“L’illustre e sconosciuto” contemporaneo Degas di Vladek Cwalinski

 

Quello che stupisce delle opere della piena maturità e vecchiaia di Edgar Degas (Parigi, 1834 – 1917) – dal 1886, anno dell’ultima mostra della Societé Anonimé des Artistes Peintres, Sculpteurs, Graveurs altrimenti conosciuti come impressionisti, alla quale partecipò come membro storico dell’associazione sin dal suo esordio nel 1874, al 1912 quando, a causa della sua vecchiaia e dei crescenti disturbi alla vista che lo porteranno alla cecità, decise di trasferire la sua abitazione e il suo studio da rue Victor Massé a Boulevard de Clichy – è la loro energia che ce le fa percepire a noi contemporanee.

 

Infatti la strada che decise d’intraprendere come “artista indipendente” nel 1886 l’aveva portato a esporre una sequenza di pastelli, con tagli fotografici e primi piani fortemente ravvicinati, di donne impegnate ai loro lavaggi da toilette, non era più in linea con le ricerche realizzate dagli altri, Pissarro e la Morisot innanzitutto, in una mostra assai eterogenea che, per colmare le numerose assenze, vedeva anche la presenza di giovani artisti come Georges Seurat e Paul Signac.

Certamente gli impressionisti non si erano mai sentiti un gruppo, quanto piuttosto una libera associazione di artisti, ma la via intrapresa da Degas a partire da quell’occasione mostrava una ricerca assolutamente nuova.

Se ne accorse anche il mercante d’arte Durand Ruel, che nel 1892 gli organizzò un’esposizione personale a Parigi, quando si vide arrivare nella sua galleria tutta una serie di paesaggi su carta, appunti e ricordi realizzati a memoria di un recente viaggio in Borgogna fatto da Degas nel 1890, tutti monotipi, dal nero a un’infinita scala di grigi che portava al bianco, poi ritoccati a pastello, scarni, slavati, essenziali, ridotti a impronte, che col tradizionale paesaggio impressionista en plain air non avevano più nulla a che vedere.

I colori pastello, granulosi, delicati, insoliti, su quei paesaggi in bianco e nero, erano una novità assoluta, che apriva a una sensibilità percettiva nuova, che anticipava la visione sognante dei simbolisti.

Ovviamente la sua scelta sorprese sia il pubblico che la critica, che non riconosceva più il pittore di fantini a cavallo e ballerine che credevano d’aver conosciuto sino ad allora, ma che avevano perso di vista negli ultimi tempi, visto che Degas non esponeva più se non in casi eccezionali come quello e aveva incominciato a rifornire il mercato dell’arte delle sue opere privatamente. 

Con il ricavato delle vendite si era progressivamente costruito una collezione imponente di opere d’artisti che lo interessavano come Ingres, Delacroix, stampe dei maestri giapponesi, El Greco, ma anche alcuni suoi contemporanei allora meno apprezzati, come Paul Cézanne, o ancora sconosciuti come Paul Gauguin e Vincent Van Gogh.

I suoi pastelli presenti in questa mostra eccezionale si presentano dunque come una sua riflessione sull’arte francese della quale era un appassionato conoscitore, nel tentativo di ricondurre in unità la spinta descrittiva e razionale, riconducibile a Ingres, con quella cromatica, allusiva ed emozionale, di Delacroix.

“E’ strano, ti assicuro che nessun arte è meno spontanea della mia. Ciò che faccio è il risultato della riflessione e dello studio dei grandi maestri; dell’ispirazione, spontaneità, temperamento io non so nulla…”, disse.

Così, a partire dalla seconda metà degli anni 80 del XIX secolo, Degas restrinse volontariamente la sua ricerca (oltre ai paesaggi a pastello su monotipo) a soli quattro temi che l’avevano sempre appassionato sin dagli esordi: le ballerine, i nudi femminili intenti a lavarsi o asciugarsi i capelli, i fantini a cavallo e i ritratti di amici o conoscenti.

Se i temi erano quelli soliti, con una spiccata propensione verso la bellezza del corpo femminile, sorpreso sul palco, o dietro le quinte durante gli esercizi di riscaldamento muscolare, oppure nell’intimità domestica, il suo modo di affrontarli era radicalmente nuovo. 

Degas sperimentò in nuove direzioni mai tentate da nessuno, sia nella composizione sia nella scelta, assolutamente inusuale allora, di combinare tra loro materiali e tecniche differenti.

Su disegni a carboncino che descrivevano situazioni diverse, sorprese con un punto di vista estremamente ravvicinato e con pose assolutamente inusuali, da sembrar riprese da una telecamera, incominciò ad applicare pastelli a olio, a tratti singoli, paralleli, incrociati, picchettati.

Poi li sfregava con la spazzola, li strofinava con gli stracci sulla superficie della carta o della tela e li vaporizzava col calore per far sgranare i colori alterandone la loro consistenza e luminosità originarie in modo da creare attorno e persino dentro la carne di queste donne un’aura luminosa iridescente, che le trasportava per incanto in uno spazio e in un tempo indefinibili. 

I suoi pastelli si presentano dunque come dei fotogrammi emozionali, concepiti come sequenze seriali di un unico processo generativo tematico.

Unici nella loro immediatezza, sensualità e luminosità, aprono nuove prospettive, anche per le sue opere ad olio su tela, che seguono sempre in seconda battuta le idee e i suggerimenti, sul modo d’impiegare il colore, in essi contenuti.

Si assiste così ad un’epopea che rivoluziona il modo di intendere il nudo femminile, assimilando attraverso i toni vaporosi e le campiture di colore in grado di creare da sole lo spazio a una geniale comprensione e traduzione del contrasto in scale di grigi delle stampe fotografiche ai sali d’argento.

Questo scambio continuo di idee tra discipline differenti, come fotografia, scultura, pastello, pittura a olio e monotipo, fanno di Degas un precursore, alla pari di Van Gogh e Gauguin, dell’arte moderna, di più, gettano le basi di una prospettiva di lavoro che arriva alla contemporaneità, ad artisti come Marlene Dumas.

I suoi pastelli rimangono ineguagliabili nell’era moderna.

Suscitarono più di un ammiratore negli artisti più giovani che vedevano in lui un pioniere dell’avanguardia.

Se Pierre Bonnard e Edouard Vuillard guardarono a lui per le atmosfere sensuali basate sulle larghe campiture di colori, Henri de Toulouse Lautrec se ne ricordò perché era ossessionato dal tema del nudo femminile in attesa, se il giovane Pablo Picasso ne comprese acutissimamente la lezione nei suoi straordinari pastelli parigini d’inizio secolo, Henri Matisse se ne ricordò quando interveniva sui volti direttamente col colore a modificarne la percezione, così Francis Bacon che partendo dal suo esempio, esasperò la concezione del corpo umano come terreno di battaglia tra forze opposte.     

 

Vladek Cwalinski

 

Fondation Beyeler

Baselstrasse 101, CH-4125 Riehen/Basel

Basilea

Edgar Degas

Fino al 27 gennaio 2013

www.fondationbeyeler.ch

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