Il Forum degli Autoctoni al wine show di Torino

Da Sabato 24 a Lunedì 26 ottobre 2009 – Padiglione 2 – Lingotto Fiere

Go Wine propone un ‘Enoteca esclusiva e 6 eventi per valorizzare

il grande patrimonio dei vini autoctoni italiani

L’area dell’Enoteca dei vitigni autoctoni italiani ospiterà nei tre giorni della rassegna un calendario di Incontri/Degustazioni: saranno protagonisti vitigni di diverse zone d’Italia, raccontati e “degustati” alla presenza del produttore.

Ogni iniziativa si svilupperà in due fasi: nella prima si darà spazio al racconto del produttore legato al vitigno ed al particolare rapporto che lega l’azienda ed il territorio a quella varietà, successivamente vi sarà la degustazione.

Fra i vitigni protagonisti molte le storie e le curiosità da scoprire.

A cominciare dal Priè Blanc, con i suoi vigneti coltivati all’altitudine più alta d’Europa (vi è addirittura un’unità produttiva fra le più alte al mondo a 2600 metri sul massiccio del Monte Bianco). La prima vendemmia de La  Cave du Vin Blan de Morgex et de La Salle risale al 1988 ed l’unica realtà che produce la denominazione spumante metodo classico.

Nel Piemonte dei tanti vitigni autoctoni vi sarà spazio per due realtà, con storie differenti.

A cominciare dall’Uvalino, espressione pressoché esclusiva del territorio del Comune di Costigliole d’Asti, recuperato e valorizzato da Mariuccia Borio di Cascina Castlèt: nei racconti delle famiglie contadine, era sempre presente in tutti i vigneti con almeno un filare. Dalla vinificazione in purezza si produceva un tempo il vino della festa, da consumare esclusivamente in occasioni speciali. Dopo le necessarie sperimentazione è arrivato in bottiglia nel 2003 e rientra nella doc Monferrato Rosso.

Il Ruchè, altro protagonista, è presente in sette comuni a nord di Asti. Ha una storia antica e ricca di fascino: a cominciare dall’etimologia del suo nome, che deriverebbe dalla comunità di San Rocco, dalla resistenza all’infezione rincet o dalla coltivazione nelle roche, le zone arroccate del Monferrato. La doc è del 1987 ed una pattuglia agguerrita di produttori lo sta portando oggi in giro per il mondo. Il racconto di Montalbera è un omaggio a chi molti anni fa ha creduto nelle potenzialità di questa varietà.

Fra le storie che meritano di essere raccontate nel nord-est del vino, uno spazio di riguardo va allo Schioppettino: vitigno a bacca rossa, fra i più storici in Friuli. I primi cenni  risalgono al 1200 d.c. e ha trovato la sua migliore ubicazione nel comune di Prepotto ed in particolare in località Albana, al confine con la Slovenia.

Il nome deriva da una ricostruzione onomatopeica derivante dallo scrocchiare dell’acino in bocca. Nel 2002 è stata fondata un’Associazione di produttori che perseguono l’obbiettivo di valorizzare il vitigno schioppettino identificandolo con la denominazione Schioppettino di Prepotto.

Nella Romagna del vino non si parla solo il “linguaggio” del sangiovese, ma alcuni produttori hanno riportato alla luce due interessanti varietà che saranno presentate a Torino: l’Uva longanesi ed il Centesimino. Il vitigno “Uva Longanesi” prende il nome dalla Famiglia Longanesi che ha scoperto questa varietà in un roccolo di caccia di proprietà dell’omonima azienda. Il Centesimino (detto anche Savignôn Rosso) è un’uva versatile con note aromatiche,

può essere considerato il sostituto rosso dell’Albana: la forma passita rappresenta il massimo della sua espressione.

Guardando a Sud viaggeremo idealmente verso la Puglia per conoscere 2 varietà a bacca rossa riscoperte a fianco dei più diffusi autoctoni della zona (primitivo e negroamaro).

Parliamo dell’Ottavianello e del Sussumaniello, scoperti nell'ambito del progetto "Accademia dei Racemi" cominciato nel 1998 in Puglia, col quale si sono individuati tutta una serie di antichi vitigni autoctoni da recuperare. L’Ottavianello è un vitigno giunto relativamente di recente in Puglia (primi novecento). E' geneticamente identico al Cinsault, varietà coltivata nel Languedoc e nella Cotes du Rhone. Più antico invece il Sussumaniello, varietà in passato coltivata sotto altri nomi in gran parte della Puglia, le ultime tracce sono state rinvenute solo nel brindisino. Quasi sicuramente ha origine greco/romana.

stampa.eventi@gowinet.it

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