Teatro Romano Ostia Antica: i prossimi spettacoli

25 LUGLIO

EDOARDO SIRAVO – VANESSA GRAVINA

RICCARDO ROCCAMO – LUCA CAIRATI

LE FARSE PLAUTINE

da Plauto

Regia  Luca Cairati

Artisti girovaghi che nel teatro non credono più. Un carretto che li ha portati in giro per il mondo. Cosa può far di nuovo nascere la scintilla in questi attori disillusi?

La risposta sta nel pubblico, che, come una magia, riinnesca la fantasia di questa troupe di attori, i quali terranno gli spettatori incollati alle loro sedie ripercorrendo tutto il loro repertorio comico: da Aristofane a Plauto, da Molière a Beckett, passando per Shakespeare, fino all’improvvisazione dei comici della Commedia dell’Arte. E il carretto, che pareva inerte, aprendosi si trasforma nel palcoscenico ideale per questa ultima rappresentazione che fonde finalmente il teatro moderno con quello classico. Scene acrobatiche di scale impazzite, grottesche corse di cavalli, duelli, maschere, travestimenti, improbabili e comicissime scene d’amore, equivoci. Farse Plautine è una commedia che spazia in ogni direzione: dagli stereotipi classici della Commedia all’Italiana ai personaggi  intramontabili della drammaturgia moderna. I protagonisti decidono di far rivivere la Commedia dell’Arte, ritrovandola in tutte le commedie e le tragedie occidentali più famose, affermando una volta ancora che questa Grande Tradizione Italiana è più che mai viva e presente. Il pubblico è chiamato a giocare e a divertirsi con gli attori che regalano momenti di ilarità grazie alla loro capacità di passare con disinvoltura dall’Arte della Commedia all’Italiana alla clownerie. Le più famose scene del teatro classico drammatico, una volta separate dal contesto e messe in scena nella loro semplicità diventano altrettanto comiche ed esilaranti.

 

 

 

 

27 LUGLIO

LA BOTTEGA DEL PANE

LUNA MARONGIU – CINZIA MACCAGNANO – CRISTINA PUTIGNANO

LE RANE

da Aristofane

Regia  Cinzia Maccagnano

“Le Rane” sono una parodia della decadenza politica e culturale dell'Atene del 405 a.c., ma soprattutto una riflessione sul teatro e sulla vita morale e sociale, all'indomani della morte di Euripide e Sofocle, ultime guide intellettuali della polis. Protagonista è Dioniso, il dio del teatro, ma che qui non è più il seducente straniero delle baccanti, bensì un patetico personaggio in cerca d’autore, un attore senza ruolo al quale avanzano battute tragiche che, fuori contesto, risultano penose e grottesche.

Il ridicolo Dioniso, con un imbarazzante travestimento da Ercole, intraprende il viaggio nell'oltretomba in cerca dell’autore che possa ridargli dignità, e con lui anche al teatro e quindi alla società, a cui solo il teatro può e deve insegnare la virtù. Con lui il servo fidato Xantia, una sorta di Sancho Panza, ma pronto e astuto. Inizia così la catabasi verso gl’inferi, dove non possono mancare gli incontri con Caronte, Plutone e molti altri personaggi, i quali sono la copia conforme di una umanità bassa e volgare che abita il mondo terreno. Parentesi poetica è il coro di rane della palude infernale che  sbeffeggia Dioniso, ma non rinuncia a cantare cignescamente intraducibili versi poetici, unico conforto dell’anima. Il viaggio si conclude con il tanto atteso incontro con Euripide ed Eschilo, intenti a litigare per stabilire chi dei due sia il più grande poeta tragico. Euripide accusa Eschilo di ridondanza e di poca chiarezza, ed Eschilo rimprovera Euripide di aver corrotto gli ateniesi con i suoi esempi immorali insegnando loro a tradire, uccidere ed evitare i doveri. Aristofane contrappone così la poesia brillante, figlia della sofistica, di Euripide e la magniloquenza di Eschilo, a volte oscura, ma di grande valore etico. Alla fine Dioniso, giudice dell’agone, sceglie di riportare in vita Eschilo, come per dire che per una società oramai al tramonto, incosciente della propria volgarità, è meglio riportare alla memoria buoni esempi di valori e di vivere civile, piuttosto che sperare in una capacità di autocoscienza di fronte ad esempi di corruzione e degrado.

Le rane, pur con una vena comica festosa, di ispirazione lirica, parla con una tristezza sconsolata di un vuoto culturale. Dioniso ha perduto il fascino della sua doppiezza, del suo oscillare tra bene e male, del suo dire e non dire, del suo nascondere per mostrare, ovvero ha perduto l’arte del teatro, di cui è rimasta solo la parvenza farsesca e deprimente. Eppure il teatro non perde mai la sua funzione e infatti mostra la sua stessa desolante condizione per indicare la miseria in cui è stato ridotto e insieme ricordare il proprio valore, scuotendo la coscienza di cui è esso stesso genitore.

 

 

3 AGOSTO

TEATRO ANTICO TINDARI

EDOARDO SIRAVO – ANTONIO SILVIA – RENATO CAMPESE

MILES GLORIOSUS

di Plauto

regia ALVARO PICCARDI

Il giovane Pleusicle ama la bella Filocomasia. Durante un’assenza del giovane, la ragazza viene rapita dal “miles” Pirgopolinice, un soldato smargiasso e fanfarone, a cui il parassita Artotrogo fa credere di essere irresistibile con le donne. Palestrione, servo di Pleusicle, parte per avvertire il padrone di ciò che è accaduto, ma viene rapito dai pirati e finisce per essere donato proprio al miles. Pleusicle, avvertito di nascosto da Palestrione, si fa ospitare da Periplectomeno, un amico del padre, in una casa contigua a quella del miles. Palestrione pratica una breccia nel muro di confine tra le due case, consentendo agli amanti di incontrarsi. Ma Sceledro, servo del miles, li scorge mentre si baciano e costringe Palestrione a escogitare una serie di inganni per salvare i due amanti, fingendo che esista una gemella di Filocomasia. Poi Palestrione organizza una feroce beffa ai danni di Pirgopolinice: gli fa credere che la moglie di Periplectomeno sia pazzamente innamorata di lui; il miles, così, licenzia in un sol colpo Filocomasia e Palestrione, dando loro la libertà, ma, entrato nella casa di Periplectomeno per un appuntamento galante, trova un marito furibondo e i servi pronti a fustigarlo ignominiosamente come adultero.

Commedia dalla comicità sfrenata, il Miles Gloriosus è considerata l’antecedente di tutti i “Capitan Spaventa” “Fracassa”, etc., che animeranno la Commedia dell’Arte e il teatro del Rinascimento.

 

 

5 AGOSTO

TEATRO EUROPEO PLAUTINO DI SARSINA

CAMILLO GRASSI – MASSIMO BONCOMPAGNI

AULULARIA

di Plauto

Regia  Cristiano Roccamo

Ad Atene vivono due vecchi, Euclione e Megadoro.

Un giorno il vecchio Euclione trova una pentola d'oro dalla quale non riesce più a separarsi per il timore che qualcuno gliela sottragga all' improvviso. Ed è proprio in uno di questi giorni che il vecchio e ricco Medoro si decide a chiedere in sposa la figlia di Euclione, Fedria. I due vecchi si accordano immediatamente per celebrare il matrimonio il giorno stesso. A questo punto entra in scena Strobilo, il servo del nipote di Megadoro, Liconide, giovane che è segretamente innamorato di Fedria all' insaputa dello zio. Infatti Euclione, timoroso che la manovalanza giunta per i preparativi possa sottrargli la pentola, si decide a nascondere il prezioso oggetto prima nel tempio della città e poi nel bosco, dove Strobilo lo seguirà per derubarlo. Liconide si reca allora dal vecchio Euclione per chiedere in sposa la figlia (che nel frattempo sta per diventare madre proprio a causa del giovane), e dopo un divertente siparietto frutto dell'equivoco, l'anziano genitore concederà la mano della figlia al giovane. Intanto il servo Strobilo tenterà di vendere la pentola proprio al suo padrone in cambio della libertà, ma questi gli ordinerà di rendere la pentola al suo legittimo proprietario. E sarà proprio questo gesto ad addolcire le intemperanze di Euclione che non solo acconsentirà al matrimonio ma che donerà inoltre la preziosa pentola come dote della figlia Fedria.

"Aulularia" è una delle commedie che più ha influenzato il teatro seicentesco ma anche il cinema moderno. Vero è che "L'Avaro" di Molière è di fatto quasi una copia autentica dell'opera di Plauto e che a rifarsi all' "Aulularia" è anche il film di Totò "47 morto che parla"  al Paperon de' Paperoni di Topolino della Walt Disney.

 

 

7 agosto 2013

MASSIMO RANIERI

ROBERTO VANDELLI – GIUSEPPE BISOGNO

FABRIZIO NEVOLA –  FEDERICA VINCENTI

MARGHERITA DI RAUSO – CARLA CASSOLA – GAIA BASSI

RICCARDO III

di Shakespeare

Regia di Massimo Ranieri

Musiche originali di Ennio

La storia la scrivono i vincitori, e così Shakespeare quando nel suo progetto di raccontare due secoli di storia inglese attraverso il regno di una scissione di sovrani (Riccardo II, Enrico IV, Enrico V, Enrico VI, Riccardo III) arrivò all’ultimo esponente della dinastia dei Plantageneti, descrisse l’ultimo di loro secondo l’ottica della nuova casa regnante, quella dei Tudor, i cui titoli alla successione non erano proprio inossidabili. Che il trono dell’isola fosse a disposizione del più forte e spregiudicato tra molti pretendenti era prassi consolidata: e il Richmond di Shakespeare, futuro Enrico VII nonché padre di Enrico VIII e nonno di Elisabetta I – quest’ultima felicemente regnante al tempo del Bardo – era un pretendente dalle ambizioni non troppo fondate (discendeva dalla vedova di Enrico V e dal suo secondo marito gallese). Logico che appena arrivato alla corona costui si adoperasse per annunciare al mondo di averlo liberato da un uomo indegno, avido, corrotto e crudele, e per di più addirittura fisicamente deforme e respingente, secondo una descrizione che i suoi storici adottarono senza obiezioni. La scoliosi documentata dal recente ritrovamento dello scheletro di Riccardo, che comportò una deviazione della colonna vertebrale e l’abbassamento di una spalla non gli impedì una carriera nelle armi di tutto rispetto; ma consentì alla generazione successiva di descriverlo retrosettivamente come uno scherzo della natura, fisicamente ripugnante. Ligio all’interpretazione ufficiale, Shakespeare fa dunque di re Riccardo III, semplicemente, un mostro. Ma poiché siamo a teatro, e un personaggio soltanto disgustoso sarebbe controproducente, ne fa allo stesso tempo un uomo dal fascino irresistibile e dall’energia travolgente. In un ambiente – quello delle alte sfere del potere – dove tutti sono corrotti, infidi e privi di scrupoli, Riccardo sa di essere il più intelligente, più forte e più deciso di tutti. Grande manipolatore, sommo burattinaio, non trova chi gli si opponga: con la violenza o con la persuasione ottiene che gli altri assecondino i suoi progetti, ovvero gli facciano direttamente da sicario. Nella più audace scena di seduzione di tutto il teatro mondiale alla sua forza trascinatrice cede persino la nuora di una sua vittima nonché vedova di un’altra. Ma Shakespeare non sarebbe Shakespeare se il suo racconto fosse a senso unico. Mostrando il progresso inarrestabile di questo archetipo di “villain” – uno dei primi “uomini che adorate odiare” – l’autore insinua anche il sospetto che costui non rappresenti la clamorosa eccezione (il Male che una volta eliminato non tornerà mai più) ma piuttosto l’esasperazione della regola. Riccardo fa, cinicamente direttamente, quello che al suo posto farebbero tutti gli altri personaggi, se possedessero la sua carica vitale, che sulla scena si sostanzia in una eloquenza irresistibile: dopo Amleto, è il personaggio shakespiriano che parla di più. E possiamo scommettere che anche con la sua caduta, una volta smaltita la sbornia di sangue, gli sporchi giochi della politica non cesseranno.                                                                                                               Masolino d’Amico

 

 

Orario spettacoli ore 21.15

Biglietto: INTERO € 23,00/25,00  RIDOTTO € 16,00/20,00

 

 

 

ACQUISTO BIGLIETTI:

E' possibile l’acquisto con carta di credito e il ritiro direttamente presso il Botteghino di Ostia Antica e sempre on line sul sito http://www.ostianticateatro.it/

 

 

Botteghino C/O TEATRO ITALIA 
Via Bari 18 Roma Tel. 06. 44239286 – Lun/Sab ore10,00 -14,00

 

dal 1° luglio

 

Botteghino OSTIA ANTICA

Annachiara Mantovani

Via dei Romagnoli, 717 Ostia Antica Tel. 06.5650071 – Lun-Sab 15.00-20.00 Sito  

Info e Prenotazioni a luglio C/O TEATRO ITALIA

Via Bari 18 Roma Tel. 06. 44239286 – Lun/Sab ore 10,00 -14,00

 

 

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