Vorrei che la mia anima ti fosse leggera è il suggestivo titolo di una lettura scenica che -più che un recital- può definirsi un dialogo tra un’anima e un suono.
L’anima di una poetessa (morta suicida a soli 26 anni nel 1938): Antonia Pozzi.
Il suono di un pianoforte: quello su cui Antonio Panzera esegue, in sintonia coi versi della Pozzi, musiche da lui composte.
A dar voce ai versi della poetessa lombarda , tardivamente scoperta dai lettori e dai critici, è l’attrice Aglaia Zannetti: autrice di drammaturgie, regista di messinscene, soprattutto bella interprete di duttilità espressiva.
In questo caso
Di famiglia “bene”
E’ questo aspetto che Aglaia Zannetti, con recitazione assai misurata eppure intensa, ha sottolineato nel suo montaggio letterario. Nel suo dar voce ai versi ha evitato ogni enfasi mantenendo alle pagine l’aspetto di uno specchio dell’anima (con il supporto, ben armonizzato, di frammenti da epistolari e diari dell’autrice) Un’anima quindi, leggera, come Antonia l’avrebbe voluta.
Quanto alle composizioni di Panzera, esse sono ora sottofondo ora invece contrappunto alla voce recitante, interpretate dallo stesso autore con vibrante adesione al tormentato spirito dei versi cui la linea melodica si ispira.
Se è vero che il suicidio della giovane artista fu quasi il compimento della sua breve e pure intensa vita, ingiusto e immotivato sarebbe partire da queste circostanze biografiche per spiegare la sua poetica ispirazione o anche soltanto comprenderla. Non poche sono le valutazioni analoghe per emotiva superficialità che si incontrano nella storia critica della letteratura soprattutto poetica. Si pensi come- per far due esempi diversamente noti- di Giacomo Leopardi ieri e di Alda Merini oggi si è spesso compiuto l’errore di accumunare banalmente vicende personali, sia pure significative, ad una ispirazione poetica che è altra cosa: più duratura e più consapevole.
E’ quel che la recitazione di Aglaia Zannetti e le musiche di Antonio Panzera riescono ad offrire. Questo loro impegno interpretativo aiuta a capire meglio Antonia Pozzi e ciò vale anche per coloro i quali si accostano alla sua poesia per la prima volta.
Roberto Carusi, rivista “Rocca”, dicembre 2010