“Scavi” al CENTRO CULTURALE FRANCESE di MILANO

Il Centre culturel français de Milan

 

presenta

 

nell’ambito del nuovo progetto d’arte contemporanea

Una certa idea della Francia

 

Scavi

Hubert Duprat, Toni Grand, Ariane Michel,

Gyan Panchal, Evariste Richer

 

a cura di Simone Menegoi

 

inaugurazione: giovedì 16 settembre 2010 ore 18.30

17 settembre – 12 novembre 2010

 

Galleria del Centre culturel français de Milan

Palazzo delle Stelline

Corso Magenta 63, Milano

 

 

Giovedì 16 settembre presso il Centre Culturel Francais di Milano inaugura la mostra collettiva dal titolo Scavi, a cura di Simone Menegoi, che raccoglie circa una quindicina di opere fra sculture, installazioni e video di cinque artisti francesi: Hubert Duprat (1957), Toni Grand (1935-2005), Ariane Michel (1973), Gyan Panchal (1973), Evariste Richer (1969).

L’esposizione costituisce il terzo appuntamento del progetto espositivo Una certa idea della Francia, ideato e promosso dal direttore del Centre Olivier Descotes, che nell’arco di due anni coinvolge artisti francesi e curatori italiani.

 

Iniziato lo scorso gennaio con la mostra di Raphaël Zarka, curata da Marcello Smarrelli, il ciclo è proseguito a maggio con la personale di Guillaume Leblon, curata da Alessandro Rabottini.

La scelta del titolo nasce dal desiderio di sottolineare lo sguardo dei curatori italiani sul panorama delle ultime due generazioni di artisti francesi, un modo per ribadire l’esistenza di un dialogo ininterrotto tra i due Paesi. La scelta dei curatori, invece, è operata dal direttore e si basa sulla loro attività nella promozione dell'arte emergente internazionale.

 

A prima vista, le opere dei cinque artisti invitati da Menegoi potrebbero sembrare una piccola collezione di reperti paleontologici, di manufatti preistorici, di curiosità naturali: fossili, grandi selci scolpite a forma di teste di animali, vetrine con minerali e frammenti di mosaico. In realtà, si tratta di reperti fittizi o spuri, che denunciano subito la loro natura. Le grandi selci, ad esempio (Hubert Duprat, Les Bêtes, 1992-99), sono creazioni strettamente contemporanee, anche se per realizzarle sono state effettivamente utilizzate tecniche che risalgono al Paleolitico. Viene evocata l’idea di una archeologia di finzione, che fa rivivere tecniche arcaiche (Duprat, Toni Grand), trasforma le tracce del presente nelle testimonianze di una civiltà scomparsa (Gyan Panchal), innesca deliberati anacronismi (Evariste Richer). Il video che chiude l’esposizione (Ariane Michel, La cave, 2009) rovescia la prospettiva, accrescendo l’ambiguità dell’insieme: ciò che sembra a prima vista un’affascinante messa in scena è invece una situazione reale. Il luogo che vediamo emergere poco a poco dall’oscurità è l’insolito laboratorio di un paleontologo: una grotta in Siberia dove l’uomo esamina e conserva reperti preistorici. Fra questi, la carcassa di un mammut ritrovato sepolto fra i ghiacci, di cui l’uomo sta scongelando pazientemente, con un semplice asciugacapelli, una ciocca di peli.

Una nozione che accomuna le opere è quella della materia come deposito di memoria culturale. Nel corso della storia umana, i materiali si sono caricati di una quantità enorme di informazioni: associazioni mitologiche, competenze tecniche, conoscenze scientifiche. L’insieme di queste informazioni forma un sedimento invisibile che può essere “scolpito” a livello concettuale, così come si scolpisce fisicamente il legno o la pietra. È in questa materia impalpabile, nella stratificazione che la storia dell’uomo ha depositato sulla materia e sui gesti, che “scavano” gli artisti presenti in mostra. Un tema collegato a questo è l’idea di utensile come creazione umana essenziale. Il piccolo asciugacapelli impugnato da un paleontologo nel video di Ariane Michel sembra incongruo rispetto alla mole del mammut. Eppure, come le lance rudimentali degli uomini del Paleolitico bastavano loro per abbattere il gigantesco animale, così l’aria calda  dell’asciugacapelli basta a scongelarne un campione e a renderlo disponibile per le analisi. Fragili e temibili, la lancia e l’asciugacapelli possono benissimo assurgere a simbolo del dominio dell’uomo sull’ambiente. 

 

Infine, Scavi mette in scena un dialogo fra generazioni. A tre artisti nati intorno al 1970 (Ariane Michel, Gyan Panchal, Evariste Richer) vengono affiancati due maestri: Hubert Duprat, artista appartato e affascinante, e Toni Grand, straordinario scultore legato al gruppo Supports/Surfaces, la cui opera è scarsamente conosciuta al di fuori del suo Paese. L’accostamento si giustifica grazie ad alcune affinità fra gli artisti a livello di intuizioni, di tematiche, di tecniche; lo scopo di metterli a confronto è quello di superare la visuale ristretta della tipica mostra di giovani artisti, cercando di evidenziare parentele e legami che superano le differenze generazionali.

La scelta di esporre le opere di Toni Grand, in particolare, risponde alla predilezione del curatore per figure del passato recente marginali e inclassificabili, il cui talento, per le ragioni più diverse, non è stato ancora pienamente riconosciuto.

 

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Kaleidoscope, con un testo del curatore e apparati fotografici a colori. Al termine dell’intero ciclo espositivo sarà pubblicato un catalogo generale con un video di Anton Giulio Onofri.

 

 

Coordinate

Titolo progetto: Una certa idea della Francia

3a mostra: Scavi

Artisti: Hubert Duprat, Toni Grand, Ariane Michel, Gyan Panchal, Evariste Richer

A cura di: Simone Menegoi

Periodo: 17 settembre – 12 novembre 2010

Inaugurazione: 16 settembre 2010 ore 18.30

Presso: Galleria del Centre culturel français de Milan, Corso Magenta 63, Milano

Ingresso: libero

Orari: da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 19.00 (lun./ab./dom. chiuso)

Info: tel. 02 4859191; Marie Galey comunicazione@culturemilan.it; www.culturemilan.com

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