ARCANGELO & OMAR GALLIANI “CONIUNCTIO OPPOSITORUM”

22 aprile | 29 maggio 2010

ARCANGELO | OMAR GALLIANI

CONIUNCTIO OPPOSITORUM

 

    

Via Don G. Vender 66 – Brescia

GIOVEDI 22 APRILE ALLE ORE 11:00

INCONTRO CON OMAR GALLIANI

MARTEDI 11 MAGGIO ALLE ORE 15:00

INCONTRO CON ARCANGELO

Casa dei Palazzi, Piazza del Foro 2 – Brescia

GIOVEDI 22 APRILE ALLE ORE 18:00

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

mostra e incontri a cura di Alberto Zanchetta

 

 

La Libera Accademia di Brescia dedica una doppia personale a due importanti figure dell’arte italiana e internazionale che si sono affermati nel decennio degli anni Ottanta e le cui opere saranno messe a confronto, in una sorta di rapporto dialettico. Per l’occasione Arcangelo esporrà una serie di sculture che ripercorrono un ventennio di fervida attività creativa: si inizia con una Casa magica in gesso e legno degli inizi dell’80 per poi passare a un’Anfora in terracotta e a una Madonna in cera datate agli anni ’90, quindi a  una Nave in bronzo e a un Orto in ceramica degli inizi del 2000. Omar Galliani presenterà invece alcune grandi tavole dal ciclo Tutti i Denti di Santa Apollonia, realizzati in occasione della mostra al Museo Diocesano di Venezia tenutasi l’anno scorso in concomitanza con la Biennale d’Arte, e una serie di 8 disegni a carboncino e bitume su carta foderata su tela, che sono una fulgente testimonianza dell’attuale ricerca dell’artista.

Il mediterraneo-meridione è per Arcangelo una weltanshauung (una filosofica visione del mondo), paesaggio d’elezione che estende le sue radici agli orizzonti più lontani e differenti. Come di consueto, nelle sue opere ritroviamo la materia e il pneuma degli elementi naturali, la loro forma e la loro forza primigenia. A questo proposito Schneidler e Jahn avevano notato come il paesaggio di Arcangelo fosse organico, irrorato da segni-arterie e disseminato di forme falliche, prime fra tutte quelle della montagna e del vulcano, poi sublimate nei termitai africani, nelle corone e nelle sagome slanciate delle Madonne, nel cappuccio dei battenti di Guardia Sanframondi, nelle installazioni con i gessi appuntiti o nelle sculture in cera e in terracotta (non si dimentichi infatti che l’apprentissage di Arcangelo viene maturando in seno alla scultura e non già alla pittura). Da questa geografia arcaicizzante prendono forma sia le sculture che i dipinti – linguaggi che sovente tendono a collimare – i quali rattengono su di sé l’identità di chi li ha plasmati, come a dire che il cerchio è ancora una volta chiuso. E così pure il mondo, da vitiosus a methodicus.

 

Per Omar Galliani l’opera è una continua scoperta, ciò che ne risulterà sarà una costante verifica della propria ricerca: volizione in cui l’artista e la tecnica si completano a vicenda. Diversamente dalla pittura, che si ciba di luce, le opere di Galliani catturano la notte, una tenebrae profonda che vorrebbe assorbire tutto ciò che la circonda ma che in realtà produce vibrazioni luminose (radianza che è innanzitutto concettuale e che si propone in una surrettizia simplicitas in duplicitas, palesata in diadi cattedratiche – luce&ombra, pieno&vuoto, bianco&nero). Sin dalla fine degli anni Settanta l’artista aveva compiuto una sincronica ripresa della citazione, un “recupero” che era innanzitutto della pittura, sennonché tale ritorno alla pittura denunciava, e denuncia ancor’oggi, un concettualismo che si esplica non tanto nel suo essere metastorico bensì nell’uso del metalinguaggio. L’immagine è infatti funzionale, mai sostanziale; sostanziale è semmai il disegno. Nel caso di Galliani bisogna quindi delegittimare l’immagine per fare del lapsus linguae (vale a dire della figurazione, che si declina in narrazione) un linguaggio del lapis.

Archivio Zanchetta (archiviozanchetta@gmail.com)

(Visited 23 times, 1 visits today)