Elfo Puccini, sala Fassbinder, 7 / 29 marzo
L’ignorante e il folle
di Thomas Bernhard traduzione di Roberto Menin
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
con Ferdinando Bruni, Ida Marinelli, Corinna Agustoni, Luca Toracca
luci di Nando Frigerio
suono di Giuseppe Marzoli
una produzione TEATRIDITHALIA
L’ignorante e il folle è l’opera più programmatica del teatro bernhardiano. Scritto per il Festival di Salisburgo del 1972, a prima vista ne sembra una parodia. Qui si scopre che l’arte, anziché essere esaltazione e salvezza per l’individuo, può divenire il suo opposto, ossia artificio, espediente, implacabile sforzo tecnico che minaccia di trasformare il soggetto in puro meccanismo. Il testo è stato messo in scena da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia al Teatro dell’Elfo nella primavera del 2008 e viene riproposto in questa stagione con lo stesso convincente cast.
Dalle prime battute l’opera si presenta come una parodia dai risvolti macabri, nella quale personaggi inebetiti o lucidamente folli si compiacciono in discorsi senza scopo. La prima parte si svolge nell’intimità di un camerino, che la scenografia di Bruni e Frongia ha voluto drappeggiato di tende rosse e invaso da rose. Siamo all’Opera, dove sta per andare in scena Il flauto magico, ma la sovrabbondanza di fiori qui ha un sentore funereo. Il padre della soprano che interpreta la Regina della Notte e un amico Dottore aspettano impazienti l’arrivo della donna e ingannano il vuoto dell’attesa l’uno stordendosi con l’alcol e l’altro mescolando paradossi sull’arte e l’esistenza umana alla macabra descrizione di un’autopsia, “come se il bisturi della ragione potesse davvero trovare fra quei tessuti morti il senso o il non senso della vita”. Il corpo umano è una macchina, estremamente fragile – sostiene il Dottore – come delicato è strumento della voce sublime della cantante, un dono di natura affinato da un implacabile sforzo tecnico che riduce l’artista a puro meccanismo.
Il primo atto si conclude in un crescendo parossistico: l’arrivo della cantante e la sua entrata in scena sono scanditi dal ripetersi di gesti banali, carichi delle ossessioni e degli incubi di ogni artista prima della prima. L’orchestra sta già suonando e la donna si abbandona al panico: il suo costume è destinato a strapparsi, la corona le cadrà dalla testa, sarà costretta a dare forfait. Alla fine, come ogni sera, andrà in scena. Non c’è scampo per i personaggi di Bernhard, quanto più cercano di sradicarsi dal ruolo in cui si ritrovano, tanto più hanno la sensazione di ripetere atteggiamenti già vissuti sperimentati in passato.
Nel secondo atto ritroviamo i tre personaggi riuniti in un famoso ristorante viennese dopo lo spettacolo, soli e circondati da vasche popolate di aragoste che si muovono mute in attesa della morte. Potrebbero festeggiare un successo, invece proseguono i discorsi precedenti, intenti a sezionare la vita in punta di forchetta. Sembrano sull’orlo di un baratro che non sanno vedere: ciechi, alcolizzati, folli (o forse solo umani) sono destinati a precipitare nelle tenebre della mente e dell’oscurità che interrompe lo spettacolo.
Ferdinando Bruni dà voce e corpo all’inarrestabile e maniacale ragionare del Dottore (ruolo che al debutto fu di Bruno Ganz), mentre la Marinelli ha il fascino e la svagatezza della Regina della Notte; Luca Toracca è un Padre instabile e confuso e Corinna Agustoni interpreta le figure silenziose ed enigmatiche della signora Vargo e del cameriere Winter.
DALLA RASSEGNA STAMPA
L’ignorante e il folle è un virtuosistico Moto perpetuo paganiano, un Sesto brandeburghese sul tema cruciale dell’autore austriaco: “l’impossibilità di dire la verità e (o) l’incapacità di superare l’esistenza umana”.
Tra un palco di teatro e la luce d’acquario d’un dopoteatro al ristorante, la regia di Ferdinando Bruni (maieutico nel ruolo del Dottore) focalizza nei trilli canarini della cantante lirica (l’ottima Ida Marinelli), nelle colorature vocali che la Regina della notte inframmezza a dialoghi sui massimi sistemi e i minimi termini, quella prodigiosa forma di distrazione da noi stessi e dal nostro destino che ci illude così spesso di vivere.
Roberto Barbolini Panorama
Ora è questa immagine nevrotica, portata al successo da Bruno Ganz, a porsi al centro dello spettacolo che Ferdinando Bruni ha allestito, insieme a Francesco Frongia, interpretandone anche con esaltato sarcasmo la parte col gusto dell’artista che parla di se stesso in parallelismo con il vero oggetto vittima del discorso, ovvero Ida Marinelli, che si raddoppia vivendo le angosce e i fremiti dell’artista prima dell’andata in scena e ci offre pure qualche istante di canto simulato per poi bollarlo con le sue ansie esistenziali. E a fungere da padre, truccato da cieco, c’è Luca Toracca, nelle due scene con lampadario che segnano i due atti: un camerino dallo sfondo rosso per le ansie che precedono la recita e la tavola di un noto ristorante viennese per la dissezione verbale da operare davanti a vetrate da acquario per enormi granchi. Una ricostruzione in cui l’ansia critica dell’autore si specchia nell’ansia dell’interprete, cosciente di parlare prima di tutto di se stesso.
Franco Quadri, la Repubblica
I personaggi non lasciano scampo: uno è cieco, l’altro un voyeur della morta mentre la terza, in quanto artista, è per definizione un “soggetto patologico”. Lei a prima vista `´la figura più defilata, ma p[are concentrare in sé tutto il gusto per le strambe fissazioni maniacali tipico di Bernhard: l’incubo del costume che si strappa al sollevarsi delle braccia, la paura che il sipario tagliafuoco le cada addosso, e, sempre incombente su tutto il resto, l’ombra nera della perdita della voce, che è un ovvio equivalente simbolico del decesso e un compendio di ogni altra possibile ossessione.
Lo spettacolo dell’Elfo sottolinea con livida ironia questo taglio spettrale. la sua costruzione attenta, rigorosa, a tratti foscamente divertente, grazie specialmente allo stesso Bruni, medico esagitato, travolgente nella sua esuberanza ottusa e un po’ satanica, e a Ida Marinelli, cantante-mummia sottilmente mostruosa.
Renato Palazzi, Il sole 24 ore
______________________________________________________________________________
ELFO PUCCINI, SALA FASSBINDER – corso Buenos Aires 33, Milano – Martedì /sabato ore 20.30, domenica ore 16:00 – Info e prenotazioni: tel. 02/0066.06.06 – Intero 30.50 €, Ridotto giovani/anziani 16 €, martedì 20 € – www.elfo.org
