, sia i giovani di 13-14 anni. In particolare in Italia la prevalenza (di sintomi di rinite negli ultimi 12 mesi) documentata nei bambini e adolescenti di 6-7 e di 13-14 anni è risultata rispettivamente del 18,9 e del 35,1% (C. Galassi, Pediatrics 2006; 117: 34-42). L’aumento registrato in questo studio è stato di circa il 5% rispetto a 5 anni prima, tanto che gli esperti ipotizzano che se questa curva di incremento si manterrà invariata nel 2020 la metà dei bambini italiani soffrirà di rinite allergica.

Responsabile della rinite e di buona parte dei casi di asma è l’allergia, cioè una condizione di eccessiva reattività del sistema immunitario nei confronti di un allergene. Quest’ultimo è una sostanza estranea assolutamente innocua, cioè che in una persona non allergica non è  in grado di provocare alcuna reazione, ma che nel soggetto allergico induce una risposta immunologica. Si verifica infatti la produzione di un particolare tipo di anticorpi, le IgE, che riconoscono gli allergeni come  “aggressori”. Nell’arco di pochi minuti dall’avvenuto contatto con l’allergene si innesca una reazione (fase immediata), cui segue una fase tardiva, infiammatoria, che si verifica alcune ore (4-8) dopo l’esposizione allo stimolo. A provocare queste reazioni è la liberazione di sostanze che agiscono da mediatori chimici  (come  l’istamina) da parte di particolari cellule (mastociti e basofili), alla cui superficie sono legate le IgE.

A favorire la comparsa di allergie vi è senza dubbio la predisposizione genetica. Se infatti in un soggetto figlio di non allergici il rischio di sviluppare un’allergia viene stimato intorno al 5-10%, le probabilità salgono a circa il 25% in presenza di un genitore allergico e al 40-60% quando entrambi i genitori ne soffrano. La predisposizione genetica non è tuttavia l’unico elemento coinvolto nel favorire la comparsa delle allergie. Altrettanto importanti sono i fattori ambientali che oltretutto rendono ragione del costante incremento dei casi registrati negli ultimi anni.

Nella maggior parte dei casi, responsabili delle allergie respiratorie sono allergeni che vengono inalati: i pollini sono sicuramente i più importanti fra quelli presenti nell’ambiente esterno. Fra le mura di casa i protagonisti sono invece gli acari e il pelo e la forfora degli animali domestici, in primo luogo dei gatti; in minor misura possono essere coinvolti insetti e altri allergeni di origine vegetale. Ovviamente il contatto con l’allergene può avvenire anche per vie differenti da quella inalatoria

(ingestione, iniezione); in questo caso l’allergia si presenterà con manifestazioni differenti. Quelle respiratorie sono tuttavia le più frequenti.

 

Fra le due principali manifestazioni cliniche delle allergie respiratorie – asma e rinite – intercorrono legami molto stretti. Circa il 75% dei pazienti con asma allergico soffre anche di rinite che a sua volta è considerata un fattore di rischio per la comparsa di asma, tanto è vero che il 40% dei pazienti con rinite svilupperà un’asma. Il cattivo controllo della rinite è inoltre un fattore che può peggiorare l’asma o renderne difficile il controllo. La ragione di questo stretto rapporto è da ricercare nel fatto che le vie aeree superiori e inferiori in realtà vanno incontro a un unico processo infiammatorio tanto che è stato proposto il termine di united airways desease.

Un aspetto estremamente importante delle malattie allergiche è la costante presenza di infiammazione, la cosiddetta “flogosi minima persistente”. L’entità dell’esposizione allo stimolo può infatti variare nel corso dell’anno: durante i periodi di ridotta esposizione all’allergene si può osservare la scomparsa dei sintomi, tuttavia l’infiammazione permane sempre.

 

Sia nel caso dell’asma, sia per la rinite esistono delle precise indicazioni di trattamento. Per entrambe le forme è importanti evitare, quando ciò sia possibile, l’esposizione all’allergene e seguire un approccio terapeutico che viene modulato in funzione della severità dei sintomi. Nel caso delle rinite allergica si fa riferimento alle indicazioni contenute nel  documento ARIA che prevedono il ricorso agli antistaminici locali o sistemici e agli steroidi intranasali (di prima scelta nelle forme moderate-severe); le linee guida prevedono anche il ricorso agli antileucotrieni e, in presenza di congiuntivite, di colliri a base di antistaminici o/e cromoni. La terapia a gradini dell’asma (codificata nelle linee guida GINA) parte dall’impiego al bisogno di un broncodilatatore a breve durata d’azione per passare all’uso di steroidi per via inalatoria, eventualmente associati a broncodilatatori a lunga durata d’azione e, col crescere delle severità, a steroidi per via sistemica, ad antileucotrienici e, nei casi particolarmente severi, agli anticorpi anti IgE.

Entrambe le linee guida sottolineano l’importanza dell’Immunoterapia Allergenica (AIT), l’unico trattamento in grado di modificare la storia naturale della malattia allergica. Il vaccino consente infatti di diminuire in misura importante i sintomi della rinite allergica, con un beneficio che si mantiene a lungo nel tempo, anche dopo il termine del ciclo di immunoterapia. Ma i vantaggi di questo trattamento non finiscono qui: l’esecuzione dell’Immunoterapia Allergenica consente infatti di ridurre il rischio che, col tempo, chi soffre di rinite possa sviluppare anche l’asma. Oltre che frenare la cosiddetta “marcia allergica” e migliorare i sintomi, il vaccino permette di contrastare anche il fenomeno della polisensibilizzazione, cioè la comparsa di nuove sensibilizzazioni nei confronti di pollini differenti.  La prima dimostrazione di questo effetto era stata documentata in un gruppo di bambini sensibili agli acari in cui si è potuto dimostrare come il 45% dei bambini trattati con l’AIT non avesse sviluppato nuove sensibilizzazioni, fatto verificatosi invece in tutti i

bambini che non avevano ricevuto il vaccino (A. Des-Roches e coll. J Allergy Clin Immunol 1997; 99: 450-543). Fino ad alcuni anni fa parlare di vaccino significava parlare di iniezioni sottocutanee. In realtà da oltre un decennio la terapia iniettiva è stata affiancata da quella sublinguale, più sicura e altrettanto efficace, tanto è vero che le linee guida ARIA, assegnando un’evidenza A sia all’AIT sottocutanea, sia a quella sublinguale, le pongono sullo stesso piano.

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