la Biennale di Venezia 57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea

 

la Biennale di Venezia

57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea

Altra voce, altro spazio

Direttore Ivan Fedele

Venezia, 4 > 13 ottobre 2013

 

con il sostegno della Regione del Veneto

 

 

ALTRO VOCE, ALTRO SPAZIO

33 concerti con 3 appuntamenti al giorno, 81 compositori di cui più della metà trentenni nati negli anni ’70 e ’80, 40 novità fra cui 30 prime mondiali. Sono i numeri del 57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea che si svolgerà a Venezia dal 4 al 13 ottobre, organizzato dalla Biennale, presieduta da Paolo Baratta, e programmato dal Direttore Ivan Fedele, al suo secondo mandato.

 

Altra voce, altro spazio è il titolo della 57ma edizione del Festival che apre a tutto il contemporaneo intrecciando in innumerevoli varianti due elementi cardine del pensiero musicale del secondo 900 fino ai nostri giorni, lo spazio e la voce. La vita interna del suono, la sua articolazione nello spazio, la voce vivisezionata al pari di uno strumento acustico, l’elettronica che di queste ricerche costituisce lo strumento essenziale sono gli elementi che entrano in combinazione nei concerti del Festival. A fare da apripista alle nuove generazioni presenti in programma in larga misura – Eric Maestri, Daniele Ghisi, Vittorio Montalti, Evis Sammoutis, Kristian Ireland, Chris Swithinbank, Raffaele Grimaldi, Franco Venturini, Ryo Dainobu… – sono Luciano Berio – a cui si rende anche omaggio nei dieci anni dalla scomparsa – e Karlheinz Stockhausen. Con loro saranno presenti in molti dei concerti in programma i grandi studi informatici, dall’Ircam a Tempo Reale (fondato dallo stesso Berio), frutto dell’evoluzione dei primi studi di fonologia, fucina di tutte le sperimentazioni e anche oggi punto di aggregazione per tanti compositori. Le ricerche condotte in questi studi hanno contribuito ad aprire nuove strade e ad allargare a dismisura il materiale musicale oggi disponibile, tra strumenti, generi, tecniche e fonti sonore acustiche e artificiali.

Alle nuove generazioni di compositori corrispondono poi, all’interno del Festival, nuovi interpreti, poiché l’influenza esercitata dagli esecutori ha ormai acquistato un’importanza decisiva. Già nei decenni tra gli anni ‘60 e ‘80 vengono alla ribalta strumenti prima ai margini dell’orchestra – contrabbasso, corno di bassetto, fagotto – o strumenti esotici come il bayan, si sperimentano nuove tecniche, si rivoluzionano le antiche, tutte pratiche che influenzano i compositori stessi. Il solista è come un ricercatore moderno che contribuisce al pensiero musicale, diceva Berio, e le sue Sequenze, di cui sono in programma la VI e l’VIII, sono l’emblema di questa idea. Il 57. Festival sarà palcoscenico di nuovi talenti internazionali, con il trentaquattrenne cornettista e clarinettista Michele Marelli, il trentunenne violinista Marco Fusi, il contrabbassista Daniele Roccato, accanto ai fuoriclasse Francesco D’Orazio per il violino e Christophe Desjardins per la viola. Allo stesso modo, oltre ai grandi ensemble Accroche Note, Court Circuit, il quartetto Kairos e il trio Arbós, si accendono i riflettori su recentissime formazioni, come L’imaginaire, L’instant donné, il Quartetto Maurice e l’MDI.

Con questa edizione, inoltre, il Festival diventa punto di riferimento per una fitta rete di partenariati coproduttivi e di collaborazione che portano alcuni appuntamenti oltre Venezia: da Radio France, con cui la Biennale ha avviato uno scambio di commissioni a giovani compositori, al Teatro Comunale di Bologna con l’Orchestra e il Coro di voci bianche, al Teatro del Maggio Musicale, il Teatro Studio di Scandicci, l’Orchestra della Toscana e Tempo Reale, l’Istituto polacco di Roma e l’Istituto Italiano di Cultura a Madrid, l’Ircam e Court-Circuit, oltre al partner storico della Biennale Musica, il Teatro La Fenice con la sua Orchestra, e alle collaborazioni consolidate con l’Orchestra di Padova e del Veneto e il Conservatorio di Venezia.

Biennale College è la nuova iniziativa che coinvolge tutti i settori della Biennale. Alle attività volte a promuovere la conoscenza del pubblico (Mostre, Festival) la Biennale di Venezia ha aggiunto una linea strategica rivolta alla ricerca e alla formazione di giovani artisti, Biennale College. Nata come evoluzione delle attività laboratoriali di Danza e Teatro, Biennale College si caratterizza per l’accento posto sull’aspetto produttivo. Per quanto riguarda il Settore Musica è stata lanciata una call internazionale volta alla realizzazione di nuove creazioni di giovani talenti. Si tratta di “pocket opera”, brevi opere di teatro musicale da realizzare in team – compositore, librettista, regista – al seguito di maestri e con il coordinamento del Direttore Ivan Fedele. La call internazionale, in scadenza il 30 maggio, si trova all’indirizzo http://www.labiennale.org/it/musica/collegemusica/index.html

E’ nel corso del festival che si svolgerà la prima fase di lavoro con i team prescelti.

 

LA MUSICA CHE VOLA

Helicopter String Quartet, la spettacolare composizione di Stockhausen che mette davvero le ali alla musica, isolando ognuno dei coraggiosi interpreti dell’Arditti Quartet nella cabina di quattro elicotteri per farli suonare a 1500 metri di quota fra i rulli delle eliche, apre il 57. Festival venerdì 4 ottobre nella Sala Grande del Palazzo del Cinema (Lido di Venezia, ore 15.00). Visionario musicista dell’eccesso (il quartetto gli è addirittura apparso in sogno), Stockhausen è maestro della ricerca elettro-acustica e della spazializzazione del suono e con Helicopter Quartet ha realizzato un pezzo quasi prodigioso per complessità tecnica tanto che, nonostante il German Music Edition Prize per le “opere del xx secolo” (2001), il quartetto ha avuto soltanto tre esecuzioni dopo la prima del 1995 all’Holland Festival con gli stessi Arditti, dedicatari della commissione. Con sapienza registica e una capacità uniche nel “teatralizzare” la musica, Stockhausen fa iniziare il concerto in sala con la presentazione dei quattro musicisti e lo fa concludere con il loro ritorno sulla terra, giusto in tempo per prendere gli applausi. del pubblico che ha ascoltato il brano musicale e seguito la performance “aerea” su grande schermo.

Gli Arditti saranno protagonisti di un secondo concerto (5 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 15.00), che comprende l’esecuzione del Quartetto n. 5 di Elliott Carter, di cui hanno registrato l’intera produzione quartettistica. Scritto appositamente per loro, il quartetto “mette in scena” lo stesso processo della sua esecuzione fino alla discussione dei musicisti su ogni movimento eseguito. Accanto alla figura monumentale di Carter, gli Arditti eseguiranno brani in prima italiana di Rebecca Saunders, fra le compositrici più accreditate, e del trentatreenne cipriota Evis Sammutis, ma anche una novità assoluta che la Biennale ha commissionato ad Andrea Portera.

 

I LEONI DELLA MUSICA

All’inizio pirotecnico con Helicopter Quartet segue al Teatro alle Tese (ore 20.00), nella stessa serata inaugurale del 4 ottobre, l’omaggio a Sofija Gubaidulina, Leone d’oro alla carriera del 57. Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Compositrice in tempi in cui le figure femminili erano quasi inesistenti nella musica, e in tempi in cui gli eventi storici dell’Unione Sovietica – dove era nata – condizionavano pesantemente la vita culturale del paese, la Gubaidulina ha saputo tener fede alle sue intuizioni arrivando ad indicare nuove strade, e ha inteso la sua arte come un magistero così alto, da trasfigurare la materia musicale in simbolo, impiegando soprattutto la simbologia cristiana.

Insieme a Sofija Gubaidulina, verrà premiata la Fondazione Spinola-Banna per l’Arte con il Leone d’argento. Fondata nel 2004 e impegnata a promuovere la ricerca intorno all’arte e alla musica contemporanea, la Fondazione è promotrice, nello specifico, del Progetto Musica con “l’obiettivo di incoraggiare nuove opere musicali, valorizzare il talento di giovani compositori e dare visibilità alle migliori esperienze nell’ambito della contemporaneità musicale” (dalla motivazione).

La duplice premiazione è seguita dal concerto con l’Orchestra del Teatro La Fenice diretta da John Axelrod e il contributo delle Percussions de Strasbourg, il primo gruppo interamente percussivo in occidente, protagonista del “rinascimento” di questi strumenti nella musica classica. In programma uno dei pezzi più recenti di Sofija Gubaidulina, Glorious Percussions, a conferma della predilezione della compositrice per questa famiglia di strumenti, che interpreta, nella sua visione simbolica, come legati “all’orizzonte della terra”. Nel brano le percussioni sono distribuite ai due lati dell’orchestra, soprattutto i numerosi gong, mentre ai due lati del direttore sono collocati vibrafono e marimba. Glorious Percussions è proposto in dittico con la terza Sinfonia di Witold Lutosławski, un’altra figura magistrale proveniente dallo stesso contesto culturale maturato nell’Europa dell’est.

Alla Gubaidulina, che tanto ha contribuito a rivalutare strumenti dimenticati dalla musica classica e ad inserirne di nuovi della tradizione folclorica, è dedicato il concerto sotto il segno del contrabbasso di un virtuoso come Daniele Roccato (6 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 12.00). Si tratta di quattro composizioni appena incise su disco: Pantomime e Sonata, concepite fin dalle origini per questo strumento e pianoforte; i Preludi, originariamente concepiti per violoncello, e In croce, inizialmente per violoncello e organo, entrambe trascrizioni realizzate dalla Gubaidulina.

Dopo il concerto inaugurale dedicato al Leone d’oro, Les Percussions de Strasbourg tornano in scena (6 ottobre, Teatro alle Tese, ore 20.00) con il loro infinito campionario di strumenti, oggi a quota 400. D’altronde, è per loro che Iannis Xenakis aveva concepito il famoso “sixxen”, strumento a lamine che cataloga 109 diversi suoni metallici. Ed è sempre per loro che ha composto uno dei suoi pezzi di maggior impatto drammatico, Persephassa, con una distribuzione spaziale determinante che vede i 6 percussionisti “accerchiare” il pubblico mentre suonano gli strumenti più incredibili: sirene, ciottoli o sassolini e tutto un intero arsenale di tamburi, woodblock, simantra, cimbali e gong. All’esecuzione di un classico come Persephassa, l’ensemble di Strasburgo accosta un trittico di autori italiani: Franco Donatoni con Darkness, Francesco Filidei con I funerali dell’anarchico Serantini e Alessandro Solbiati con Thai song.

In occasione del Leone d’argento sarà presentato il concerto per coro a cappella realizzato dalla Fondazione Spinola-Banna con i Neue Vocalsolisten (10 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 20.00). Il programma incrocia suggestivamente il più famoso madrigalista, Gesualdo da Venosa, riscoperto a partire dagli inizi del 900 (Stravinskij e poi Schnittke, Peter Maxwell Davies, Peter Eötvös, fra gli autori che alla sua musica e alla sua figura si sono ispirati), con Salvatore Sciarrino e suoi altrettanto celebri madrigali, basati su liriche giapponesi e divisi in due cicli di sei. Accanto a questo dialogo a distanza si collocano le nuove creazioni – commissionate dalla Fondazione Spinola-Banna – di due musicisti quarantenni, Filippo Filidei, di ascendenza sciarriniana, e la giapponese Noriko Baba.

 

WWW.NUTHING.EU

Il sito www.nuthing.eu è un sintomo della vitalità della musica oggi, della volontà di inventare nuovi modi di fruirla, di comunicarla e di eseguirla. Nell’era digitale il collettivo /nu/thing nasce e si riunisce attorno a un blog per condividere partiture, scambiarsi idee e progetti, scoprire e far conoscere nuovi autori. Da una cerchia ristretta di amici, tutti compositori, anche se con provenienze musicali diverse ma con un percorso comune di lavoro e ricerca all'estero – Andrea Agostini, Daniele Ghisi, Raffaele Grimaldi, Eric Maestri, Marco Momi, Andrea Sarto – si arriva così ad una discussione pubblica che coinvolge altri settori e altre persone (il blog riceve in media 2000 visite al giorno). C’è un desiderio di rivendicazione e utopia insieme nel loro gesto: “la rivendicazione di un ruolo sociale del fare musica oggi e l'utopia di rompere il circolo vizioso tra produzione, fruizione e discussione, riportando in vita una comunità di ascolto e una comunità di pensiero”. 

A loro il Direttore Ivan Fedele ha lasciato carta bianca per la programmazione di un concerto (6 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 15.00) che hanno composto, coerentemente, come una sorta di playlist a dodici mani, dove elettronica, voce e video sono parte integrante, se non addirittura il motore. “Le scelte dei brani – affermano – si basano su due linee guida. La prima, nell'ambito dell'effettivo strumentale e vocale: presentare opere forti, di personalità giovani e importanti che vogliamo promuovere; la seconda: toccare il tema del popolare in musica, o meglio della scrittura trasversale che accomuna musica colta e musica popolare. La playlist diventa allora vero e proprio zapping, annullamento delle distanze: si può seguire un percorso che va da Usavich fino a Clearing I, passando con leggerezza e drammaticità attraverso il folclore evocato da Casale, l'essenzialità divertita di Swithinbank e Steen-Andersen, la voce sublimata nei brani di Cifariello Ciardi, la fusione di video e quartetto in Murat, la fattura più strettamente classica di De León, il grido a squarciagola di Ireland”.

Il concerto mette curiosamente in campo, fra un brano e l’altro, i corti animati di Usavich, distribuiti da MTV in tutto il mondo, in cui si raccontano le vicende di una singolare coppia di conigli imprigionati in Unione Sovietica, e dove ogni azione è accompagnata dalla musica, dalle pulsazioni beat jazz che fanno da colonna sonora alla conclusione di ogni episodio con il corale di Bach Jesu bleibet meine Freude. Il gruppo di compositori invitati – Kristian Ireland, Emanuele Casale, Valerio Murat, Chris Swithinbank. Simon Steen-Andersen, Aurelio Edler-Copes, Mario Diaz de León – sono tutti trentenni provenienti da ogni lato del globo. Apre e conclude il concerto Fabio Cifariello Ciardi, con due brani complementari che utilizzano i discorsi di Blair e Obama per “smascherare l’opaca natura musicale della retorica politica attraverso la puntuale trascrizione strumentale dei ritmi e delle inflessioni di voci che hanno fatto e stanno facendo la Storia” (F. C. Ciardi). Ad eseguire la playlist del Collettivo /nu/thing Igor Caiazza, ottimo percussionista che lavora sul duplice fronte della musica colta (diretto da Barenboim, Abbado, Chung, Muti) e della musica jazz, il soprano Laura Catrani, più volte apprezzata alla Biennale Musica e il  Quartetto Maurice, fondato nel 2002.

Da una costola di /nu/thing – Eric Maestri e Daniele Ghisi – nasce anche Visioni (5 ottobre, Teatro Piccolo Arsenale, ore 17.15), un progetto che offre un’idea complessa di concerto come spettacolo che integra luci suoni e immagini. In scena un’orchestra di 20 altoparlanti, 20 sorgenti sonore e altrettanti oggetti fantastici ideati da Olivier Perriquet, cui si aggiunge la strumentazione acustica del collettivo L’imaginaire, fondato soltanto quattro anni fa a Strasburgo. Giocato sulla sovrapposizione dei piani e sullo scambio tra visibile ed invisibile, Visioni porta in scena e traduce in musica la distanza che la tecnologia mette fra noi e la realtà, per cui anche il suono può essere separato dalla sua sorgente. Eric Maestri e Daniele Ghisi si chiedono: “se ciò che vediamo produrre il suono fosse falso, se sembrasse la sorgente ma non lo fosse? Visioni è un brano sonoro e visivo che, attraverso l’elettronica con le sue macchine immaginarie, mette in moto il mistero dell’ascolto, il gioco della rappresentazione del suono che da invisibile si fa visibile”.

 

BERIO E OLTRE

Epiphanie, Rendering, Ofanim, Sequenze, Altra voce: il Festival presenta un excursus del pensiero musicale di Berio, attraverso quei capisaldi della sua ricerca su voce e spazio.

Il primo appuntamento è con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna (5 ottobre, Teatro alle Tese, ore 20.00), che replicherà il concerto nella sua sede (8 ottobre). Diretto da Roberto Abbado, il concerto si avvale della voce sopranile di Valentina Coladonato per Epiphanie, un montaggio secondo diverse possibilità combinatorie di sette brani strumentali con altrettanti testi vocali – le vere epifanie del pezzo – scelti da Eco fra gli autori cari a Berio (Proust, Joyce, Machado, Simon, Brecht, Sanguineti). E se per Berio creare è trasformare, il secondo brano in programma ne offre un limpido esempio: Rendering, nei suoi molteplici significati di rendere onore, restituire alla vita, tradurre, è firmato a quattro mani con Franz Schubert dal momento che è genrato dai suoi frammenti per una sinfonia. Illuminante del rapporto dinamico che Berio intesse con il classico e con la storia, come un artigiano fa un lavoro che chiama di “restauro”, intendendolo “nel senso moderno usato in pittura”, in cui ci si sforza “di riaccendere i vecchi colori senza però celare i danni del tempo e gli inevitabili vuoti creatisi nella composizione (com’è il caso di Giotto ad Assisi)”.

Tra i due brani di Berio si colloca una novità assoluta commissionata dalla Biennale a Claudio Ambrosini, già Leone d’oro al Festival di Musica di Venezia nel 2007. Si tratta di Fonofania, che nella concezione del compositore allude al magico manifestarsi del suono, un pezzo per coro di voci bianche scenograficamente distribuito alle spalle del pubblico, quasi avvolgendolo, con l’orchestra frontale sul palco.

E’ l’Orchestra della Toscana coadiuvata da Tempo Reale e dalla Maîtrise di Radio France (11 ottobre, Teatro alle Tese, ore 20.00) a proporre Ofanim, considerato uno dei grandi capolavori dell’ultimo periodo di Berio. E’ un pezzo dal forte impatto drammatico, che cortocircuita i testi visionari e apocalittici del profeta Ezechiele con la carnalità del Cantico dei Cantici, ma anche un brano dei più significativi del repertorio con live electronics. “L’elettronica di Ofanìm è infatti uno dei compiti maggiormente rappresentativi del lavoro di Tempo Reale, un lavoro che spazia dallo studio dello spazio a quello dell’ambiente esecutivo, dall’amplificazione degli strumenti e delle voci alla loro trasformazione fino alla proiezione dei suoni tra gli altoparlanti. La restituzione coerente dell’elettronica di Ofanìm in uno spazio concertistico costituisce quindi ogni volta una sfida sempre di maggior respiro e complessità” (Tempo Reale). Ugualmente rilevante è l’intervento di Tempo Reale nel secondo brano in programma con l’ORT, Altra voce, la cui partitura è completata dallo stesso studio, ad opera di Francesco Giomi, Damiano Meacci, Kilian Schwoon. Nato come estensione di un episodio di Cronaca del luogo, dove coro, orchestra e altoparlanti erano collocati dietro il palcoscenico costituendo una sorta di “muro”, “in Altra voce quest’idea di muro è tradotta in una configurazione con due diagonali divergenti di diffusori che, adattandosi allo spazio esecutivo, vengono collocati a distanze le più ampie possibili. L’elettronica riveste un importante ruolo strutturale ed è caratterizzata da tre tipi di elaborazioni: il campionamento dal vivo, la spazializzazione e l’uso dell’harmonizer” (Tempo Reale).

All’Orchestra di Padova e del Veneto (7 ottobre, Teatro alle Tese, ore 20.00) diretta da Andrea Pestalozza è affidato un concerto che costeggia l’evoluzione del pensiero su spazio e voce con una terna di autori italiani, Alessandro Solbiati, Gabriele Manca e Matteo Franceschini. E’ uno dei tanti squarci aperti dal Festival sulla musica italiana ed internazionale dei nostri giorni in cui rintracciare riflessi, schegge, implicazioni e dinamiche innescate dalla lezione di Berio e Stockhausen. Accompagnata da esecutori solisti strepitosi come Mayumi Orai al cymbalom, Alfonso Alberti al pianoforte, Michele Marelli al corno di bassetto, il concerto impagina brani che indagano il rapporto tra solista e orchestra. Così La grammatica del soffio di Franceschini attribuisce al corno di bassetto di Michele Marelli la funzione di perno, di elemento generatore della musica. Il pezzo di Alessandro Solbiati sviluppa il dialogo tra cymbalom e altri strumenti, raccolto dopo un decennio di studi in un ciclo che è una sorta di suite unitaria, Nora, più ampia dell’originale da cui era partito, che coinvolge il cymbalom, a questo punto amplificato, con un’intera orchestra da camera. Dialoghi con la terra di Gabriele Manca riecheggia e si impronta invece all’azzardo di Maiakovskij che scrisse i Dialoghi con il sole, dialoghi con gli elementi dall’intento alto che finisce per “cantare nel grigio ciarpame del mondo”.

 

ALLA BREVE

Il panorama sull’oggi offerto dall’Orchestra di Padova e del Veneto si amplia con sole novità assolute per L’instant donné (11 ottobre, Teatro Piccolo Arsenale, ore 17.15), ensemble fondato non più di dieci anni fa a Parigi e protagonista del ciclo Alla breve. Si tratta di un format ideato da Radio France che commissiona nuove creazioni di dieci minuti per organici che vanno dal solista alla grande orchestra, ma con un particolare: ogni brano deve poter essere suddiviso in cinque parti di due minuti l’una. E’ il modo per poter dare un assaggio fulminante ma quotidiano di ogni nuovo pezzo, che potrà essere ascoltato nella sua interezza soltanto il sesto giorno. “Alla breve”, appunto, sia nel senso tecnico musicale, per cui il termine indica il cambio della misura di tempo, sia nella sua accezione più comune. A Venezia, saranno i 9 strumentisti stabili dell’Instant donné, forti di un repertorio che spazia da fine 800 ai giorni nostri e con al loro attivo lavori con Gervasoni, Schoellhorn, Pesson, Pattar, ad eseguire le novità assolute di Eric Maestri, Raphaèle Biston, Pasquale Corrado, il giapponese Ryo Dainobu, il libanese Zad Moultaka, scelti dal Direttore Ivan Fedele nella rosa di nomi del ciclo Alla breve.

Di nuovo in collaborazione con Radio France e in questo caso anche con l’ensemble Court Circuit è un altro concerto di tutte novità assolute, frutto di commissioni del Ministero della Cultura Francese e della stessa Radio France (13 ottobre, Teatro Piccolo Arsenale, ore 17.15). Fra i più noti ensemble internazionali, Court Circuit, fondato nel 91 da Philippe Hurel e Pierre-André Valade, in residenza per le opere da camera al teatro di Peter Brook, Le Bouffes du Nord, e protagonista di tanti progetti interdisciplinari, il consort francese impagina musiche del trentacinquenne argentino Fernando Fizbein, del quarantaduenne Frédéric Verriéres, e di una figura storica della musica sperimentale americana, Roger Reynolds, fondatore con Robert Ashley e Gordon Mumma del gruppo e del festival ONCE, fra i pionieri della spazializzazione multicanale del suono fin dai suoi esordi con la serie Voicespace.

 

ALTRE VOCI

Sono tanti i concerti del Festival dove voce e canto sono diversamente manipolati, ma alcuni fanno di questo strumento unico nel suo genere il protagonista principale, offrendo performance vocali acrobatiche. E’ il caso di David Moss, uno dei più originali vocalist del mondo, nonché percussionista, qui accompagnato dai maghi del suono di Tempo Reale, Francesco Canavese e Francesco Giomi (9 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 15.00). I vocalizzi estremi di Moss hanno conquistato i maggiori teatri e festival internazionali come Salisburgo, dove memorabile è stata la sua interpretazione del Principe Orlovsky in Die Fledermaus diretto da Hans Neuenfels (2001) e altrettanto lo è stata la sua performance solista in Cronaca del luogo di Luciano Berio (1999). Attento alla musica d’avanguardia come al rock e al funk, le sue collaborazioni riflettono questo eclettismo: Moss è al fianco di Heiner Goebbels, Ensemble Modern Arto Lindsay, Fred Frith, John Zorn, per citarne alcuni.

More voices in Venice è l’allusivo titolo della performance ripensata per la Biennale, dove la voce di Moss interagisce con un universo elettro-acustico senza confini, dai riferimenti alla musica di consumo alla sperimentazione sonora più profonda, in un quadro tecnologico d’avanguardia che impiega, grazie a Tempo Reale, nuove tecniche di trasformazione dal vivo dei suoni insieme a processi inusuali di gestione del rapporto tra struttura e improvvisazione, così come nell’invenzione dei testi e delle sezioni musicali.

Oltre a David Moss e ai campioni del canto a cappella di Stoccarda, i Vocalsolisten, è sulle note di un più recente e agguerrito coro, Le cris de Paris, incline a proporre programmi “misti” con opere che appartengono a epoche, luoghi e generi diversi, che si approfondisce l’indagine sullo strumento voce. Fondato nel 1999 e con un repertorio che parte dal 500, il programma veneziano presenta tre autori italiani con altrettante novità per l’Italia: Luca Francesconi e il suo Let me bleed, che suddivide il coro in tre gruppi, Marco Stroppa, con Perché non riusciamo a vederla? e il più giovane Mauro Lanza, classe ’75, con Ludus de Morte Regis per coro e elettronica.

 

I SOLISTI

Se spesso nella musica contemporanea è alla fantasia dell’interprete che spetta “completare” un brano, anche quest’anno il Festival porta alla ribalta grandi solisti.

Considerato da Gaslini “esecutore principe” del corno di bassetto, Michele Marelli si appassiona allo strumento dopo il diploma con il massimo dei voti in clarinetto e soprattutto dopo l’incontro con Stockhausen. “Very gifted” secondo Stockhausen, Marelli diventa assistente alla classe di clarinetto presso gli Stockhausen Kurse Kuerten dove vince per ben sei volte il premio per la migliore performance direttamente dalle mani di Stockhausen che lo vorrà come membro del suo Ensemble, con cui incide due dischi (anche da solista) ed esegue molti pezzi in prima mondiale sotto la direzione del maestro tedesco. Per la prima volta alla Biennale (7 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 12.00), Michele Marelli rende omaggio al nume tutelare della sua carriera con Evas Spiegel, Susani, Traum-Formel, brani imperniati sull’elettronica e la spazializzazione del suono, e regala al Festival la prima assoluta della riscrittura di In Nomine – all’ongherese di Kurtág, rivisitazione della tradizione polifonica caratteristica di tanti autori contemporanei. E inoltre: The Seven Brightnesses di Peter Maxwell Davies, il recentissimo Duft di Kaija Saariaho e un’altra prima assoluta, De profundis, di Oscar Bianchi.

Il concerto interamente affidato alla viola solista di Christophe Desjardins (8 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 15.00), già membro dell’ensemble InterContemporain, propone Sequenza VI per viola di Berio, che Desjardins ha anche inciso per la Deutsche Grammophon, e Partita I per viola ed elettronica di Philippe Manoury, stimolato a scrivere sul rapporto tra liuteria elettronica e strumenti acustici dallo stesso Desjardins. Considerate la biografia artistica di Berio, esempio dell’’approccio ri-creativo che il compositore instaura con la tradizione, le Sequenze sono, con Sinfonia, fra le sue opere più popolari. Composta nel ’68, Sequenza VI è, come ha scritto il critico Lorenzo Arruga, “una storia di conquista e di riscatto. Protagonista la viola, anzi il violista, che decide di compiere con il suo strumento, nella storia un po’ mite e sottomesso, le grandi imprese che solitamente sono concesse ai più solfurei e accreditati violinisti”.

Sarà invece Francesco D’Orazio ad eseguire Sequenza VIII per violino (13 ottobre, Conservatorio, ore 15.00), in cui Berio inverte l’approccio anticonvenzionale riservato alla viola e recupera per intero la tradizione di questo strumento, facendo risuonare anche l’omaggio alla Ciaccona della Partita in re minore di Bach. Punto di riferimento nella musica contemporanea e dedicatario di numerosi pezzi, anche se eccelle in altri repertori, in particolare quello barocco, D’Orazio vanta una lunga collaborazione con Berio, di cui ha eseguito molti pezzi, fra cui la stessa Sequenza VIII, e inciso l’integrale della produzione violinistica. Oltre al pezzo di Berio, il concerto si arricchisce di Anthèmes II di Pierre Boulez, versione elettro-acustica di Anthèmes I, … de la Terre di Kaija Saariaho, tratto dalla musica per il balletto di Carolyn Carlson, Maa, e di due novità assolute, Agape di Fausto Sebastiani e Voci incroci Gianvincenzo Cresta.

In grande ascesa nel mondo della classica è infine il nome di un altro violinista, che recentemente ha i Freeman Etudes di Cage per Stradivarius con successo di critica e di pubblico: Marco Fusi, come Michele Marelli per la prima volta alla Biennale, anche se in veste di interprete della viola d’amore, strumento assai raro nella musica contemporanea, per questa occasione amplificata elettronicamente (12 ottobre, Conservatorio, ore 12.00). “E’ uno strumento che non si è mai affermato – sostiene Fusi – e quindi ha conservato il suo carattere sperimentale, dotato di effetti di risonanza grazie a 7 corde definite simpatiche, proprio perché vibrano per simpatia quando quelle principali vengono pizzicate. Le caratteristiche costruttive dello strumento, che non ha una accordatura definita, apre così uno spazio sconosciuto, di maggiore libertà ai compositori, come quando si entra in una stanza senza perimetri e si devono definirne le pareti”. Il programma veneziano affronta la generazione dei trentenni, quasi tutti presenti con prime esecuzioni assolute: Lorenzo Romano, Andrea Mancianti, che cura anche l’elettronica, Clara Iannotta, Federico Gardella, Alessio Rossato e Lorenzo Pagliei.

 

ALTRI ENSEMBLE

Fra gli ensemble che animano il Festival, presenza di rilievo è quella del quartetto d’archi Kairos, fondato a Berlino nel 96, che ha costruito la sua biografia artistica esclusivamente sulla musica contemporanea. A Venezia (7 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 17.15) porterà la migliore produzione quartettistica di una generazione di mezzo: ci saranno i quartetti di Marino Baratello e David Robert Rusconi, entrambi veneziani, di Giampaolo Coral, figura di spicco della cultura triestina e promotore di giovani talenti, cui si aggiungono quelli di nomi affermati della scena attuale come Georg Friedrich Haas e Michele dall’Ongaro.

L’ MDI, che con  l’Instant Donné di Parigi, l’Imaginaire di Strasburgo e il Quartetto Maurice, valorizza la presenza al Festival delle formazioni più recenti, tutte nate nell’ultimo decennio, sarà interprete (10 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 15.00) di un concerto con nomi autorevoli di Jonathan Harvey, di cui si eseguono Lotuses e Run Before Lightning, Hans Werner Henze, con l’ottetto Quattro Fantasie, ed Elliott Carter di Triple Duo, che “mette in scena” il dialogo tra flauto e clarinetto, violino e violoncello, pianoforte e percussioni.

Un trio dalla storia illustre, lo spagnolo Arbós, fondato nel 1996 e con un repertorio vastissimo che dal classico e romantico arriva ai giorni nostri, è protagonista del concerto (6 ottobre, Teatro Piccolo Arsenale, ore 17.15) in cui spicca la nuova versione per pianoforte, violino, violoncello ed elettronica di Tierkreis, le dodici melodie più popolari di Stockhausen, ispirate ai segni zodiacali e fonte di innumerevoli versioni. A quelle di Stockhausen si aggiungono infatti quelle degli ensemble, gruppi rock compresi. La prima esecuzione avveniva a Royan nel marzo del 1975 ad opera delle Percussions de Strasbourg, e oggi a Colonia, in omaggio al compositore, il carillon di 48 campane restaurato nella Municipio della città, ogni giorno alle 12.00 esegue tutte le melodie grazie ad un computer programmato allo scopo. Ancora nel nome di Stockhausen è la prima assoluta di …senza ritorno, senza rammarico… del compositore e sound-artist, specialista di live electronics Bryan Wolf, assistente personale del maestro tedesco come ideatore del suono dal 1998 fino alla sua scomparsa. Novità assoluta è anche il brano che la Biennale ha commisssionato al trentacinquenne Franco Venturini, Dàimones.

Un altro trio si costituisce attorno a Jacub Tchorzewski, poco più che trentenne talento internazionale del pianoforte, con Anna Armatys al violoncello e la ventiquattrenne Ginevra Petrucci al flauto. Saranno loro ad accompagnare il pubblico della Biennale Musica (12 ottobre, Teatro Piccolo Arsenale, ore 15.00) in un excursus attraverso la musica polacca. A partire dal maestro Witold Lutosławski nel centenario della nascita e da Henryk Górecki, fra i pochi musicisti di contemporanea ad aver raggiunto un pubblico trasversale in tutto il mondo con la sua Sinfonia n. 3, passando per Krzysztof Meyer, allievo di Lutosławski, per arrivare a generazioni più recenti, con Pawel Mykietyn, noto anche come autore di colonne sonore per Wajda e Skolimowski, e il trentacinquenne Marcin Stańczyk, in prima assoluta con una nuova creazione commissionata dall’Istituto polacco a Roma che presenta il concerto.

Un quartetto dall’organico inusuale è il Makrokosmos (12 ottobre, Conservatorio, ore 17.15), con due pianoforti che suonano percussivamente combinati a percussioni melodiche. Prende il nome dal ciclo di George Crumb, ma i quattro solisti decisero di suonare insieme in questa inedita formazione a partire dal 2004 dopo aver eseguito la  Sonata per 2 piani e percussioni di Béla Bartók. Composto dalle due note pianiste turche Ufuk Dördüncü e Bahar Dördüncü, allieve del duo Pekinel, e da François Volpé e Sébastien Cordier alle percussioni, il quartetto propone musiche di autori affermati come Magnus Lindberg e Michael Jarrell, rispettivamente con Related Rocks e Assonance VIIb, che rinnovano la tradizione creata da Bartók, e del ventottenne già apprezzato Christian Mason, in prima italiana con un brano dedicato a Stockhausen, Equinoxes of the Infinite.

Di grande successo è infine il versatile ensemble di solisti Accroche Note, nato attorno al soprano Françoise Kluber e al clarinettista Armand Angster, che grazie alla flessibilità di organico ha potuto affrontare i brani più diversi di musica contemporanea, ma anche cimentarsi nell’improvvisazione jazzistica come di altre tradizioni, affrontando un repertorio amplissimo che dagli autori post-weberniani sconfina nel folk, nel jazz e in tutta la musica improvvisativa. Il programma per la Biennale (12 ottobre, Ca’ Giustinian, ore 20.00) scorre dalle musiche dell’artista multimediale, performer e compositore Pierre Jodlowski, che lavora sull’intersezione tra teatro danza musica elettronica video, alle sonorità metalliche di Yann Robin, cresciuto in seno all’Ircam, passa attraverso le voci remote di ascendenza trobadorica della Saarihao che da Lohn è partita per costruire la sua prima opera, L’amour de loin, e approda sulle note di Ultimos movimiento dell’argentino Luis Naon.

Il Festival rende un doveroso omaggio a Verdi con l’esecuzione del suo unico quartetto grazie al PluralEnsemble, fondato dal compositore argentino naturalizzato spagnolo Fabián Panisiello.  A far da contraltare sono uno dei più apprezzati compositori italiani, Adriano Guarnieri, autore dalla scrittura irta e mai pacificata, che a Venezia e alla Biennale riserva la prima assoluta di Al crepitio del sole, e Fabián Panisiello, che presenta per la prima volta in Italia il monodramma L’officina della resurrezione, basato su un testo originale di Erri De Luca e brani del profeta Ezechiele. Entrambi i brano nascono da una commissione dell’Istituto Italiano di Cultura a Madrid, che promuove l’intero concerto.

Ancora Verdi, questa volta con le trascrizioni strumentali delle sue opere: alla Biblioteca Marciana di Venezia ne sono conservate ben 600 e a questo tesoro attingeranno i musicisti dei Conservatori di Venezia, Rovigo e Vicenza che in assolo, in duo, in ensemble o in coro animeranno i cortili e le sale di Palazzo Pisani (8, 9, 10 ottobre, Conservatorio B. Marcello, ore 20.00).

 

IL TEATRO MUSICALE

Nel suo sguardo aperto sul contemporaneo il Festival offre anche un ampio spettro delle diverse declinazioni del teatro musicale. Dal monodramma di Panisiello al singspiel di Salvatore Sciarrino, alle novità assolute dei trentenni Vittorio Montalti, già Leone d’argento alla Biennale Musica del 2010, e Raffaele Grimaldi. Sono opere realizzate grazie all’apporto di importanti realtà musicali e teatrali italiane.

Aspern di Sciarrino, di cui la Biennale presenta due repliche in collaborazione con il Teatro La Fenice (8 e 10 ottobre, Teatro Malibran, ore 19.00) è un’opera che ha fatto il giro del mondo ma nella più semplice veste di suite. Concepita nel ’78 dalla penna del compositore palermitano, coadiuvato dal regista Giorgio Marini per il libretto, l’opera si ispira ad uno dei più noti racconti di Henry James, Il carteggio Aspern, oggetto anche di trasposizioni cinematografiche e televisive.

L’aumento di Vittorio Montalti e La macchina di Raffaele Grimaldi nascono come commissioni della Biennale di Venezia e sono realizzate in coproduzione con il Teatro Studio di Scandicci e in collaborazione con Teatro La Fenice, Maggio Formazione – Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.

A firmare la duplice regia è un protagonista del rinnovamento della scena teatrale europea degli anni 80, Giancarlo Cauteruccio, attore, regista, scenografo, video artista, autore di spettacoli che strutturano lo spazio teatrale attraverso luci, suoni e immagini. Prima con la compagnia Krypton e quindi alla direzione del Teatro Studio di Scandicci, Cauteruccio persegue una drammaturgia della luce impiegando le più sofisticate tecnologie elettroniche. Da Beckett e Pinter a Shakespeare, i suoi lavori sono stati infatti ospitati non soltanto nei luoghi deputati ma anche da Documenta 8 di Kassel ad Ars electronica di Linz. Per la parte musicale è Mario Ancillotti, fra i più importanti flautisti, a dirigere l’ensemble Nuovo Contrappunto, nato in seno alla Scuola di Fiesole, di cui lo stesso Ancillotti è direttore e instancabile animatore.

Il soggetto del ventinovenne Montalti, su libretto di Giuliano Compagno, attinge direttamente al testo di Georges PerecL’arte e la maniera di affrontare il proprio capo per chiedergli un aumento – e alla sua originalissima scrittura che impiega, come quella di tutti i componenti del movimento letterario dell’OuLiPo, limitazioni formali di ogni tipo, letterarie o matematiche. Così il poema Alfabeti traspone in poesia un principio della musica seriale (non riutilizza una consonante di un insieme prima di aver fatto uso di tutte le altre consonanti del medesimo insieme), mentre L’aumento, rappresenta come in un diagramma tutte le possibili variabili della richiesta di un aumento al capo (quando? in che modo? il mio capo sarà in ufficio? sarà disposto a ricevermi? e sarà di buon umore?).

Con sottile e rara autoironia, La macchina del trentatreenne Raffaele Grimaldi, autore del libretto Diego Giordano, mette in scena il caso di un dottore e della sua assistente che cercano di riportare alla ragione la personalità scissa di un compositore di musica contemporanea.

Entrambe le opere saranno replicate al Teatro Donizetti di Bergamo il 30 ottobre.

 

IL SUONO DEL FUTURO

Arte scienza e tecnologia sono elementi che entrano in gioco nelle ricerche più avanzate sulla spazializzazione del suono.  Che pure ha radici assai lontane, risale alla musica polifonica rinascimentale e alla musica che Monteverdi “costruì” per e sulle architetture della Basilica di San Marco. Se ne erano accorti i compositori che si dedicavano alla musica elettronica, Nono e Stockhausen, fra gli altri, e prima ancora Varèse e Xenakis. Non è infatti un caso che tanti autori del secondo 900 abbiano studiato e si siano ispirati alle musiche polifoniche cinque-secentesche e che il veneziano Nono fosse ossessionato dalla Basilica marciana, culla della spazializzazione del suono. Non poteva essere più appropriato ad un Festival dedicato a spazio e voce il concerto La lontananza: 21st Century cori spezzati (10 ottobre, Teatro alle Tese, ore 17.15), che fin dal titolo esplicita la linea di continuità tra passato presente e futuro. La novità del concerto è proporre Monteverdi e Nono con la nuova tecnologia del Wave Field Synthesis, (WFS), un nuovo metodo di spazializzazione del suono che avvolge lo spettatore in un suono tridimensionale con i suoi 192 altoparlanti e 8 subwoofer, senza essere condizionato dalla posizione dello spettatore. Un suono in 3D, che dà al pubblico la sensazione di un ascolto naturale e amplificato insieme, con la netta percezione di volume profondità e spazio. Accanto ai Madrigali di Monteverdi e a La lontananza di Nono riscritti in chiave WFS, il concerto presenterà anche la novità assoluta della compositrice coreana Ji Youn Kang, scritta interamente per questo nuovo dispositivo acustico, che permette di comporre insieme suoni e spazio.

Con Homoiomèreia, o della mutazione computazionale (8 ottobre, Teatro alle Tese, ore 17.15 e 20.00) entriamo invece nel mondo immaginifico degli strumenti musicali di Pietro Luca Congedo, percussionista, scelto da Stockhausen per i suoi assoli percussivi, compositore e soprattutto studioso di elettronica. Ha creato nuovi strumenti a percussione chiamati Perscultroníc, con cui ha ideato musiche per performance, installazioni e immagini; ha dato consistenza ai sogni leonardeschi, realizzando un monumentale tamburo automatico con 12 braccia battenti pilotate da computer a partire dai disegni del Codice Atlantico. A Venezia farà ascoltare la “voce della materia” con le sue nuove invenzioni strumentali che assemblano apparati percussivi, protesi, automazioni ed elettronica. E’ lo “spettacolo della materia” trasformata in fenomeno acustico, restituendo tutte le vibrazioni e le tensioni presenti nelle sue strutture molecolari. Congedo fa della realtà fisica uno spettacolo materialista e, insieme, metafisico.