L’accento di Vasilij Kandinskij

L’accento di Vasilij Kandinskij

 

“Non conosco nulla di più reale della sua pittura. E nulla di più vero e di più bello. Un suo dipinto non dà un’immagine di vita terrestre. E’ la vita stessa. Se c’è un pittore che meriti il nome di ‘creatore’ è proprio lei. Lei crea la materia allo stesso modo con cui la materia è stata creata, altrimenti non ci sarebbe un universo. Ha aperto una finestra sul tutto”, scriveva in una lettera del 5 settembre 1938 Scheyer a Vasilij Kandinskij, e pare questo il miglior inizio per introdurre l’opera di uno dei pochi autentici innovatori dell’arte del XX secolo.

Kandinskij fu un geniale “artista metodico” e un profondo teorico delle arti visive, non solo per la pittura, ma anche per il modo d’intendere la connessione delle arti, sull’esempio del Lohengrin di Wagner, che lo stimolò a cogliere i rapporti tra suono e immagine nella possibilità di realizzare un’opera totale, abbandonò, ma sarebbe meglio dire “sintetizzò”, l’arte figurativa intesa come pura mimesis e riproduzione meccanica, a favore di una pittura dettata dalla “necessità interiore”,  principio cardine di tutto lo Spirituale nell’arte, il testo cardine della sua visione poetica.

Occorre procedere per gradi.

Vasilij Kandinskij nasce a Mosca nel 1866 e sin da piccolo impara a suonare il pianoforte e il violoncello, la pittura arriverà in seguito ad intensi studi di diritto (si specializzerà in economia politica) quasi per caso, in occasione di un viaggio in Vologda, dove s’interessa all’arte popolare dei contadini, visitando le loro isbe, internamente decorate, tanto che gli sembrò di entrare letteralmente in uno spazio dissolto nel colore e nelle forme.

 

L’altro episodio determinante per la genesi del suo modo d’intendere la pittura è la scoperta di Claude Monet a una mostra degli impressionisti a Mosca, quando, osservando uno dei suoi dipinti dei Covoni, e non avendolo immediatamente riconosciuto, ne era tuttavia rimasto profondamente stupito come da un’immagine in sé, priva di soggetto.

Queste ed altre esperienze lo portarono a dipingere, riassumendo progressivamente tutta la tradizione pittorica russo ortodossa alla ricerca di composizioni dettate esclusivamente dalla “necessità interiore”, per rispondere a una realtà spirituale più profonda.

Partendo da una riflessione sull’impressionismo incominciò a dipingere i boschi, le radure e i fiumi nei pressi di Mosca che incominciano a riassumere le forme naturali in composizioni cromaticamente vivaci

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Sarà con il suo soggiorno a Murnau, villaggio dell’Alta Baviera presso Monaco, con la pittrice Gabriele Münter, che Kandinsky incomincerà a riassumere la natura in campiture dai contrasti cromatici vivaci, che ricordano l’arte popolare russa e che saranno un primo passo verso lo slegarsi dalla pura rappresentazione del dato naturale, verso l’autonomia del colore. 

La liberazione dalla natura avviene tra il 1909, con composizioni estremamente affascinanti, che recano ancora ricordi del mondo e della tradizione ortodossa russa, con cavalieri, chiese dalle cupole a cipolla, barche a remi, che si trovano dentro un’altra realtà, già determinata esclusivamente dai colori e il 1910, l’anno del suo primo Primo Acquarello Astratto, nel quale viene abbandonato ogni elemento figurativo, in un trionfo di forme e colori puri, liberati da ogni funzione mimetica.   

E’ proprio durante questi anni che le sue opere recano titoli come improvvisazione e composizione, che testimoniano come la sua ricerca pittorica si orientasse a costruire ponti verso la musica.

Nel fervido periodo creativo tra il 1911 e il 1917, tra la stesura, dell’almanacco Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro) con l’amico pittore Franz Marc con cui voleva riassumere tutte le esperienze d’avanguardia allora esistenti in Europa e la composizione del suo testo chiave, Lo spirituale nell’arte, e gli anni immediatamente precedenti la Rivoluzione d’Ottobre, accanto alle grandi composizioni piace ricordare i suoi acquarelli astratti, per la loro freschezza e vivacità di pure composizioni pittoriche. 

E’ proprio in quegli anni che le sue composizioni vanno sempre più organizzandosi come vere e proprie sinfonie di linee e colori, sino a raggiungere una vera e propria grammatica interna dettata dalla geometria a partire dal 1922 quando fu chiamato in Germania da Walter Gropius a insegnare teoria della forma e pittura nel laboratorio del Bauhaus a Weimar.

Le sue opere di questi anni d’insegnamento sono caratterizzate da colori puri e figure geometriche elementari, tra punti, linee rette e curve, reticoli, scacchiere, angoli, triangoli, cerchi e semicerchi che riconducono i loro rapporti interiori alla loro essenza geometrica.

Degli anni d’insegnamento a Dessau piace ricordare Accento in rosa (1926), dove vediamo interagire i colori puri con il triangolo, il quadrato e con il cerchio, che diventò la sua figura geometrica simbolica di riferimento, “oggi amo il cerchio come prima amavo il cavallo e forse più, perché nel cerchio trovo maggiori possibilità interiori”, disse.

Partendo dagli enti geometrici fondamentali Kandinsky stava infatti costruendo una grammatica della pittura astratta dove ogni colore, ogni tonalità, ogni sfumatura corrispondeva a uno stato interiore del pittore.

L’insegnamento al Bauhaus fu bruscamente interrotto dall’ascesa al potere del partito nazionalsocialista, la scuola chiuse e Kandinsky con la moglie Nina preferirono trasferirsi immediatamente a Parigi.

In quei suoi ultimi anni la sua ricerca ci svela un mondo sconosciuto, in analogia alla biologia molecolare, organizzata in composizioni complesse, affini al lavoro d’un orafo o di un mosaicista.

Kandinsky incominciò a studiare microrganismi al microscopio e traeva spunti da tavole scientifiche visti sui libri di biologia, come in Blu cielo, realizzato nel 1940, l’anno dell’occupazione nazista della Francia dove la pittura biomorfa per lui diventa una forma di conoscenza per comprendere l’essenza delle cose. Come affermò: “quest’esperienza dell’anima segreta di tutte le cose che vediamo a occhio nudo, al microscopio, al telescopio”.

 

Vladek Cwalinski

 

 

 

 

 

 

Vassily Kandinsky

Dal 17 dicembre al 4 maggio 2014

Palazzo Reale, Milano

Catalogo 24 Ore Cultura