In un giardino incantato di Vladek Cwalinski

Dopo una prevalente concentrazione pittorica di altissimo livello che negli anni passati, con il San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci, La donna allo specchio di Tiziano Vecellio, L’adorazione dei pastori e il San Giuseppe falegname di Georges de La Tour, quest’anno la consueta collaborazione che, in occasione del periodo natalizio, ormai da anni lega Palazzo Marino, storica sede del comune di Milano, attraverso L’Eni, al Musée du Louvre di Parigi ha, voluto andare sul sicuro e sul classico, almeno nell’immaginario popolare, presentando un inedito connubio neoclassico tra pittura e scultura nella magnifica ambientazione della sala Alessi.

I milanesi che rimarranno in città potranno così ammirare uno dei capolavori scultorei di Antonio Canova (Possano, Treviso, 1757 – Venezia, 1822) conservati al Louvre, Amore e psiche, in un suggestivo abbinamento che lo vede disposto all’interno di una sorta di “bosco sacro” dove, installato su una siepe esterna, del labirinto neoclassico, compare anche il dipinto Psyché et l’Amour, del francese François Gérard (Roma, 1770 – Parigi, 1837). 

Nonostante le due opere siano state legate sin dagli esordi, infatti furono acquisite dal Louvre a distanza di un solo anno, l’una a Roma nel 1797, la seconda a Parigi nel 1798, tuttavia non erano mai state esposte insieme prima d’ora, né a Parigi né altrove.  

Premesso che, pur riconoscendogli una maestria eccezionale e una grazia assoluta nel lavorare il marmo come se fosse materia morbida, non ho mai provato una particolare predilezione poetica per l’opera del Canova e per il neoclassicismo in genere, perlomeno se paragonati al culmine del classicismo italiano del pieno Rinascimento romano, fiorentino o veneziano o ancor di più all’inarrivabile poesia epica dei classici greci, quelli veri, come Fidia, il maestro di Olimpia, Skopas o Prassitele, sono però rimasto stupito dalle due versioni di Amore e psiche così come sono state disposte in rapporto all’ambiente a loro del tutto organico che gli fa d’atmosfera.

Quello che ha attratto la mia attenzione è stato innanzitutto l’uso perfettamente riuscito della luce, che, oltre il labirinto neoclassico e le fughe prospettiche dei suoi archi che lasciano immaginare un parco infinito, si modella come un morbido manto di foglie verdi sugli stucchi cinquecenteschi della sala Alessi, sui mascheroni delle grottesche e sugli stemmi, arrampicandosi sulle pareti come un’edera.

Soluzione interessante che rivela la sensata idea di fondo, di ricreare lo spazio sacro di un giardino notturno che, apparendo pienamente classico, si pone come condizione ideale dell’animo per introdurre alla visione della favola di Apuleio.

 

Vladek Cwalinski

 

 

 

Amore e psiche

Palazzo Marino, sala Alessi

Fino al 13 gennaio 2013

Ingresso libero

Catalogo Rubbettino

 

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