IL MONDO IN PRESENZA DI COSE
A CURA DI ALBERTO ZANCHETTA
FRANCESCO BOCCHINI | JUAN CARLOS CECI | MARCO DI GIOVANNI | ANDREA FACCO
NERO | LUCA PIOVACCARI | ANDREA SCOPETTA | GIOVANNI TERMINI
INAUGURAZIONE SABATO 9 OTTOBRE H19
e a seguire performance musicale del quartetto This Harmony
l’esposizione continuerà fino al 31 ottobre 2010, dal martedì alla domenica, ore 15.00 – 02.00
Una cosa detta con altre parole, o in altre lingue, rimane sempre la stessa? Oppure cambia a seconda della cultura e della società che la nomina e la giudica? Ma soprattutto, cos’è questa “cosa”?
Edgar Allan Poe definiva la Cosa come l’incarnazione del terrore. Lo scrittore cercava di spiegarci che l’apparizione di questa Cosa sarebbe stata (sia per i lettori che per i protagonisti delle sue storie) una liberazione. Sennonché la Cosa si lascia sempre desiderare, prolunga la sua attesa e alla fine non si rivela quasi mai. Se potessimo toccare il fondo del terrore – o se preferiamo dire del “perturbante”, terminologia che ben si attaglia alle arti visive degli ultimi secoli – sicuramente la nostra ansia svanirebbe.
La cosa intesa nella sua piena materialità lenisce quindi la paura, ma non per questo riesce a rassicurarci completamente. Pensiamo alle arti visive, le quali rendono concrete le “cose” dispensandole dall’obbligo di appartenere veramente al mondo fenomenico. Di fronte a certe opere, lo sguardo estraniato ed esterrefatto dello spettatore, e talvolta la sua incapacità di relazionarsi con esse, è un evidente segnale di pervertimento. Vale a dire: benché il mondo sia il contenitore, non vale qui il processo metonimico, il contenuto non è cioè la sua diretta espressione. Ne è semmai un’alterazione, un’altercazione, un’interdizione…
L’arte è un mondo a sé, specchio de-formato o ri-formato della realtà. La cosa/oggetto/opera c’è, esiste, ma non deve necessariamente render conto al mondo in cui viviamo, e a cui chiediamo continuamente delle risposte. Nell’arte la Cosa non è mai ciò che crediamo che sia: la Cosa è un’entità proteiforme.
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