
Partendo da una considerazione dettata dall’urgenza di interrogarsi e interrogarci sul significato profondo del concetto di umanità, per riflettere su migrazione e integrazione, su umano e disumano viene lecito porsi domande come quelle che seguono:
“Ma noi, come potremmo noi cantare. Per dire cosa?
Che in fondo siamo brave persone? Che di sicuro non proviamo odio? Che la loro tragedia ci coinvolge, ci sconvolge davvero, solo non sappiamo se siamo autorizzati alla pietà, dove ci porta questa fratellanza forzata, nuova, inquieta…”.
Le vicissitudini quotidiane con le quali ognuno di noi è portato a confrontarsi sin dall’antichità, lo sgomento per gli atti insani commesssi in nome della normalità, la violenza verbale e non che acceca gli animi, quel senso di vuoto e di impotenza che attanaglia i nostri cuori quando vediamo che non tutto è possibile comprendere sono gli argomenti che hanno dato spunto per portare a teatro quanto ognuno di noi va dicendo, sussurrando, urlando, scrivendo ogni giorno.
Lella Costa e Marco Baliani hanno ascoltato, introitato, riflettuto e tradotto in testo teatrale tutto ciò in HUMAN, “odissea ribaltata”.
“Con la nostra ricerca teatrale vorremmo insinuarci in quella soglia in cui l’essere umano perde la sua connotazione universale, utilizzare le forme teatrali per indagare quanto sta accadendo in questi ultimi anni, sotto i nostri occhi, nella nostra Europa, intesa non solo come entità geografica, ma come sistema “occidentale” di valori e di idee: i muri che si alzano, i fondamentalismi che avanzano, gli attentati che sconvolgono le città, i profughi che cercano rifugio.”
Con questo lavoro teatrale vogliono che lo spettatore esca dal teatro più consapevole di quanto gli accade intorno e nello stesso tempo vogliono “spiazzarlo, inquietarlo, turbarlo, assediarlo di domande. E insieme incantarlo e divertirlo, ché è il nostro mestiere.”
E ci riescono egregiamente.
Ci riesce anche Marras con i suoi costumi,ove predomina il rosso, il colore del sangue, e abiti usati, sistemati uno sugli altri per dare il senso della stratificazione degli accadimenti della storia.Lui che viene da una terra, la Sardegna, che ha visto nel tempo le sue genti andare e venire dal “continente” e ben sa cosa si prova in quei viaggi.
Cosi pure Fresu, che dall’analisi di fatti a lui accaduti, ha saputo con la sua musica far vivere lo strazio o il dolore o lo stupore di quanto si andava raccontando
In un’ora e quaranta minuti una serie di quadri induce lo spettatore ad essere attento e a chiedersi cosa viene dopo. Quadri scenici che partono dalla storia di Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte del fiume Ellesponto costretti a vedersi di nascosto e solo quando il mare lo permette; alla carretta con i migranti che nel mar di Sicilia sono in balia delle onde che li travolgono, li annegano, li sprofondano negli abissi sotto gli occhi di chi impotente vorrebbe salvarli tutti o deve tapparsi le orecchie per non sentire le loro voci; ad Ettore che porta sulle sue spalle Anchise e per mano il figlioletto che fuggono da Troia per approdare in luoghi lontani dalla terra natia; a Giuseppe e Maria costretti a fuggire per sottrarsi alla persecuzione:cosi come, oggi come ieri, coloro che per lavoro, ricerca di cibo, per guerre sono costretti a migrare verso l’incognito.
Lella Costa, Marco Baliani e quattro giovani attori (David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis e Luigi Pusceddu) con la loro interpretazione, “senza rinunciare all’ironia, perché solo il teatro sa toccare nodi conflittuali terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, l’irriducibilità della poesia.”, fanno si che lo spettatore esca, sì consapevole,ma anche divertito, come avviene nei due quadri della casalinga veneta, che pur essendo figlia di una regione che ha avuto più di una generazione di migranti, fa delle riflessioni sul fenomeno attuale così come fan moltissimi, indipententemente dalla loro estrazione sociale. Una casalinga magistralmente interpretata da Lella Costa.
Lo spettacolo è in scena sino al 14 ottobre al Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi, Milano
La redazione