PAUL KLEE. ALLE ORIGINI DELL’ARTE AL MUDEC

das Auge

Il MUDEC racconta il fascino di Klee per l’arte “primitiva” nella mostra
PAUL KLEE. ALLE ORIGINI DELL’ARTE
MUDEC – Museo delle Culture di Milano
Sino al 3 marzo 2019
La mostra Paul Klee. Alle origini dell’arte, ospitata al MUDEC di Milano , a
cura di Michele Dantini e Raffaella Resch, presenta un’ampia selezione di opere di Klee sul
tema del “primitivismo”, con un’originale revisione di questo argomento che in Klee include sia
epoche preclassiche dell’arte occidentale (come l’Egitto faraonico), sia epoche sino ad allora
considerate “barbariche” o di decadenza, come l’arte tardo-antica, quella paleocristiana e copta,
l’Alto Medioevo; sia infine l’arte africana, oceanica e amerindiana.

Hoher Waechter

La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gru
Klee è un grande conoscitore della storia dell’arte occidentale in tutta la sua ampiezza e
varietà. Pressoché in ogni momento della sua attività istituisce rapporti nuovi e inattesi con
questa o quella componente della tradizione e si nutre di memorie figurative, in modo non
nostalgico. Per necessità insieme storica e di temperamento, l’omaggio si intreccia in lui
intimamente alla parodia.
Il nascente interesse delle avanguardie per l’arte extraeuropea viene a costituire uno dei
repertori di Klee, che nel suo modo personale e distaccato corrisponde con l’universo
fantastico, antropologico e stilistico di queste arti, studiandone le forme, le tecniche e
soprattutto il principio ispiratore.
Pari all’interesse per la caricatura, che evolve in lui rapidamente in direzioni diverse e più
complesse della semplice vignetta da foglio di giornale, è l’interesse per il rinnovamento
dell’arte sacra, sviluppatosi in particolare a partire dagli anni in cui Klee collabora alle
iniziative del Blaue Reiter con Kandinskij e soprattutto con Franz Marc. Klee è convinto che alle
origini dell’arte ci sia una religione, un “popolo” o una comunità storica e linguistica provvista
di simboli comuni e riti condivisi. Ed è convinto che occorra oltrepassare le iconografie
tradizionali.

Italy, Lombardy, Milan, Museo del Novecento. Whole artwork view. Abstract view of the park of Schwabing, the arts district in Monaco.

A partire dal 1912-1913 Klee dissemina le proprie immagini di ideogrammi, rune
o elementi “alfabetici” di invenzione. Si sforza di rinviare l’osservatore al processo che sta
dietro l’immagine; di sollecitare in lui domande attorno al senso di ciò che vede; di indurlo a
leggere e decifrare con attenzione. Guarda all’arte bizantina, all’arte celtica, ovviamente
all’illustrazione primo-rinascimentale tedesca per trovare precedenti di un’arte (per lo più
sacra) intimamente congiunta alla parola e alla “rivelazione”. In seguito, negli anni Venti e
Trenta, il suo interesse per l’epigrafia si nutre di riferimenti agli antichi alfabeti cuneiformi
medio-orientali e alla geroglifica egizia.
È durante gli ultimi anni della Grande Guerra che Klee vive una sorta di “conversione”, che lo
porta a privilegiare temi “cosmici” e a distaccarsi dalle attitudini parodistiche mostrate in
precedenza. Klee, in questa fase, immagina di abitare presso “il cuore della Creazione”, vicino
alla mente di Dio, e l’arte diventa archetipo, formula di tutte le cose esistenti. I suoi modelli,
validi ancora negli anni Venti e Trenta, sono l’illustrazione tedesca tardo-medievale, le
miniature celtiche o mozarabiche o l’arte del tempo della «migrazione dei popoli».
Il quadro (o ancor più il disegno) si trasforma in una sorta di pagina di diario “metafisica”:
l’opera non si osserva più o meno fuggevolmente, ma “si legge” a vari livelli, come una sorta
di partitura musicale. L’artista concepisce l’arte in modo nuovo, “mistico” appunto, in un
rapporto indissolubile tra pittura e musica, immagini e parole.
Le sezioni in cui è suddivisa la mostra racconteranno questo processo di formazione
artistica. Dalla caricatura al periodo in cui Klee si definisce anche “illustratore cosmico”; a un
primitivismo di tipo “epigrafico”, la cui sezione di riferimento non a caso verrà intitolata
“alfabeti e geroglifiche d’invenzione”. Una sezione è  costruita intorno al tema dell’arte
extraeuropea e dell’arte dell’infanzia: le origini primordiali dell’arte, infatti – coerentemente
con il suo tempo- per Klee sono da ricercarsi in questi ambiti dove egli indica che sia possibile
operare una vera “riforma”. Una originale re-invenzione del teatrino di marionette che Klee
aveva costruito per il figlio Felix, è posta insieme a una selezione delle opere etnografiche
del MUDEC.
Infine, la sezione dedicata a “policromie e astrazione” designa un diverso insieme di opere,
caratterizzate, oltreché dal rigoroso disegno geometrico per lo più associato a motivi
architettonici, dalla trasparenza di differenti velature di colore.
Klee viene quindi presentato sia attraverso le sue opere astratte e policrome, conosciute e
amate dal grande pubblico, sia attraverso i suoi meno noti lavori caricaturali; al tempo stesso,
puntuali ricerche sulle fonti, sui repertori iconografici e formali e sui documenti testuali
danno conto della complessità del sostrato culturale dell’artista, della vastità della sua
produzione e dell’ampiezza delle tecniche da lui utilizzate.
LE SEZIONI
INTRODUZIONE
Acclamato come “liberatore” dai surrealisti a Parigi, professore osannato dagli studenti del
Bauhaus, ispiratore di generazioni di artisti, eppure refrattario a ogni esercizio di scuola e
riluttante a ridursi a un unico stile: Klee dedica la propria attività alla ricerca dell’«origine»
dell’arte. Insegue forse più di ogni altro artista del ’900 la collaborazione tra rigore e fantasia,
teoria e capriccio fantastico.
L’«origine» dell’arte non si colloca, per Klee, agli inizi della storia dell’arte occidentale né
coincide con l’arte delle caverne. Originaria è piuttosto un’esperienza che permetta all’artista
di distanziarsi dal quotidiano e di considerare le vicende umane da grande distanza, come
attraverso un telescopio. Questa esperienza non è necessariamente gioiosa, può anzi
avvicinarsi al “terrore”.
Nella sua attività Klee alterna tecniche e stili tratte dai più diversi repertori artistici, senza però
cadere mai nel revival o nell’eclettismo. Privilegia l’arte preclassica, l’arte dell’Alto Medioevo e
del primo Rinascimento, soprattutto tedesco. Talvolta guarda anche all’arte extraoccidentale,
giocando da par suo, con ironia carica di scetticismo, la carta “primitivista”.
La selezione di un centinaio di opere di Klee, accompagnata da preziosi manufatti etnografici
del Mudec e da testi storici, focalizza alcuni spunti illuminanti di questa ricerca dell’originario,
del primitivo, in una sequenza strutturata per temi. Si parte con le taglienti caricature del ciclo
Inventionen e si conclude con una delle sue ultime pitture, un capolavoro – testamento. Il
percorso è costellato da vere e proprie rivelazioni per il pubblico, prestiti importantissimi che
per la loro fragilità si possono ammirare raramente. Il senso di ogni opera è racchiuso nella
titolazione che ne è la chiosa finale; il titolo, infatti, dischiude un universo ambiguo e
immaginario, sempre venato di ironia. Il nostro racconto farà appello alle parole e allo sguardo
di Klee, invitando il visitatore a osservare i mondi insospettati che l’artista ha svelato ai nostri
occhi.
Caricature
Nelle Invenzioni in apertura della mostra entra in scena la verve satirico-grottesca dell’artista,
destinata a non abbandonarlo mai. È qui raggruppata, con le incisioni giovanili, una nutrita serie
di opere tratte dall’intero percorso di Klee: “maschere” e caricature post-impressioniste, scene
di teatro “buffo” del periodo del Bauhaus, animali d’invenzione, demoni tardi. Le opere
“satiriche” di Klee rivelano la perseveranza dell’artista nel postillare e commentare l’attualità
artistica, sociale o politica senza mai scendere sul piano della cronaca né rendersi disponibile a
un esercizio di militanza. Al tempo stesso ci permettono di comprendere come la caricatura sia
il genere figurativo forse più congeniale a Klee: è nella caricatura, infatti, che il giovane artista
trova immediatamente autorizzate quelle deformazioni oscene o grottesche di cui si serve per
dare vita a un repertorio di forme e figure fantastiche.
Formatosi a Monaco attorno alla fine del XIX secolo, Klee è un appassionato lettore di riviste
satiriche tedesche, come “Jugend” o “Simplicissimus”, da cui trae sia l’orientamento al pastiche
sia il gusto del chimerico e del fantastico.
In Klee c’è un rapporto di singolare vicinanza tra caricatura e antichità: egli “scopre” l’antico
attraverso la caricatura. Lo soccorrono sia determinate letture – tra tutte, la brillante Histoire
de la caricature antique di Champfleury (1867) – sia la sua particolare abilità nell’appropriarsi
di tecniche e stili desueti, senza peraltro mai cadere nell’ovvietà.
Illustratore cosmico
La fama di Klee nel periodo espressionista è legata alla sua capacità di trascendere l’attualità
immediata e di preferire a un pathos eccessivo immagini in apparenza distaccate, simili a pietre
preziose e cristalli, pervase da una singolare pensosità o quiete. Lo si chiamava, al tempo,
“illustratore cosmico”: ponendo così l’accento sul tratto candido e insieme sapienziale di
disegni e acquerelli che sembrano voler spiegare le “leggi” del divenire universale da punti di
vista non semplicemente umani. A Monaco sono detti “cosmici” filosofi, poeti e letterati, come
Karl Wolfskehl (in stretto contatto con Klee) e Ludwig Klages, impegnati a proporre una
rigenerazione di tipo iniziatico dell’arte e della letteratura più antiche.
È nella seconda metà della guerra che Klee conosce una sorta di “conversione”, quando, in
seguito anche alla morte di Franz Marc, abbandona almeno in parte la propria attività di
disegnatore satirico per proporsi nei panni dell’eremita, dell’artista “mistico” e del veggente. In
ciò, si appoggia a repertori arcani o desueti, tratti dalla storia della miniatura, dall’arte bizantina
o addirittura dall’arte del periodo detto delle “migrazioni dei popoli”. Si tratta per di più di
immagini (pagine di evangeliario, codici miniati, rilegature o altro) che, come gli insegnano
storici e archeologi contemporanei, prefigurano, nei loro “deliri calligrafici” e nella “sublime
isteria”, quel misticismo che gli artisti del “Cavaliere azzurro” si propongono di ridestare
volgendo le spalle all’arte di tradizione classico-rinascimentale. Trova origine qui, nella scelta
“cosmica” di Klee, la fedeltà dell’artista ai formati piccoli e piccolissimi.
Alfabeti e geroglifiche d’invenzione
Un’intensa produzione di simboli e alfabeti è rintracciabile in tutta l’opera di Klee. Il suo sarà
un esercizio costante e divertito, intriso di conoscenze colte degli alfabeti antichi come il
cuneiforme, il geroglifico o il demotico egizio, le rune celtiche, la calligrafia islamica e ogni sorta
di sistema linguistico, anche d’invenzione.
Klee si dedica in vario modo ai segni. Anzitutto alla forma stessa di ciascuna lettera, che è
tracciata, in quanto tale, in modo certamente arbitrario, ma che pure è rigorosa all’interno di
un alfabeto quale sistema compiuto di rappresentazione. Oppure osserva l’aspetto che i simboli
possono assumere in quanto ideogrammi, raffigurazioni di un’immagine spesso suggerita
allusivamente: e allora ritroviamo pseudo-grafemi, unità grafiche minime, che si trasformano
in figure: umane, animali o vegetali. Altrove guarda ai segni nel loro insieme in quanto assetto
simbolico per descrivere un mondo potenziale, e in questi casi gli elementi grafici non
sembrano in nulla lettere di un alfabeto, bensì immagini cifrate dal cui insieme desumiamo
stanze, ambienti, situazioni. Infine Klee sembra declinare i segni come vero e proprio lettering,
soluzioni grafiche adottate all’interno di opere principalmente figurative.
Klee è anche un appassionato di liste, numerazioni e ordinamenti tassonomici, come si può
vedere dalla struttura che ha dato ai suoi Diari e dalla catalogazione delle sue opere. Siamo
tentati di credere che a volte volesse confondere le idee o divertirsi: quando il gallerista Hans
Goltz gli obietta che la sua numerazione è un problema dal momento che non si può attribuire
un valore alto alle opere, sapendo che quell’anno ne ha prodotte un gran numero, egli serafico
risponde: “Semplice, aggiungerò lettere, così nessuno se ne accorge”.
Il museo etnografico e la stanza dei bambini
Due filoni di ricerca percorrevano l’Europa agli inizi del Novecento, influenzando l’operare
degli artisti delle avanguardie: l’etnografia e l’arte dei bambini. Klee guarda ai mondi
extraeuropei e alla produzione infantile come a due differenti territori inesplorati della
figurazione, come a nuove fonti da cui attingere non solo soluzioni formali, ma anche un
approccio al reale divergente da quello che permea l’immaginario europeo.
Gli oggetti del Mudec sono stati selezionati cercando incroci e corrispondenze con le collezioni
europee allora note a Klee. La maschera del Gabon è comparabile a quella esposta nel 1906 al
Museo Etnografico di Berna e pubblicata nel 1912 sull’Almanacco del “Blaue Reiter”. Caso
speciale è quello dei tessili: i frammenti esposti fanno parte di una grande tunica della cultura
Huari e furono venduti a diversi musei nel mondo, tra cui il Castello Sforzesco che li acquisì nel
1934 per le sue raccolte extraeuropee.
L’impiego di tecniche particolari e di materiali organici, il ruolo della maschera come evocatrice
di pulsioni interiori e, soprattutto, la concezione della realtà come qualcosa che non va
meramente imitato dall’arte, ma è dotato di una vita propria, sono alcuni degli aspetti messi in
relazione con Klee dalla critica fin dai suoi esordi artistici.
Il teatro delle marionette di Paul Klee nasce per esaudire una richiesta del figlio Felix. Tra il
1916 e il 1925, Paul realizza una cinquantina di pupazzi, di cui gran parte perduti. Il boccascena
è ricavato da vecchie cornici, mentre per i personaggi Klee utilizza i materiali più vari che trova
nel suo studio o in casa. Ossa di bue, prese elettriche, un pennello da barba, un guscio di noce
compongono fantasiosamente i burattini, in un giocoso assemblaggio. Il repertorio è quello
popolare tradizionale del teatro delle marionette nord-europeo, oppure nasce dall’inventiva di
Klee, che ama raffigurare amici e colleghi, oppure dalla sua satira del tempo presente.
Policromie e astrazione
Se per “astrazione” si intende il rifiuto della “figura” e del racconto e l’adozione di schemi
geometrici, come spesso si pensa anche per Klee, in realtà così non è. Agli occhi di Klee,
“astrarre” è in primo luogo un comportamento: equivale a trascendere, distaccarsi,
oltrepassare. Gli acquerelli e i disegni “astratti” di Klee presuppongono, in un primo momento,
un’inquietudine di tipo critico-culturale e religioso che possiamo ben chiamare “metafisica”. In
un secondo momento, nel periodo dell’insegnamento al Bauhaus, prevalgono invece interessi
di tipo formale, che si prestano meglio a istanze didattiche: per l’immagine priva di gravità, per
esempio, o per la riduzione del mondo fenomenico a modelli di tipo geometrico.
L’origine delle “policromie” di Klee è da cercare nella tradizione post-impressionista tedesca e
svizzero-tedesca, in particolare nelle variazioni sul tema della flora alpina: le vedute di prati e
alpeggi primaverili disseminati di fiori, tipiche di Giovanni Segantini, Ferdinand Hodler o
Augusto Giacometti, si riflettono senz’altro nelle “scacchiere” di colori che Klee dipinge nel
terzo decennio del Novecento: qui l’artista sembra applicare qui il principio, enunciato nei suoi
Diari, dell’“astrazione con memorie” naturalistiche. In seguito, il termine “policromia” prende a
designare un diverso insieme di opere, eseguite ad acquerello e caratterizzate dal rigoroso
disegno geometrico, per lo più associato a motivi architettonici, e dalla trasparenza di differenti
velature di colore. Gli edifici sono così raffigurati in ornati celesti, quasi elementi di uno zodiaco
o di una costellazione inventata dall’artista.
LE VIDEOINSTALLAZIONI IN MOSTRA
La mostra propone anche degli strumenti di interazione e di immersione all’interno delle sale, per
consentire al visitatore un coinvolgimento quanto più possibile “completo” nel mondo dell’artista.
Con gli occhi di Paul Klee.
“Con gli occhi di Paul Klee” è il titolo delle videoinstallazioni, curate da Storyville, che si susseguono
lungo il percorso. Un’evocazione garbata e sempre documentata di immagini e filmati storici che
intendono fornire piccoli squarci su quello che poteva essere il sostrato immaginativo dell’artista, ciò
che aveva visto o i luoghi dov’era stato. Il racconto è una sorta di cinepresa interiore che scandaglia una
presunta ma estremamente veridica memoria visiva dell’artista. Si è voluto deliberatamente
accantonare il taglio didascalico, per restituire all’osservatore un’esperienza che rimanesse più fresca
possibile, liberamente interpretabile. Collocati nelle prime tre sale della mostra (dedicate ai temi della
“Caricatura”, dell’“Illustratore cosmico” e degli “Alfabeti e geroglifiche d’invenzione”), i filmati sono stati
realizzati attingendo ad archivi di fototeche e cineteche che hanno messo a disposizione della mostra
documenti molto rari e altrimenti non fruibili dal grande pubblico, sottolineando come il profondo
lavoro di ricerca che caratterizza questa esposizione non si sia fermato alla scelta ragionata delle opere,
ma sia una costante e una caratteristica di tutti gli aspetti della mostra.
La lanterna magica di Klee
In tutto simile a un moderno proiettore, la lanterna magica era uno strumento che permetteva di
ottenere le fatate illusioni del precinema. Rifacendosi a questo precursore della cinepresa, il dispositivo
interattivo che sarà a disposizione del visitatore in mostra – ideato dagli artisti visivi di camerAnebbia –
azionerà le marionette del teatro dei burattini di Klee, in contesti dove le prime tecniche del cinema di
animazione tedesco, fatto di figure ritagliate e retroilluminate, sembrano ibridarsi con le ricerche di Klee
e con quelle dell’avanguardia del Bauhaus. Uno strumento interattivo che accende la fantasia del
visitatore e lo aiuta a calarsi perfettamente nell’atmosfera di gioco che probabilmente il figlio di Klee
potè vivere grazie all’invenzione del teatro delle marionette appositamente costruito dal padre.

INFO UTILI:
SEDE ESPOSITIVA e DATE MUDEC – Museo delle Culture di Milano (Via Tortona, 56)
Dal 31 ottobre – 3 marzo 2019.
ORARI Lun 14.30 ‐19.30 | Mar, Mer, Ven, Dom 09.30 ‐ 19.30 | Gio, Sab 9.30‐22.30
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
BIGLIETTI Intero € 14,00 | Ridotto € 12,00
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI www.ticket24ore.it | Tel. +39 0254917