DON GIOVANNI, A CENAR TECO ALL’ELFO PUCCINI DI MILANO

SALA SHAKESPEARE | 2 – 13 MAGGIO

 

DON GIOVANNI, A CENAR TECO

 

drammaturgia Antonio Latella e Linda Dalisi

regia Antonio Latella

scene e costumi Fabio Sonnino

disegno luci Simone De Angelis

con Caterina Carpio, Daniele Fior, Giovanni Franzoni, Massimiliano Loizzi, Candida Nieri, Maurizio Rippa, Valentina Vacca

produzione Stabile/Mobile compagnia Antonio Latella

in collaborazione con Teatro Stabile di Napoli, Nuovo Teatro Nuovo

 

Debuttato il 3 marzo 2011 al Teatro San Ferdinando di Napoli, lo spettacolo che Antonio Latella ha dedicato al personaggio di Don Giovanni era nato come esito finale della collaborazione tra il Nuovo Teatro Nuovo e il Teatro Stabile di Napoli, diretto allora da Andrea De Rosa.

In scena la compagnia stabile di attori che ha condiviso il progetto sul Fondamentalismo (nell'ambito del quale erano stati diretti da Latella e De Rosa, ma anche da MK, Pierpaolo Sepe, Paula Diogo, Tommaso Tuzzoli e Agnese Cornelio), a cui si unisce Maurizio Rippa, attore e contraltista napoletano già nel cast delle Nuvole e Mamma Mafia.

Presentare in tournée questo spettacolo significa quindi portare una testimonianza di tutta la progettualità messa in campo l'anno scorso a Napoli: il tentativo di scardinare dei processi produttivi attraverso la costruzione di un ensemble di attori, drammaturghi, tecnici, collaboratori artistici, assistenti e organizzatori. Questa tensione è alla base della costituzione di Stabile/Mobile compagnia Antonio Latella e Don Giovanni, a cenar teco ne è testimonianza fortissima, portandone in scena sia l'aspetto artistico e formativo, sia quello produttivo: il fondamentalismo della potenza visiva e drammaturgicamente politica del teatro unito a quello di un'economia di mezzi e di risorse. 

 

Don Giovanni, mi spaventa perché è un vampiro della vita: dove vede amore si butta per nutrirsi e vivere, non credo per amare, ma per innamorarsi di quello slancio di amore ancora incontaminato e possederlo, per poi gettarlo via una volta posseduto. Solo linfa, solo ossigeno, solo carne fresca da togliere ai denti di altri… Come fa Don Giovanni ad amare Dio se tutti amano Dio? È come se egli stesso volesse essere quel corpo da venerare, e solo così ottenere la vittoria sulla preda inerme; e fino a quando non avrà vinto non troverà pace. Ma anche se si dispererà, sarà nell'illusione di soffrire pene d'amore. È un teorema spietato sull'inganno e sulla matematica dell'amore e non sul sentimento dell'amore. L'amore è il divino: io credo che nell'amore esista Dio. Nell'amore è racchiusa la possibilità più alta che l'uomo ha a disposizione: l'amore è un dono divino che non chiede e non pretende nulla in cambio. In questo teorema sovversivo e oscuro, Sganarello è Molière che accompagna il bestemmiatore, sedotto egli stesso dalla bestemmia ma con la sola differenza che per lui l'amore è il mondo che frequenta, non le donne, ma la vita stessa, il teatro di cui si nutre e per il quale accetta ogni compromesso. Molière muore per il suo teatro, non c'è atto più fondamentalista di questo. La critica violenta fatta a lui e al suo teatro è la statua che si erige al di sopra di tutto e punta il dito su ciò che è giusto o no, partendo da un punto di vista che troppo ha a che fare con la chiesa che dice "ama un solo Dio", e cioè: "ama me e basta". Parole parole parole.                                                                                                

 Antonio Latella

 

L'autentico colpo d'ala, aggiungo, è che Latella fa reagire con il Dom Juan di Molière per un verso, il Don Giovanni di Mozart e per l'altro, il Don Giovanni o l'amore per la geometria di Frisch…
 Perfetta, d'altronde, risulta l'equivalenza fra un simile quadro concettuale e l'aspetto formale dell'allestimento: a partire dal seguipersona montato su una sedia a rotelle (l'impotenza del teatro come pura rappresentazione), si sviluppa un contesto che oscilla tra giochi infantili (il rimpianto dell'innocenza perduta), sessualità esibita (il «porno» di un quotidiano ridotto a superficie), happening in platea (il disperato/svagato bisogno d'incontro) e sortite da varietà ruspante (l'anarchica rivolta contro gli schemi). E non a caso la colonna sonora mescola, a prescindere dalle arie e dai recitativi ripresi da Mozart, Sognando di Don Backy e l'Each man kills the thing he loves di Oscar Wilde, l'«ogni uomo uccide ciò che ama» che appartenne, nel Querelle di Fassbinder, all'estenuata e pure indomita Jeanne Moreau.
 Ma insomma, non la faccio lunga. Don Giovanni, a cenar teco è uno spettacolo importante, tanto quanto le citate idee che lo sorreggono. E assolutamente adeguati ne appaiono gl'interpreti: Daniele Fior (Don Giovanni), Massimiliano Loizzi (Sganarello), Valentina Vacca (Elvira), Maurizio Rippa (Don Luigi), Caterina Carpio (Charlotte), Giovanni Franzoni  (Pierrot) e, in particolare, Candida Nieri, una Mathurine che incarna la sola bellezza che oggi ci tocchi: ondivaga, persino cialtrona e tuttavia caparbiamente radicata nel sogno di farsi misura e riscatto del mondo.

                                                   Enrico Fiore, Il mattino

 

 

 

 

Sala Shakespeare, Elfo Puccini, da 20 al 25 marzo (feriali ore 20.30, festivi ore 15.30) – Intero 30.50 €, ridotto giovani/anziani 16 €, martedì posto unico 20 € Info e prenotazioni: tel. 02.0066.06.06, biglietteria@elfo.org – www.elfo.org

 

 

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