MISHA SUKYAS ,parte il nuovo progetto Spice bistrò & bar.

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Spice bistro&bar via De Amicis, 4 – Milano

Spice Bistro&Bar è il nuovo gastro-bistro di Misha Sukyas, un progetto innovativo in cui il cliente è il vero punto focale. Ricerca per il prodotto e l’impiattamento, abbinamenti di aromi e sapori originali, senza che il cliente perda le tracce della sua confort-zone.

Un approccio alla scoperta della buona cucina alla portata di molti, anche dei più giovani, attraverso porzioni e prezzi più moderate che invitano alla scoperta, a provare qualcosa di diverso senza il disagio e la paura che circonda spesso e volentieri il fine-dining.

Un menù dinamico, trasversale, dove non vi sono regole, categorie e portate come antipasto, primo e secondo; un menù che cambia quotidianamente, in versione più snella e rivista per il pranzo. Questo grazie soprattutto ad una vera e propria collaborazione con fornitori selezionati accuratamente, come Sergio Motta per le carni e gli insaccati, l’Ortolano di via Canonica e Silvestro Mandara per i formaggi e le basi del gelato.

Attenzione alla qualità ed alla stagionalità: due dei principi cardine per la spesa e sulla quale poggiava l’odierna bistrattata nouvelle cuisine che doveva rappresentare l’essenza di un prodotto fresco e quotidiano di qualità, anziché l’attuale concetto di micro-porzione.

La voglia di ricominciare a costruire un rapporto con il cliente, passa dalla scelta di raccontare e completare molti piatti direttamente al tavolo, sia per soddisfare la sua eventuale curiosità, sia per dare la giusta attenzione ed erodere quel distacco che si è creato negli ultimi anni tra chef e cliente.

La carta dei vini anch’essa ripercorre una predilezione per la ricerca, offrendo anche una selezione di vini pregiati al calice, sempre con l’intento di soddisfare chi ha voglia di provare una grande vino senza l’impegno del costo dell’intera bottiglia.

I cocktail interpreteranno un ruolo decisamente importante, l’abbinamento cibo-cocktail è una delle ultime frontiere che sta sempre più ricevendo consensi ed è stata creata una lista ad hoc affinché possano essere un ideale accompagnamento per tutta la cena; oltre ad essere i principali protagonisti del pre e dell’after dinner.

Spice bistrò&bar è il luogo dove far nascere nuovi must come Parmigiana e Champagne, un luogo dove non vi sono regole se non quella di lasciarsi andare per vivere una piacevole esperienza.

 

Misha Sukyas.

Come sopra, così sotto.

Così recita la legge cosmica di analogia e corrispondenza dell’antico esoterista Ermete Trismegisto. Gli alchimisti, precursori della chimica moderna, cercarono di creare la pietra filosofale per trasformare qualsiasi metallo in oro utilizzando tecniche appartenenti a discipline diverse.

La parola “alchimia” deriva dall’arabo al-khimiya e significa fondere, saldare, e racchiude in sé una caratteristica che accomuna campi diversi, dall’arte alla scienza fino alla cucina. La cucina, come l’alchimia, fonde appunto in sé scienza e arte; è una questione di ricerca anche e soprattutto personale, un arricchimento di se stessi e non solo un appagamento del gusto.

La meticolosità con cui si crea un piatto, la combinazione dei sapori e delle tecniche per esprimerli al meglio e proiettare l’esperienza oltre la sfera dell’appagamento sensoriale, è una caratteristica peculiare dello chef Misha Sukyas.

Milanese di origini armene, formatosi al liceo artistico, Misha è un “visualizzatore”, un architetto del gusto con un percorso personale camaleontico come le sue creazioni. Dalla sua prima esperienza, giovanissimo, in un ristorante di famiglia a Cabo San Lucas, Misha resta affascinato dall’atmosfera corsara che respirava in cucina, dal patois linguistico del personale, dalla sensazione di appartenere a una ciurma variopinta.

La sua prima vera esperienza, a 18 anni, è a Londra dove si ritrova “cuoco per caso”; senza avere ancora le idee chiare sul sogno del bottone nero da chef, il suo primo ingaggio dura venti minuti e gli vale cinquanta sterline. Da quel momento, per circa un anno, Misha vivacchia girando anche quattro o cinque ristoranti al giorno dove riceve la paga della giornata pur senza ricevere incarichi fissi.

Poi, sempre in Inghilterra con Antonello Tagliabue, chef di Bice a Londra che lui considera un padre putativo oltre che un esempio di etica lavorativa, Misha impara l’organizzazione del lavoro, lo “stare” in cucina, insieme alla ricerca di qualità e servizio. Oltre che con Tagliabue, a Londra lavora con Valentino Bosch e Michelle Roux.

Giramondo per natura, le sue esperienze lo portano dall’Olanda (presso il ristorante “Van Vlaanderen” di Marc Philippart ad Amsterdam) fino a Sydney dove lavora al “Pier Restaurant” con Grant King, e poi con lo chef stellato australiano Peter Gilmore al “Quay”. Le sue tappe successive spaziano dalla Cina all’Indonesia; trascorre un anno “sabbatico” in India, dove dal contatto con la cucina locale – in particolare dai processi di panificazione – Misha apprende l’importanza della trasmissione dell’energia nelle proprie creazioni.

Nel 2007 torna in Olanda, sempre ad Amsterdam, dove perfeziona il proprio tirocinio e apre vari locali – “De Ysbreeker”, “Bar Itala” e “Lago” di cui è chef per un anno. L’incontro fondamentale per Misha è con Moshik Roth, chef israeliano di “avanguardia spietatissima” come lui stesso racconta, e paladino della cucina “tecno-emozionale”.

Se è vero che una creazione artistica riflette lo spirito e l’energia del suo creatore, lo è ancora di più nel caso di Misha Sukyas. La cucina da lui proposta è avanguardia morbida, molto rispettosa e improntata alla soddisfazione del cliente. Il suo non è un cibo pensato per soddisfare gli addetti ai lavori, ma per creare una “comfort zone” nel palato. È la ricerca ancestrale del “boccone perfetto”.

La sequenza di pietanze che compongono i menù di Misha è l’equivalente di un percorso alchemico, una tavolozza di ingredienti che richiamano – sia nella preparazione sia nell’impatto cromatico della presentazione – gli elementi presenti in natura. Ne è un esempio lampante il suo “Muddy Waters”, un piatto che si ispira al concetto di “palude”: di per sé un paesaggio di pura natura che unisce la potenza elementale di acqua e terra, ma che nell’immaginario comune è associato a sensazioni poco rassicuranti. E che invece, nella mente e nelle mani di Misha, diventa una prelibatezza: merluzzo cotto in un fornelletto composto da cenere di eucalipto, sale vulcanico, farina di manitoba e coriandolo.

Le creazioni di Misha, che verranno presentate al tavolo dai cuochi, sono un connubio di ricerca gastronomica e scientifica; basti pensare al suo utilizzo del Rotavac, un distillatore progettato per separare i solventi nei laboratori di chimica, utilizzato per cucinare in assenza d’aria e in condizioni di vuoto continuo. Oppure all’uso del trapano per la creazione di molle di zucchero e per pelare le mele, o ancora degli aerografi per la distribuzione delle salse e della caffettiera per servire la salsa che accompagna il suo strudel di maiale.

Ottobre 2015, parte il nuovo progetto Spice bistrò & bar.