Guerzoni e il “decollage” dell’affresco

La città di Firenze si presenta davvero come il luogo adatto a una mostra che ha per titolo La parete dimenticata, come questa realizzata dall’artista modenese Franco Guerzoni (Modena, 1948), incentrata sulla sua ricerca, a partire dalla prima metà degli anni Ottanta (allora provenendo da una formazione concettuale legata alla fotografia, se ne liberò progressivamente orientandosi in primo momento attraverso la carta e in seguito giungendo a utilizzare grandi carte gessose lavorate con particolare insistenza) attorno al tema della memoria.

Infatti Firenze di tali pareti dimenticate è ricca e a due di queste è legato uno dei più famosi rompicapo che la storia dell’arte ricordi.

Mi riferisco al mistero ancora non risolto, rispetto a ciò che effettivamente resta dei murali della Battaglia Anghiari affrescata da Leonardo da Vinci, in contiguità con Michelangelo Buonarroti che sulla parete accanto realizzò la Battaglia di Cascina, che nel Cinquecento, al tempo della signoria medicea, erano ancora pienamente visibili nella sala del Gran Consiglio in palazzo Vecchio.

Per cui il titolo scelto da Guerzoni per quest’esposizione nell’Andito degli Angioini di Palazzo Pitti, che ci presenta il suo significativo percorso di quest’ultimo decennio, è perlomeno evocativo.

Se la carta avrà per lui nel corso degli anni Ottanta una vera e propria funzione liberatoria dalla tirannide dell’immagine patinata, al suo continuo lavorio è legata anche la sua fondamentale riflessione sul valore del bianco e quindi sulla luce.

Un bianco spesso calcinato quello di Guerzoni, intriso di picchettature, percorso da continue frane, smottamenti, rovine e crateri, che rende il suo lavoro un’evocazione archeologica del valore del frammento pittorico dell’affresco, per sé ricco di memoria, di fatti e di avvenimenti trascorsi.

Guerzoni si pone quindi sullo stesso piano dell’archeologo, ma con la fondamentale differenza che il suo intento non è quello di ricostruire ma piuttosto quello di evocare.

Una memoria ancora presente che lascia delle tracce visibili nella storia, ma che reca in sé i segni dell’usura del tempo, che porta nella sua materia ferita solo l’impronta cromatica soffusa di una bellezza armonica di un tempo che fu.

 

Ed è così che i caratteri formali del suo ‘fare’ pittura, come l’autonomia del colore e la priorità del valore del segno come continuo lavorio della superficie solcata, si pongono con una grande coerenza linguistica, attestando la sua appartenenza al grande ceppo dell’informale europeo, da Wols a Fautrier, che in Italia vanta precedenti come Licini e Gastone Novelli, Turcato e Scialoja, ma con la particolarità che il suo percorso (in questo contesto, la cosa si pone con una certa evidenza anche per l’uso di frammenti di materiali eterogenei poveri) si riferisce a un tutto armonico che è stato in qualche modo strappato, a un’armonia unica deturpata, della quale restano solo dei lacerti di una bellezza ferita, come una sorta di “décollage” dell’affresco.

 

Vladek Cwalinski

 

 

 

Franco Guerzoni, La parete dimenticata

Fino al 7 aprile 2013

Andito degli Angioini, Palazzo Pitti, Firenze

Catalogo Skira

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