THE BLUE PLANET

Introduzione

Saskia Boddeke, Peter Greenaway 

 Il mondo ha avuto un inizio farfugliante. Dio, a quanto ne sappiamo, ha tentato di rigenerare il mondo almeno tre volte. La terza è stata quella fortunata? Siamo ancora nella terza fase fortunata. Sta per finire? Dio si persuaderà di intraprendere un quarto tentativo?  La prima volta Dio fece un giardino e lo riempì di animali, di un uomo e di una donna. Non funzionò perché vi incluse un serpente che suggerì a Eva di aggiungere il dissenso e la disobbedienza all’ordine delle cose. Cosa è successo al giardino dopo che Adamo ed Eva ne furono cacciati? Cadde nell’oblio. Adamo ed Eva, moltiplicandosi nel mondo, crearono altri guai. Un Dio preoccupato dovette inondare il mondo per liberarsi da parassiti malvagi. Affogarono tutti. Un’ammissione di colpa per essersi preso la domenica libera? Dio non avrebbe dovuto essere così indolente. Avrebbe dovuto finire il lavoro come si deve – niente domeniche!  E si sbagliò di nuovo con Sodoma e Gomorra. Il nuovo inizio sull’Ararat fu annullato. Eva diviene irrilevante; la signora Noè ora la madre di tutta l’umanità. L’inizio numero tre avvenne nelle “città della pianura”, e questa volta con il fuoco. I parassiti malvagi vennero bruciati vivi. La signora Noè divenne irrilevante proprio come Eva, mentre divennero importanti le due figlie di Lot. E noi sappiamo come essi concepirono i loro bambini. Solo che, a rifletterci sopra un momento, essi erano obbligati a praticare la continuità umana allo stesso modo dei figli di Eva e dei figli della signora Noè.  Prima fu l’incostanza dei giardinieri, poi l’inondazione, ed ora, terzo, il fuoco. Espulsione, diluvio, conflagrazione. Terra, acqua, fuoco. Un Dio aspro davvero! E noi abbiamo fatto del nostro meglio per fargli fare tutto il lavoro. E ora stiamo perseverando. Terra, acqua e fuoco. Il quarto elemento fondamentale è l’aria. Stiamo aggredendo l’aria stessa della Terra. La intorbidiamo con fumo, adulteriamo la sua trasparenza, la appesantiamo con polvere di carbone, la rendiamo difficile da respirare. Si dice che l’Uomo può vivere senza riparo per tre anni, senza cibo per tre settimane, senz’acqua per tre giorni, e solo per tre minuti senza l’aria. Dio, scorrendo la lista degli elementi, ci punirà la prossima volta con un attacco all’aria. Egli cancellerà l’aria. E noi moriremo tutti. Ci vorranno solo tre minuti.  Avendo ripercorso le punizioni di Dio – il modo migliore per capire come Lui lavora –, prenderemo l’acqua come soggetto attuale per realizzare una ri-presentazione degli eventi del primo diluvio biblico, quando Noè costruì un’arca e lottò contro i suoi familiari per convincerli a salirvi a bordo ed essere salvati dalle acque.  La Terra, il Pianeta Blu, è per quattro quinti fatto d’acqua, l’uomo per otto decimi, tutti siamo nati nel liquido amniotico. Dolorosamente e molto molto lentamente, abbiamo trascinato noi stessi fuori dal mare per colonizzare la terra. E niente affatto lentamente, ma molto molto velocemente, stiamo coprendo la terra con la nostra melma. Il signor Noè è stato il primo, costruendosi un gabinetto penzolante sul mare a poppa dell’arca, sul lato destro. Chiazze di merda giù per la fiancata dell’imbarcazione di legno.

Il protagonista principale di questo dramma musicale, The Blue Planet, con la musica di Goran Bregović, i musicisti della Brigata Sinfonica sulla scena, schermi, un bacino pluviale, luci e

proiezioni cinematografiche, non è Noè, ma è sua moglie, Joan. Ella non avrà scambi con un marito che ha talmente insozzato il pianeta da dover chiedere al suo Dio di ripulirlo con una risciacquata. Ella non vuole dare a Noè e all’Umanità la possibilità di ripetere i propri errori, e rifiuta di salire a bordo; se lo facesse li incoraggerebbe all’autoindulgenza e a non imparare mai. Lei vuole che l’Umanità impari a correggere i propri errori. Così affida a un requiem in lode della magnificenza e bellezza del mondo, a un lamento per l’abuso che il mondo sta soffrendo, e a una rivendicazione, di riconoscere i problemi e trovare la riconciliazione, per ritrovare davvero il Giardino dell’Eden perduto e dimenticato, e ricostruirlo. La risoluta decisione di non cooperare con Noè, e di non perdonare in tal modo la sua condotta inquinante, non dura, per riguardo verso i figli, i quali come preludio alla sua sopravvivenza la incoraggiano a imparare a nuotare. Ancor più grande del loro amore per lei, è l’amore, e la responsabilità, di lei verso di loro. E naturalmente diventa una grande, magnifica nuotatrice, una superstite assoluta per tutti loro. Quando arriva la pioggia, gli animali vengono radunati e tutti s’arrampicano a bordo. Joan, moglie di Noè, attraverso il senso di responsabilità per i figli e il loro benessere, accorda a tutti noi un’altra possibilità, e getta il suo arcobaleno nel cielo, come prova del suo ottimismo per un nuovo inizio.    

Il Mito del Diluvio  In una situazione particolare del nostro pianeta in cui gli scienziati disegnano ogni giorno scenari sempre più catastrofici, l’artista non può fare altro che far affiorare nella memoria dei suoi contemporanei l’episodio della Bibbia che narra di Noè e dei suoi figli in balia delle acque dopo un diluvio universale durato quaranta giorni e quaranta notti. Peter Greenway e Saskia Boddeke si ispirano al racconto biblico della Genesi, ma noi non sapremo se la nuova Arca di Noè apparirà sulle acque prima o dopo un diluvio universale. Sicuramente – come nella Genesi – l’Arca porterà ai nostri occhi le immagini di un evento straordinario che stravolge il nostro “pianeta azzurro”: un evento governato da Dio, ma che ha origine dal comportamento degli uomini. Un nuovo diluvio universale pende sulla nostra testa: sarà questa volta un diluvio provocato dagli stessi uomini e non una punizione divina? L’arca sarà caria degli uomini di buona volontà? O l’arca sarà il simbolo di una umanità che ha finalmente compreso la necessità di cambiare profondamente i propri comportamenti scellerati? Gli artisti non possono dare risposte ma solo porre degli interrogativi a cui ognuno di noi potrà e dovrà dare le proprie risposte. 

 Un mito universale Il mito del diluvio e dell’arca non appartiene solo alla cultura occidentale. Nella mitologia greca si narra di Deucalione, figlio di Prometeo, sopravvissuto con sua moglie all’ira di Zeus che mise fine all’età di bronzo con un grande diluvio. Ma il mito è presente nella cultura dei Sumeri che risale al 2900 a.c. e compare anche nella cultura indù: il re Satyavata, conosciuto con il nume di Manu, si salvò dal diluvio costruendo una grande arca nella quale aveva nascosto i semi della vita per ripopolare la terra. Il tema del diluvio compare anche in Gilgamesh. Ma si ritrova anche nella cultura delle Americhe come in Asia, in Cina, in Indonesia e perfino in Polinesia.Nessun mito – e quindi nessun’altra immagine – lega in modo indissolubile il destino dell’uomo e del pianeta terra come il mito dell’arca e del diluvio

 

 

Teatro degli Arcimboldi

Carla  Torriani

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