La Triennale di Milano LA TERRA INQUIETA Promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano

La Triennale di Milano e Fondazione Nicola Trussardi
presentano
LA TERRA INQUIETA
Una mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni
Promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano
Direzione Artistica Settore Arti Visive Triennale Edoardo Bonaspetti
La Triennale di Milano
28 aprile – 20 agosto 2017 | opening 27 aprile 2017
La Triennale di Milano e Fondazione Nicola Trussardi presentano La
Terra Inquieta, una mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Nicola
Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale
diretto da Edoardo Bonaspetti.
La mostra, che aprirà al pubblico dal 28 aprile al 20 agosto 2017, è il frutto della collaborazione tra
due istituzioni che da sempre mettono al centro della loro missione il presente in tutte le sue
accezioni, prestando attenzione ai linguaggi più sperimentali e innovativi dell’arte e della cultura
contemporanea e con la capacità di dare voce a fenomeni portatori di cambiamenti profondi.
La Terra Inquieta – che prende a prestito il titolo da una raccolta di poesie dello scrittore caraibico
Édouard Glissant, da sempre affascinato dal problema della coesistenza tra culture diverse – è dunque
la condivisione di un progetto, urgente e doveroso, che ha l’ambizione di raccontare il presente come
un territorio instabile e in fibrillazione: una polifonia di narrazioni e tensioni. Attraverso le opere di più
di sessantacinque artiste e artisti provenienti da vari paesi del mondo – tra cui Albania, Algeria,
Bangladesh, Egitto, Ghana, Iraq, Libano, Marocco, Siria e Turchia – e con un allestimento che si
estenderà all’interno della galleria al piano terra della Triennale per proseguire al piano
superiore, La Terra Inquieta parla delle trasformazioni epocali che stanno segnando lo scenario
globale e la storia contemporanea, in particolare affrontando il problema della migrazione e la crisi dei
rifugiati.
“La Terra Inquieta consegna all’arte la responsabilità di raccontare i cambiamenti, i conflitti le tensioni
che hanno origine da guerre, esodi e catastrofi naturali – sottolinea Clarice Pecori Giraldi,
Vicepresidente della Triennale di Milano – La Triennale, come istituzione culturale vigile alle
variazioni sociali, sente l’obbligo di fare la sua parte in questo racconto, e riflettere su queste moltitudini
senza nome che ogni giorno portano avanti la loro ricerca di una vita dignitosa. La mostra, che si
inserisce nel programma del Settore Arti visive della Triennale di Milano sotto la direzione artistica di
Edoardo Bonaspetti, attraverso opere di oltre sessanta artisti provenienti da vari paesi del mondo ci
costringe a fare i conti anche con il nostro mondo ormai invecchiato, e a ricordare che non tanto tempo
fa eravamo noi ad attraversare mari per trovare una nuova vita, una migliore opportunità.”
“Le migrazioni che stanno interessando ogni angolo del pianeta rappresentano un nodo imprescindibile
del nostro presente – ribadisce Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi –
uno dei temi cardine attorno al quale la società globale è chiamata a ridefinirsi. Da qui la necessità di
organizzare una mostra come La Terra Inquieta, che offre uno sguardo su questa tematica filtrato
attraverso il racconto degli artisti. La riflessione che ne è nata ci ha condotti all’immersione in
un’esperienza universale, capace di avvicinare uomini e donne lontani per età, religione, cultura e
provenienza, ma sempre più destinati a convivere e a condividere valori, vicende e biografie. L’obiettivo
di questa mostra, è quello di restituire al pubblico almeno una parte di queste esperienze, perché
possano trasformarsi in conoscenza, fornendo risorse e strumenti utili alla ricerca di un equilibrio
armonico tra gli esseri umani. L’identità fluida e in continua evoluzione della Fondazione Trussardi ci ha
dunque portato ad affrontare in modo nuovo lo stesso tipo di sfida da cui siamo partiti all’inizio della
nostra avventura quasi quindici anni fa: raccontare il mondo che ci circonda creando un terreno di
riflessione comune, una piattaforma aperta al contributo di ciascun individuo per immaginare un nuovo
modello di società.”
Attraverso installazioni, video, immagini di reportage, materiali storici e oggetti di cultura materiale, La
Terra Inquieta esplora geografie reali e immaginarie, ricostruendo l’odissea dei migranti e le storie
individuali e collettive dei viaggi disperati dei nuovi dannati della Terra. Il percorso si snoderà attraverso
una serie di nuclei geografici e tematici – il conflitto in Siria, lo stato di emergenza di Lampedusa, la vita
nei campi profughi, la figura del nomade e dell’apolide – a cui si intersecheranno opere di forte impatto:
vere e proprie metafore visive e monumenti precari eretti a commemorazione di questo nostro breve e
instabile scorcio di secolo.
La Terra Inquieta è un romanzo corale di moltitudini troppo spesso lasciate senza nome. Seguendo le
trasformazioni dell’economia e le relazioni pericolose che si intrecciano tra corpi, merci, capitali e rotte
di scambio e commercio nell’epoca della globalizzazione, la mostra compone un ritratto collettivo
capace di restituire voce e dignità alle moltitudini senza volto della contemporaneità. Al centro
dell’esposizione, ad esempio, è posta l’installazione video The Mapping Journey Project dell’artista
marocchina Bouchra Khalili: con semplicità disarmante, l’installazione raccoglie le storie di migranti
che hanno attraversato interi continenti alla ricerca di un varco nella fortezza Europa. Come nei video di
Khalili, mescolando biografie individuali e collettive, la mostra ripercorre le metamorfosi del paesaggio e
le forze economiche e sociali che trasformano e plasmano un mondo sempre più interconnesso e
globale.
Ponendo l’accento sulla produzione artistica e culturale più che sulla cronaca, La Terra Inquieta si
concentra in particolare sul ruolo dell’artista come testimone di eventi storici e drammatici e sulla
capacità dell’arte di affrontare cambiamenti sociali e politici. Mentre i media e la cronaca ufficiale
raccontano di guerre e rivoluzioni viste a distanza, molti artisti conoscono e descrivono in prima persona
il mondo da cui provengono i migranti e per questo ne parlano con il senso di responsabilità di chi vuole
restituire la complessità di un evento drammatico senza incorrere nelle consuete banalizzazioni e nei
sentimentalismi ai quali siamo abituati dai tradizionali canali di informazione. Il risultato sono opere
d’arte in cui i codici tradizionali del giornalismo e della narrazione documentaria si accompagnano ad
approcci più vicini a quelli della letteratura, dell’autobiografia e della finzione. È precisamente in questo
scontro tra narrazioni discordanti che l’opera di molti artisti cerca di inserire un coefficiente di dubbio e
di critica al linguaggio delle immagini e dei mezzi di comunicazione di massa, rivelando una rinnovata
fiducia nella responsabilità dell’arte di raccontare e trasformare il mondo: non solo immagini di conflitti,
ma anche immagini come terreno di incontro, scontro e scambio di punti di vista.
Nascono così racconti – sospesi tra l’affresco storico e il diario in presa diretta – da cui emerge una
concezione dell’arte come reportage lirico, documentario sentimentale e come testimonianza viva,
urgente e necessaria. Ne sono un esempio opere di artisti come John Akomfrah, Yto Barrada, Isaac
Julien, Yasmine Kabir, Steve McQueen, tra gli altri, capaci di affrontare eventi specifici e di porsi allo
stesso tempo come letture metaforiche di un più vasto momento storico. Nelle loro opere è la nozione
stessa di crisi e di indecisione a essere trasformata in un metodo narrativo e in una funzione analitica
ed estetica.
La Terra Inquieta apre una riflessione sul diritto all’immagine che è un altro dei temi fondamentali
affrontati dai molti artisti contemporanei il cui lavoro si confronta con la rappresentazione delle
migrazioni globali e della crisi dei rifugiati. Alle prese con un regime dell’immagine contraddistinto dalla
voracità dei mezzi di comunicazione, molti artisti contemporanei cercano nuove modalità con cui
rappresentare i migranti senza sottoporli alla spettacolarizzazione tipica del giornalismo più
sensazionalistico. Lo sguardo obliquo delle fotografie di Yto Barrada, le elisioni di volti e dettagli nei
video di Mounira Al Solh o le trasformazioni grottesche nei disegni e nelle animazioni di Rokni
Haerizadeh, sono solo alcuni degli esempi più lampanti – insieme al rifugiato ritratto da Phil Collins –
con cui questi artisti della crisi globale rifiutano di soccombere all’estetizzazione della miseria e
cercano piuttosto di restituire dignità ai migranti, ritraendoli come soggetti storici, capaci di compiere
scelte e decisioni, o proteggendoli dall’eccesso di visibilità a cui sono sottoposti dai media. È lo stesso
atteggiamento che con metodi diversi – più simili a quelli dell’attivismo politico e della partecipazione
collettiva – inseguono artisti diversi come Pawel Althamer, Andrea Bowers, Tania Bruguera, Paulo
Nazareth e Liu Xiaodong.
La ricerca di una dignità dell’immagine si accompagna anche, nell’opera di molti artisti di oggi, a una
ricerca sulla funzione commemorativa e monumentale della scultura. Artisti come Adel
Abdessemed, Kader Attia, Banu Cennetoğlu, Meschac Gaba, Thomas Schütte, Andra Ursuta e
Danh Võ si confrontano con la tradizione del monumento funebre ripensandola in una chiave
contemporanea. Molte delle opere in mostra appaiono instabili e fragili, accomunate da una strategia
della precarietà: svuotati di ogni eccesso di sentimentalismo, questi nuovi monumenti sono invece
investiti di un senso di indignazione più consono a una dimostrazione di strada o a un atto di guerriglia
che a una commemorazione ufficiale.
Uno degli interrogativi centrali della mostra è il senso dell’immagine in crisi e della crisi: un’immagine
essa stessa migrante, che cerca la verità nella crisi e che mette in crisi il concetto di verità come
narrazione univoca e semplicistica. Quella che inseguono molti artisti contemporanei è un’immagine in
movimento e un’immagine letteralmente commuovente. Diversi sono gli esempi di opere in mostra in cui
gli artisti rappresentano il movimento e le migrazioni di merci, oggetti e forme attraverso confini e
barriere, sia ideologiche sia economiche. Dalle opere di El Anatsui, Alighiero Boetti, Hassan Sharif e
Mona Hatoum emerge una cartografia di scambi e relazioni globali in cui le opere d’arte sembrano
replicare i traffici del commercio e dell’economia internazionale. La scelta dei materiali e delle tecniche
di esecuzione, con la loro enfasi su oggetti e prodotti di massa spesso riciclati e sottoposti a processi di
trasformazione e traduzione attraverso nazioni e contesti sociali diversi, mette in scena una sorta di
mimesi dei meccanismi di produzione e distribuzione dell’industria globale con i suoi continui
sconfinamenti e processi di delocalizzazione. Analoghe sono le preoccupazioni di artisti e collettivi
come Šejla Kamerić, Forensic Oceanography o multiplicity, il cui lavoro racconta però non di merci
ma di persone.
La Terra Inquieta è il racconto di uomini che attraversano confini e – assai più tristemente – la storia di
confini che attraversano gli uomini. Ma soprattutto la mostra è un esercizio di empatia e un
esperimento di comprensione e dialogo tra culture. Come ricorda la placca apposta alla base della
Statua della Libertà – ritratta nel video di Steve McQueen che conclude l’esposizione – la madre degli
esuli accoglie gli stanchi, i poveri, le masse infreddolite, gli scossi dalle tempeste e i rifiuti miserabili
delle vostre spiagge.
La mostra La Terra Inquieta sarà accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, a cura di
Massimiliano Gioni. Il volume, pubblicato da Electa, raccoglierà testi monografici e approfondimenti su
tutti gli artisti presenti in mostra e una raccolta di saggi e testi critici di Massimiliano Gioni, Tania
Bruguera, Alessandro Dal Lago, T.J. Demos, Giusi Nicolini.
Il progetto grafico della mostra e dei prodotti editoriali è firmato da Christoph Radl.
La Terra Inquieta è realizzata con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Si ringrazia SKY ARTE HD, che in qualità di media partner realizzerà una produzione originale per
raccontare la mostra.
Si ringrazia infine Menabrea, in qualità di partner tecnico.
www.fondazionenicolatrussardi.com www.triennale.org
INFORMAZIONI PRATICHE:
Titolo: La Terra Inquieta
Mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni
Promossa da Fondazione Triennale di Milano e Fondazione Nicola
Trussardi
Direzione Artistica Settore Arti visive Triennale Edoardo Bonaspetti
Periodo 28 aprile – 20 agosto 2017
Luogo Triennale di Milano
Viale Alemagna 6 – Milano
Giorni e orari di apertura da martedì a domenica
dalle 10.30 alle 20.30
Biglietti intero 8 euro
ridotto 6,50 euro (per categorie aventi diritto)
cumulativo 10 euro

www.fondazionenicolatrussardi.com www.triennale.org

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