Come sospesi nel tempo

 

Osservare un dipinto di Giorgio Tonelli (Brescia, 1941) è un’esperienza spiazzante.

Di fronte ai suoi paesaggi, sia urbani che naturali, si ha l’impressione che il tempo si sia fermato.

 

 

 

Nei grandi palazzi delle periferie metropolitane, popolate da ciminiere e cisterne, in un’atmosfera, talvolta rarefatta talvolta plumbea, anche ogni singola foglia degli alberi sembra sospesa, immune dal vento, in attesa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oppure nelle spiagge deserte, davanti a un mare placido, liscio come l’olio, che si perde all’orizzonte in un’ultima linea di luce, sotto un cielo terso e striato, quello a cui si assiste è un grande processo di purificazione del ricordo.

 

 

 

 

 

 

Luci e ombre vengono sapientemente distillate per arrivare all’essenza, alla concentrazione ultima di quel paesaggio. 

Spiagge che fanno tornare in mente le atmosfere dipinte da Caspar David Friedrich.

Quella di Tonelli è dunque innanzitutto un’operazione d’incessante lavoro del pensiero, di osservazione e di selezione accurata dei dati visivi a favore della concentrazione, sia per quanto riguarda la forma che la luce, esercitata innanzitutto attraverso la ragione e il distacco dall’emozione alla quale la tecnica pittorica sottostà, obbedendo pazientemente nel tentativo titanico di rendere eterno l’istante.

 

 

 

 

 

I palazzi delle sue periferie sono puliti da ogni dettaglio illustrativo puramente emozionale per ricondurli alle pure linee dell’architettura, così rimangono anonimi come le costruzioni industriali e ogni riferimento puramente topografico che può indicarci un quartiere specifico delle metropoli è vagliato e dosato a favore di una conoscenza più profonda, per ricondurre ogni ambientazione urbana all’essenza dello skyline.

 

 

 

 

Il processo di decantazione dell’immagine è se possibile ancora maggiore nelle sue “città ideali”, che presentano costruzioni utopiche con vedute grandangolari, dall’impianto prospettico rigorosissimo che tanto ricordano Piero della Francesca.

Tonelli dunque concepisce la pittura innanzitutto come un’indagine personale attraverso i luoghi nei quali ha vissuto.

Quello che emerge in ognuno di questi dipinti come un unico filo conduttore e come autentico protagonista è dunque un grande silenzio che è l’unica condizione necessaria perché avvenga la possibilità di un riconoscimento profondo per chiunque li abbia vissuti.