L’osmiza di Zoran
Un applauso lungo dieci minuti ha accolto, al Festival di Venezia, Zoran, il mio nipote scemo, film d’esordio di Matteo Oleotto che il regista ha scelto di girare in Friuli Venezia Giulia, sua regione di provenienza, e che sarà nelle sale dal 14 novembre. Grande successo per il film, il suo regista e il protagonista, ma anche per la particolare location, un’osmiza, locale tipico del Carso. Nel Settecento, in tutta l’area soggetta al dominio asburgico, i contadini potevano aprire le loro case al pubblico per vendere i loro prodotti, ma soltanto per otto giorni consecutivi e appunto da “osem” (“otto” in sloveno, la lingua ancora oggi più utilizzata nel Carso) deriva la parola “osmiza”. Questa usanza è tutt’ora diffusa in tutto il territorio ex imperiale del Friuli Venezia Giulia, dove è possibile fermarsi ad assaggiare e acquistare i prodotti tipici del territorio direttamente dai produttori, che per limitati periodi dell’anno aprono appositamente le porte delle loro case al pubblico. Nel periodo di apertura, i proprietari espongono all’esterno una frasca: non a caso, le parenti strette delle osmize carsiche nelle zone del Friuli imperiale (cioè la zona più orientale della provincia di Udine) si chiamano proprio “frasche” e nel goriziano “private”.
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