Effearte raddoppia l'ultimo appuntamento della stagione
con due personali delle artiste Katja Davar e Nele Waldert. Le due mostre Katja
Davar. Lettura di un'onda, prima personale dell'artista in Italia, e Nele Waldert. Della
dissimulazione onesta, seppure inaugurate e ospitate contemporaneamente negli
spazi della galleria, sono autonome sia nell'allestimento sia nel concept. Entrambe
attive nel cuore della regione renana, rispettivamente a Colonia e a Düsseldorf, e
pressoché coetanee, Katja Davar e Nele Waldert sviluppano tuttavia ricerche dai
presupposti e dagli esiti completamente differenti.
Katja Davar (Londra, 1968) vive e lavora tra Londra e Colonia. Le sue opere
rispecchiano, con la loro complessità compositiva, l'elevato grado di approfondimento
teorico da cui muovono. I suoi “paesaggi virtuali” sono il risultato di un'originale ricerca
che combina un vedutismo di matrice classica e orientale; il potenziale estetico della
più recente grafica statistica e della moderna logica diagrammatica; e l'interesse, in
parte stimolato dalle origini iraniane della sua famiglia, per le primigenie forme di
scrittura prealfabetica, con particolare riguardo alla tradizione cuneiforme dell'antica
Mesopotamia.
A una scrupolosa ricerca storico-filologica l'artista affianca un metodo di lavoro
altrettanto meticoloso: si affida esclusivamente al disegno a mano (utilizzando solo
matita e china su carta o tela, appositamente levigata con carta abrasiva) oppure a
matrici da lei stessa realizzate, che le consentono di reiterare indefinitamente lo stesso
motivo simbolico in fitte trame decorative. La medesima perizia tecnica si ritrova anche
nelle video-animazioni, dove i singoli disegni, modellati con raffinati strumenti digitali,
si trasformano in oggetti tridimensionali in movimento, accurati e poetici.
Lettura di un'onda è il titolo del primo, paradigmatico capitolo di Palomar (1983),
l'ultimo libro di Italo Calvino. Il signor Palomar è «un personaggio in cerca di
un'armonia in mezzo a un mondo tutto dilaniamenti e stridori» e, per trovarla, tenta di
descrivere, con precisione quasi maniacale, ogni singolo fenomeno naturale o sociale
che attiri il suo interesse conoscitivo. Sebbene impostata secondo i rigorosi dettami del
moderno metodo scientifico-matematico, al quale il signor Palomar si ispira e di cui
subisce il fascino, senza tuttavia poterne o volerne padroneggiare tutti i risvolti, questa
personale lettura del mondo ha esiti principalmente lirici. L'atteggiamento di Palomar –
in ciò risiede l'affinità con la proposta di Katja Davar – rievoca una dimensione ibrida, a
cavallo tra scienza e poesia, tra scienza e arte, già tipica dell'epoca rinascimentale ed
elisabettiana.
Come ha messo in luce la storiografa britannica Frances Yates, il progetto scientifico
moderno è sorto quando le discipline matematiche si sono emancipate dalla cultura
tardo cinquecentesca, orientata al nascente metodo galileiano, ma ancora impregnata
di ermetismo e neoplatonismo, con i loro tradizionali correlati: esoterismo, magia e
alchimia, occultismo, cabala e astrologia. Non vigendo ancora una netta distinzione tra
scientiae e artes, queste pratiche conoscitive, come attestano molti pionieri delle
scienze esatte – tra cui Cartesio nel Discorso sul metodo (1637) e Francis Bacon nel
Novum organum (1620) –, erano chiamate curiosae scientiae, un concetto che ci
sembra definire nel migliore dei modi sia il gesto letterario di Palomar sia la ricerca
artistica di Katja Davar.
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