Un mecenate che non amava apparire

 

Jonas Netter (Strasburgo, 1867 – Parigi, 1946), uno dei più grandi collezionisti di pittura del secolo scorso, si era trasferito a Parigi dall’età di cinque anni a seguito del padre, agiato industriale.

Applicandosi con rettitudine e costanza alla sua attività di rappresentante per varie ditte raggiunse in breve tempo una larga agiatezza economica, che gli permise di coltivare una profonda passione per la pittura attraverso il collezionismo, l’amicizia e il sostentamento degli artisti.

All’arte si era avvicinato per caso, quando, nel 1915, ricevuto dal prefetto parigino Léon Zamaron, aveva notato a una parete del suo ufficio un’opera di un pittore sconosciuto, Maurice Utrillo.

Visto il suo apprezzamento per il quadro il prefetto gli aveva in seguito presentato un giovane mercante polacco, Léopold Zborowski, dal quale l’aveva acquistato.

Netter rimase affascinato dalla personalità esuberante di Zborowski e aveva in seguito concluso un contratto entrando società con lui, ritenendolo il collaboratore ideale nell’individuare artisti, perlopiù giovani e ancora non conosciuti, nel gestire i rapporti con loro e nella scelta delle loro opere da rivendere.

Dal canto suo Netter, grazie al suo remunerato lavoro, lo finanziava costantemente, mettendolo in condizione sia di pagare gli stipendi agli artisti, le forniture di materiali, gli affitti e le spese vive.

I due si ritrovarono in affari, con Netter in un apparente ruolo di secondo piano, non in vista, ma rispettoso, preciso, rigoroso, metodico, nell’adempiere ai suoi doveri, sia di mecenate che di collezionista.

A quest’originale coppia di soci dai temperamenti così diversi tra loro, deve gran parte della sua fortuna la Scuola di Parigi.

Questa definizione si riferisce a un modo di vivere bohémienne, tipico degli artisti di Montparnasse che si alimentava dell’atmosfera di assolutà libertà che, nei cosidetti “anni folli” al termine della Grande Guerra, si respirava nella cosmopolita Parigi e che influì profondamente sulla loro poetica.

“Tutti e tutte vogliono vivere la loro vita. […] Non si viveva bene che qui. Liberamente! Ecco la grande parola, la parola-chiave […] L’amore libero, l’arte libera”, scrisse Kiki de Montparnasse, una testimone importante di quegli anni.

Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920), Maurice Utrillo (Parigi, 1883 – Dax, 1955) e Chaim Soutine (Smiloviči, 1894 – Parigi, 1943) ma anche altri, soprattutto ebrei emigrati a Parigi dai paesi dell'est, tra cui Moïse Kisling (Cracovia, 1891 – Sanary-sur-Mer, 1953), Pinchus Krémègne (Žaludok, 1890 – Céret, 1981), Henri Epstein (Lodz, 1891 – Auschwitz, 1944), Jan Waclaw Zawadowski (Skobelka, 1891 – Aix-en-Provence, 1982), Michel Kikoïne (Gomel, 1892 – Cannes, 1968), Eugène Ébiche (Lublino, 1896 – Varsavia, 1987), Zygmunt Landau (Lodz, 1898 – Tel Aviv, 1962), Henri Hayden (Varsavia, 1883 – Parigi, 1970), Aizik Feder (Odessa, 1886 – Auschwitz, 1943), trovarono in Netter, anch’egli ebreo, sia un amico, che un sicuro sostegno finanziario nei loro frequenti momenti di difficoltà economica.

Modigliani fu il primo artista a legarsi in contratto a Zborowski.

Netter lo aiutava regolarmente e aveva per la sua opera un’autentica passione, come testimoniano gli splendidi ritratti esposti, tra cui Fanciulla in abito giallo o la compagna Jeanne Hébuterne, l’amico pittore Soutine, il mercante Zborowski, che si presentano con caratteristiche espressioni malinconiche.

Nel 1916 Modigliani aveva presentato a Zborowski un pittore lituano dal grande talento, Soutine.

Questi però in un primo momento non convinse e il mercante polacco gli proporrà un contratto  con la sua galleria solo nel 1919.

L’espressività deformante del suo dipingere invece piacerà molto a Netter che acquisterà una gran quantità di opere, ritratti, come La pazza o Donna in verde, oppure paesaggi, come Scalinata rossa a Cagnes o Strada in salita, oppure nature morte, come Pesci o Bue, che testimoniano una forte carica drammatica che ancor oggi non ha perso la sua energia.

Il terzo artista che appassionerà particolarmente Netter fu Maurice Utrillo, figlio di Susanne Valadon anch’essa pittrice, con il quale instaurerà un rapporto di profonda amicizia, aiutandolo costantemente, anche nei suoi frequenti momenti di difficoltà dovuti alla dipendenza dall’alcool.

Soutine infatti incominciò a dipingere molto giovane come terapia medica per smettere di bere, dimostrando sin dagli esordi un grande talento.

I suoi paesaggi en plain air, oppure copiati da cartoline, come Piazza della chiesa a Montmagny, o Porte Saint-Martin, oppure Rue Muller a Montmartre, rivelano il suo grande amore per Parigi e sono così originali e profondi da sfuggire a ogni tentativo di definizione, testimoni della poesia della vita povera vissuta nel quartiere di Montmartre, così com’era prima della Grande Guerra.

Modigliani, Soutine e Utrillo, nei loro rapporti con Zborowski e Netter, sono dunque tre vite appassionate, vissute sino in fondo, senza risparmiarsi, emblematiche vette poetiche di un incredibile fermento creativo molto più vasto, quello della Scuola di Parigi, che ha incarnato lo spirito dell’epoca contribuendo a rifondare le basi dell’arte moderna.

 

 

Vladek Cwalinski

 

    

 

 

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti – La collezione Netter

Fino all’8 settembre 2013

Palazzo Reale, Milano

Catalogo: 24 ORE Cultura

 

 

 

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