
Che la sensibilità tedesca abbia insita una spiccata predisposizione, per così dire, “naturale” al romanticismo, qualunque forma poi gli si voglia far assumere, lo dimostrano i lavori di Günter Förg (Fussen, 1952) esposti da Giò Marconi a Milano.

Closer si presenta come una grande installazione pittorica concepita come un corpus senza soluzione di continuità, con una serie di dipinti acrilici di medio e grande formato, già conosciuti come grid paintings – letteralmente “dipinti a griglia” – realizzati tra il 2005 e il 2006, che presentano una serie di intrecci reticolati, elaborati a tinte vivaci su delicati fondi neutri e concepiti come una serie di variabili colorate.

Tali intrecci sono eseguiti esattamente come se si trattasse di una sonata virtuosa col pianoforte, eseguita su un unico impianto tonale di fondo, che si mantiene tuttavia alto come un’unica nota.
Se i suoi rimandi al XX secolo, specialmente al nord Europa, da Edvard Much a Paul Klee e americano astratto del dopoguerra, da Willem De Kooning a Barnett Newman, sono evidenti, tuttavia sono distillati sapientemente e non sono affatto scontati, tant’è evidente la riflessione di Förg sul significato organico e profondo della pittura, indagato a distanza estremamente ravvicinata, closer appunto, non senza l’ausilio di un microscopio, che la scopre come un “intreccio” di segni in grado di suscitare una visione altra.

La riflessione esplicita sulla funzione dell’insieme di linee verticali e orizzontali che costituiscono l’ambientazione della Morte di Marat dipinta da Edvard Much nel 1907 (conservata al Munch Museet di Oslo), appare in questi grid paintings come un imput per una riflessione ben più ampia su quali siano ancora le effettive potenzialità della pittura astratta oggi, quali le sue origini e quali i suoi rischi, in questo periodo di global shacking della cultura, dove la smemoratezza collettiva beota, che attanaglia soprattutto l’Europa sembra farla da padrone.

Questi lavori quindi si presentano sebbene siano eseguiti su tela e con un medium veloce come l’acrilico, come un unico grande affresco murale, un’opera di decantazione in cifre astratte ma dal sapore storico e civile, come un unico grande appunto su un gigantesco notes per non dimenticare l’eredità che le avanguardie ci hanno trasmesso, e in questi tempi caratterizzati da frullati d’immagini ce n’è davvero bisogno.
Vladek Cwalinski
Günter Förg – Closer
Fino al 26 gennaio 2013
Giò Marconi
Via Tadino 15, Milano
Dal martedì al sabato 10.00 – 13.00, 15.00 – 19.00