Gli ABITANTI del MUSEO n.2:Emilio Tadini

Fondazione Marconi – Arte Moderna e Contemporanea
Via Tadino, 15 – 20124 Milano – tel. 02.29419232 fax 02.29417278
Inaugurazione 19 Novembre 2009 ore 19.00
Durata mostra dal 20 Novembre 2009–16 Gennaio 2010
Da martedì a sabato, 10.30-12.30, 15.30-19.00
Gli ABITANTI del MUSEO n.2:  
Color & Co.,1969 / Archeologia, 1973 / Museo dell’uomo, 1974/ L’occhio della pittura, 1978  di   Emilio Tadini    

Il secondo appuntamento del nuovo ciclo di mostre, Gli Abitanti del Museo, sarà dedicato  a un gruppo di opere di Emilio Tadini, Color & Co. del 1969, Archeologia del 1973,  Museo dell’uomo del 1974 e L’occhio della pittura del 1978, esposte dagli anni Settanta ad oggi in mostre personali e collettive presso importanti musei. Queste opere  hanno testimoniato il lavoro di Tadini in mostre rappresentative dell’arte italiana come “20 Artistas Italianos” del Museo de Arte Moderno d i Città del Messico nel 1971, “Arte Italiana 1960-1982” alla Hayward Gallery di Londra nel 1982 e “Italics.Arte Italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008” a Palazzo Grassi, Venezia nel 2008.  Non solo, hanno anche fatto parte di mostre antologiche dedicate ad Emilio Tadini come quella itinerante tenutasi tra il 1995 e il 1996 nei tre musei tedeschi, l’Institut Mathildenhoe di Darmstadt, il Kulturhistorisches Museum di Stralsund e il Bochum Museum di Bochum e quella che si è tenuta a Milano a Palazzo Reale nel 2001.
Con questo nuovo ciclo di mostre, Gli Abitanti del Museo, Giorgio Marconi vuole essere più specifico e “provocante” nella revisione del lavoro svolto nei quarantanni dello Studio Marconi (1965-1992) partendo dall’analisi di opere esposte nei musei con una rilettura in base agli scritti dell’epoca e di oggi. Riprendendo l’idea dei “giornalini” dello Studio Ma rconi degli anni ’70 e inizio ’80, le mostre del ciclo degli Abitanti del Museo saranno accompagnate dai Quaderni della Fondazione Marconi.  Il secondo numero dedicato a Tadini  riproporrà una selezione di testi critici del passato tra i quali si segnalano quello di Guido Ballo, Marco Livingstone e Roberto Sanesi, assieme a due nuovi testi  scritti appositamente da Arturo Carlo Quintavalle e  Klaus Wolbert su Color & Co., Archeologia, Museo dell’uomo e L’occhio della pittura.
Klaus Wolbert descrive Emilio Tadini come “un letterato che ha mostrato talento e ottenuto successo anche come saggista, critico e giornalista; ama definirsi in pittura un propugnatore di una visione illuminata, razionale e riflessiva del mondo, così come delle tematiche intorno alle quali ruotano i suoi interessi.” Tra le tematiche sviluppate dall’artista tra il 1969 e il 1974, rientrano i cicli Color & Co., Archeol ogia e Museo dell’uomo, di cui quindici opere, già ospitate nei musei sopra citati, saranno esposte al primo e secondo piano della Fondazione Marconi.
In Color & Co, come scrive Wolbert, “Tadini pone in discussione cosa sia un dipinto nella sostanza pittorica e quale sia il fattore determinante per un’opera d’arte”; la pittura è ridotta a vasetti e vasche di colore dissociando così il colore dall’immagine e sottolineandone quindi la materialità ma che prende forma e “forme” nelle combinazioni dei colori: non c’è nessuna allusione metafisica, ma è solo rappresentato l’oggetto in quanto oggetto.  In Archeologia, messe in scena di oggetti appaiono nello spazio pittorico: la poltrona, la pianta, la maschera e il manichino sono ricordi. Per Tadini, infatti, “archeologia” è rievocare la memoria; Quintavalle, a questo proposito, sottolinea: “Ar cheologia è quindi e prima scomposizione, perchè il sogno e la pittura dissociano, isolandoli, gli oggetti, poi ricerca di associazioni diverse che siano comunque significative, lo spostamento”. In Museo dell’uomo la scena si allarga, si moltiplicano i personaggi e gli oggetti volano in tutte le direzioni perdendo completamente il loro senso e la loro funzione. Un caos privo di angoscia e tristezza: una semplice constatazione dell’attuale condizione umana.  Compaiono qui le parole che sconfinano dal testo e s’inseriscono nella pittura quali immagini come riferimenti all’universo letterario del Tadini scrittore. Quintavalle, prendendo ad esempio, il grande dipinto intitolato “Festa e forma del cibo”, scrive: “Tadini intende la pittura come regressione all’originario e quindi attraverso l’inconscio intende restituire a questo apparente disordine, un ordine diverso, quello della ragione, da qui forse il titolo che propone un bisogno primario, quello del cibo, ma anche la sua trasformazione negli oggetti ossessivi della società del consumo”.

Emilio Tadini
Nato a Milano nel 1927, si laurea in lettere e si distingue subito tra le voci più vive ed originali nel dibattito culturale del secondo dopoguerra. Nel 1947 esordisce su “Il Politecnico” di Elio Vittorini con un poemetto, cui fa seguito un’intensa attività critica e teorica sull’arte (Possibilità di relazione,1960; Alternative attuali, 1962; l’ampio saggio Organicità del reale, su “Il Verri”). Nel 1963 esce il suo primo romanzo,  Le armi l’amore (Rizzoli), cui seguono nel 1980 L’opera (Einaudi), nel 1987 La lunga notte (Rizzoli), nel 1991 il libro di poesie L’insieme delle cose (Garzanti) e nel 1993 l’ultimo romanzo, La tempesta (Einaudi).  Al lavoro critico e letterario Tadini affianca sin dal la fine degli anni Cinquanta la pratica della pittura. La sua prima esposizione personale è del 1961 alla Galleria del Cavallino di Venezia. Fin dagli esordi sviluppa la propria pittura per grandi cicli, costruendo il quadro secondo una tecnica di sovrapposizione di piani temporali in cui ricordo e realtà, tragico e comico giocano di continuo uno contro l’altro. Dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconie nel corso degli anni Settanta tiene esposizioni personali all’estero, a Parigi, Stoccolma, Bruxelles, Londra, Anversa, negli Stati Uniti e in America Latina, sia in gallerie private che in spazi pubblici e musei. È presente in numerose collettive.  Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1978 e nel 1982, allestisce una grande personale alla Rotonda di via Besana nel 1986, dove espone una serie di tele che preannunciano i successivi cicli dei Profughi e delle Città italiane, quest’ultimo presentato poi nel 1988 alla Tour Fromage di Aosta. Nel 1990 espone allo Studio Marconi sette grandi trittici. Del 1992 è la mostra Oltremare alla Galerie du Centre di Parigi. Nel 1993 la mostra Oltremare, con nuovi quadri, è riproposta da Marconi a Milano. Nel 1995 espone alla Villa delle Rose di Bologna otto trittici del ciclo Il ballo dei filosofi. A partire dall’autunno del 1995 fino all’estate del 1996 ha luogo in Germania una grande mostra antologica nei musei di Stralsund, Bochum e Darmstadt, accompagnata da una monografia a cura di Arturo Carlo Quintavalle. Nel 1996 Il ballo dei filosofi è riproposto da Marconi.
Nel 1997 tiene mostre personali presso la Galerie Karin Fesel di Düsseldorf, la Galerie Georges Fall di Parigi e il Museo di Castelvecchio a Verona. Gli ultimi cicli esposti sono quelli delle Fiabe e delle Nature morte. Nel 1999 presenta il ciclo delle Fiabe alla Die Galerie di Francoforte. Per alcuni anni è commentatore del &ldqu o;Corriere della Sera” e dal 1997 al 2000 è presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera.  Nel 2001 gli è dedicata un’ampia retrospettiva nel Palazzo Reale di Milano.  Muore nel settembre 2002. Nella primavera del 2005 il Museo Villa dei Cedri di Bellinzona gli dedica  una grande mostra antologica. Nel 2007 viene inaugurata a Milano la mostra Emilio Tadini 1960-1985. L’occhio della pittura, negli spazi espositivi delle Fondazioni Marconi e Mudima e dell’Accademia di Brera.
Fondazione Marconi (info@fondazionemarconi.org)

Cristina Pariset
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