Sandy Skoglund a Ca’ di Fra’

INAUGURAZIONE GIOVEDI’, 19 Maggio 2011

 

Ore 18.00 – 21.00

Termine mostra Sabato, 25 giugno 2011

Orari galleria:  LUN – VEN 10-13 / 15-19

Nel mese di Giugno. Sabato solo per appuntamento

 

 

 

Sandy Skoglund (1946) ricrea la realtà del nostro vissuto partendo  da cio’ che è  il  collettivo percepito.

Lei non si definisce  surreale nelle sue operazioni di sintesi e rielaborazione del reale poiché le ritiene una lettura oggettiva e lucida della vita americana e, forse, non solo americana aggiungiamo noi. Una quotidianità   sempre più  distante  dalla Natura e, quindi, da se stessa. L’ obiettivo  dell’ artista è quello di riavvicinare l’uomo alla sua naturalità e, cosi’ facendo, ritrovarsi.

Il suo essere artista emerge attraverso il concettuale (anni ’70 New York). Sono gli anni nei quali indaga il tema della ripetitività dell’arte come prodotto. Sul finire degli anni ’70 decide di usare la fotografia come strumento di documentazione  del suo lavoro ancora intimamente concettuale. Nascono i Tableau Photography, una caratteristica intrinseca al suo lavoro futuro.

Skoglund ricerca un linguaggio universale, che possa superare  le barriere culturali, linguistiche ed anche  cultuali.

Un linguaggio fatto d’ immagini e di concetti assoluti,  che sono in grado di parlare allo spettatore al di la’ delle sue sovrastrutture  intellettuali.

Assolutamente universale: il cibo.

Cultura popolare ed illustrazione commerciale si mescolano e danno altro da loro: nascono gli still life sul cibo (Peas on a plate, 1978). Il loro colore è artificiale, la freschezza un miraggio, il gusto irrimediabilmente perduto.  La nostra società cosi’ piena di possibilità e tecnologia, si ritrova a dover riscoprire necessariamente la Natura e la semplicità per poter sperare nella sua stessa sopravvivenza. Quasi una paradossale ironia.

La personale proposta da Ca’ di Fra’  concentra l’ attenzione sul   lavoro di Sandy Skoglund prodotto tra  fine anni ’70 e fine ’90.

Opere come “Atomic Love” (1992), sembrano incombere su di noi come premonizioni.

                                                                      Manuela Composti