AL LITTA UN SOGNO PIRANDELLIANO ANCOR OGGI ATTUALE

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Il dualismo “sogno e realtà” che incentra la stagione del Litta prende corpo nella pièce di Pirandello: Sogno (ma forse no) in scena sino al 20 novembre.

Uno spettacolo che ruota intorno alla figura di una donna, che sente venir meno l’amore per l’amante, e di contro sente crescere in lei il desiderio di ricongiursi con l’amante precedente, ritornato ricco e che la rivorrebbe.

Questi turbamenti si manifestano in sogno, talvolta un vero e proprio incubo dai toni surreali, mettendo in luce la conflittualità dei sentimenti, al punto da avere la sensazione di essere strangolata dall’amante attuale con quel “vezzo di perle” desiderato così ardentemente. Il risveglio pone fine all’incubo, e dona finalmente sollievo alla “Giovane signora”, se non fosse per la consegna di un regalo da parte dell’amante facoltoso, contenente la collana desiderata. La stessa che l’attuale amante le avrebbe comprato per riconquistarla, seppur indebitandosi.

Lo spettacolo si snoda attraverso la voce di un narratore che accompagna gli attori, con un allestimento scenico piuttosto semplice ma efficace, un letto o un divano, ove la dimensione onirica viene costantemente amplificata da effetti scenici particolari e suggestivi, quali video, suoni, luci e costumi, facendo divenire il confine tra sogno e realtà sempre più labile.

L’ambiguità, la perturbazione, l’inganno, la vita o la morte, elementi pregnanti del racconto, vengono resi con bravura da Caterina Bajetta e da Gaetano Callegaro, sapientemente diretti da Antonio Sixty che riesce ancora oggi, con un testo del 1929, a catturare lo spettatore e farlo partecipe del “sogno” e a riportarci alla mente i film di Lynch.

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