|
GIO' MARCONI Via Tadino, 15
Milano
Inaugurazione: giovedì 22 Aprile 2010 dalle 19:00 alle 21:00 Dal 23 aprile al 29 maggio 2010
ANNETTE KELM Cards and Plates
La galleria Giò Marconi è particolarmente lieta di annunciare la prima personale nei suoi spazi dedicata all'artista Annette Kelm, tedesca che vive e lavora a Berlino. In mostra sono visibili lavori che si ispirano a soggetti differenti: un'ampia gamma di edifici, piante, ritratti di altri artisti spostati in contesti e situazioni diverse, e still life ordinati, spesso surrealistici. I lavori fotografici di Kelm esprimono una chiarezza rigorosa, che ricorda quella della pubblicità con le sue strategie di comunicazione, e quella della fotografia di prodotto, che si concentra su una presentazione mirata dell' oggetto in modo da renderlo più desiderabile. Allo stesso tempo i lavori fotografici di Kelm giocano a declinare il principio di "piattezza", che deriva dalla pittura moderna.
Kelm scopre e sceglie molti dei suoi soggetti passeggiando: essi possono essere molto piccoli, come un dado dimenticato o più grandi, come una jeep arrugginita. Ma le foto non vengono alla luce nel tempo di una camminata, bensì dopo un lungo processo. Esse sono scattate con una macchina analogica di grande formato e in seguito ogni provino viene lavorato singolarmente. Seguendo una sua precisa attitudine, Kelm scardina gli oggetti "minori" e "insoliti", dal continuum di un onnipresente panorama visivo. Quello che gli accade attraverso quest'isolamento è qualcosa di assimilabile ad una "giustizia estetica": essi sono finalmente mostrati come qualcosa che può esistere. Ciò non ha niente a che fare con il desiderio regressivo di una "rappresentazione autentica"; nelle immagini di Kelm ogni sorta di immediatezza realistica è al contempo già una recitazione. In altre fotografie l'artista lavora con motivi di design, oggetti di design o piante. Essi sono estrapolati dal loro c ontesto usuale e sistemati in situazioni del tutto nuove e stranamente stilizzate. Inaspettatamente, si ritrovano su un palcoscenico dove diventano parte di un'intenzionale e misteriosa drammaturgia. La sobrietà concettuale dei lavori di Kelm nasconde qualunque traccia storica. Il modo frontale di fotografare gli oggetti e la confusione di davanti e dietro sembra eliminare il tempo. Kelm crea uno spazio per l'immagine che è assolutamente piatto e liberato dalla storia, una zona di gelida inquietudine. Quando, per esempio, elegge a protagonista una sciarpa dai motivi pop e giovanili , la connotazione culturale pop e giovane non gioca più un ruolo eminente. La decorazione, piuttosto, tende a recuperare parti della sua autonomia visiva: invece di essere condizionata dalla sua storia, ora risiede in uno spazio fittizio "oltre qualsiasi cosa". Come conseguenza i lavori di Kelm spesso si propongono in serie o hanno effetti quasi comici.
A dispe tto, o a causa, della loro severa economia, le immagini di Kelm innescano particolari dinamiche che ci coinvolgono in un suggestivo gioco di vicinanza e distanza, visibilità e invisibilità. La fredda trasparenza delle stampe è allo stesso tempo ingannevole e noi finiamo col chiederci, come spettatori: vediamo troppo o troppo poco? Che cosa vediamo infine? Non possiamo mai essere completamente sicuri: ogni volta il significato, appena trattenuto, immediatamente ci sfugge. C'è sempre più che un solo punto di vista e più di un'unica versione dei fatti.
Aram Lintzel
Inaugurazione: giovedì 22 Aprile 2010 dalle 19:00 alle 21:00 Dal 23 aprile al 29 maggio 2010 Da martedì a sabato 10:30-12:30, 15:30-19:00 PressOffice: Cristina Pariset T.+39 024812584 F +39 024812486 Cell.+39 3485109589 cristina.pariset@libero.it
Contemporaneamente inaugurerà presso la Galleria Zero la mostra di Massimo Grimaldi "Surfaces" www.galleriazero.it
DASHA SHISHKIN "Tizzy"
La galleria Giò Marconi presenta la prima mostra nei suoi spazi sotterranei dell'artista russa Dasha Shishkin. Shishkin, che vive e lavora a New York dal 1993, ha partecipato alla grande mostra "The Compulsive Line: Etching 1900 to Now show" al Moma nel 2006, in cui suoi lavori erano visibili insieme a quelli di Marcel Dzama, Jake and Dinos Chapman, David Hockney, David Shrigley etc,, ed è considerata una giovane promessa dell'arte contemporanea. L'artis ta lavora con il disegno e la pittura, alternando l'acrilico, il pastello a cera, la china e la grafite. L'uso del colore, nelle opere di Shishkin, assume una forza drammatica, espressionista, anche quando le campiture non sono piatte sulla tela, ma tratteggiate e nervose. La linea invece, nei disegni come nelle acqueforti, è estremamente delicata, particolareggiata e fragile. In mostra da Giò Marconi porta 9 tra dipinti su carta o su tela, disegni e acquaforti, tutti prodotti appositamente per la mostra. I suoi soggetti, che comprendono figure umane in relazione tra loro e pattern decorativi, sono sempre in bilico tra macabro e fantastico, grazioso e malinconico. Su una tela, per esempio, sono ritratte due scene di vita domestica in una casa russa, come si può intuire dall'abbigliamento degli inquilini: l'artista pare voler ricordare l'ambiente familiare e i costumi della sua gente, ma il ricordo nostalgico è sconvolto da un avvenimento tragico: al centro di una delle due stanze, nella parte alta del quadro, un corpo trucidato giace sul tappeto rosso, macchiandolo di sangue, che cola abbondante dal pavimento al soffitto della seconda stanza (nella parte inferiore del quadro). Inoltre le prospettive sono distorte, alla Van Gogh, e mentre gli spazi sono così accentuatamente profondi e incalcolabili, le persone al loro interno sono piatte, addirittura trasparenti e confuse con l'arredo, quasi pura decorazione. Shishkind ci racconta storie mai facili da decifrare, spesso affollate di avvenimenti diversissimi l'uno dall'altro, che per una coincidenza fortuita o per destino, si trovano a coesistere nello spazio di una tela. Oppure, laddove sembra di riconoscere una sola storia, con i suoi protagonisti, la confusione tra le forme e la decorazione rende il quadro un vero e proprio enigma, da cui è difficile estrapolare una narrazione lineare, dei contorni netti, delle azi oni precise. Carattere enigmatico hanno anche i titoli dei lavori: spesso Shishkin usa giochi di parole o interviene su frasi di verità condivise, facendo sottilmente slittare il significato o ancora utilizza titoli che non hanno niente a che vedere con il lavoro in sè. Le opere di Shishkin sono state accostate a Goya e Bruegel, Egon Schiele e Hieronymus Bosch: i quadri sono intrisi di un immaginario fantastico in cui affiora, tangibile, il senso del grottesco. Anche l'erotismo, in Shishkin, non è mai descritto in modo banale, ma sfiora la perversione e la violenza, finendo per risultare, anche a causa della smania per i particolari che l'artista coltiva all'eccesso, un erotico grotteco. Schishkin costruisce il suo mondo minuziosamente, e minuziosamente decostruisce il mondo reale, l'universo umano, e i suoi comportamenti.
Inaugurazione: giovedì 22 Aprile 2010 dalle 19:00 alle 21:00 Dal 23 aprile al 29 maggio 2010 Da martedì a sabato 10:30-12:30, 15:30-19:00 PressOffice: Cristina Pariset T.+39 024812584 F +39 024812486 Cell.+39 3485109589 cristina.pariset@libero.it www.giomarconi.com
Contemporaneamente inaugurerà presso la Galleria Zero la mostra di Massimo Grimaldi "S urfaces" www.galleriazero.it
GROUP EXHIBITION "Behind the Curtain"
La Galleria Giò Marconi è lieta di annunciare la mostra collettiva "Behind the Curtain" che presenta tende di diversi artisti e di ogni genere.
I due lavo ri di Rosa Barba "The indifferent back of a view rather than its face" e “The Personal Experience Behind its Description” sono proprio un lungo testo (un estratto dall'autobiografia di Vladimir Nabokov) dove le lettere sono ricavate per sottrazione dal tessuto e le tende diventano due grandi pagine spiegate, che raccontano per frammenti la luce, l'ombra, il riflesso. Il lavoro prende vita, infatti, quando un fascio di luce illumina dall'alto la tenda, e l'ombra delle lettere viene proiettata sulla parete dietro. John Bock ci presenta una tenda che sembra un mantello rituale, o una tovaglia coloratissima, puntellata di figure zoomorfe e oggetti: piatti, tazze e gli oggetti oblunghi tipici dell'artista, fatti di lana o altri tessuti. La tenda, bidimensionale per definizione, diventa qui una vera e propria installazione tridimensionale. Kerstin Braetsch ci porpone PrinZIP, lavoro in tre parti colorato con spray su foglio trasparente. Appeso al soffitto questo grande foglio è estremamente fragile e funziona come un divisorio trasparente e fluttuante. Matthew Brannon trasforma la tela in una tenda minimale: appesa ad un listello d'ottone e resa rigida da un altro listello che si trova sul lato inferiore, è al tempo stesso quadro e passaggio, impreziosito da un elaborato ricamo a mano. Il lavoro di Tom Burr, estremamente concettuale, emerge da un parallelepipedo di legno aperto, dal quale esce come liberata. Andrè Butzer, con una grande tela 180 x 240, un dipinto astratto che si intrufola tra i tendaggi, ripropone l'idea dell'opera d'arte come confine, punto di contatto tra due mondi, distinti eppure strettamente legati l'uno all'altro Nathalie Djurberg sporca una classicissima tenda rosa che dipinge con motivi floreali e spesse pennellate di colore. Appesantita, la tenda rimane incollata a terra e nasconde dietro di sè una proiezione di uno dei film dell'artista. Il lavor o minimal di Kitty Krauss si basa sull'idea di quadrato, con cui l'artista gioca spesso: in questo caso l'elemento è ricavato da un vestito elegante da uomo , che l'artista ha tagliato in due parti rettangolari, lasciando la cucitura al centro e lasciando scivolare una parte sul pavimento. Tobias Rehberger, invece, dedica le sue tende a cinque personaggi dello spettacolo italiani: Benedetta Barzini, Caterina Caselli, Massimo Ranieri, Rita Pavone, Sabina Ciuffini. Personaggi che l’artista ritiene abbiano inciso in modo particolare in un determinato momento della loro carriera sull’immaginario collettivo. Loro indumenti sono stati rielaborati per essere trasformati in veri e propri tendaggi. Untitled (Dolls) di Markus Schinwald, il più opulento dei lavori in mostra, capovolge la funzione della tenda, che da strumento per cancellare agli occhi la visione di uno spettacolo, diventa spettacolo essa stessa: vediamo una stanza popolata di bambole che paiono animarsi, anche per il movimento che le pieghe della tenda induce loro. Dietro le bambole e la loro vita silenziosa, altri ritratti si nascondono, che solo chi osa spostare la tenda potrà vedere. Gedy Siboni sposta l'orizzontale in verticale e così un tappeto si trova improvvisamente a coprire una parete e un rattoppo diventa un motivo ornamentale. In un intrico di barriere e ostacoli, che sono allo stesso tempo quadri o sculture di grandi dimensioni, possiamo assaporare il sottile piacere di spostare la tenda, spiare o semplicemente immaginare cosa ci potrebbe essere oltre: ogni artista ci regala la possibilità di farlo in modo diverso.
Inaugurazione: giovedì 22 Aprile 2010 dalle 19:00 alle 21:00 Dal 23 aprile al 29 maggio 2010 Da martedì a sabato 10:30-12:30, 15:30-19:00 PressOffice: Cristina Pariset T.+39 024812584 F +39 024812486 Cell.+39 3485109589 cristina.pariset@libero.it www.giomarconi.com/
Contemporaneamente inaugurerà presso la Galleria Zero la mostra di Massimo Grimaldi "Surfaces" www.galleriazero.it
Galleria GiòMARCONI (info@giomarconi.com)
|