L’Aviatore, La Veglia e la Madre Folle di Arturo Martini in trasferta al MIC di Faenza

 

I tre capolavori, esposti fino al 12 gennaio a Bologna,

vanno ad aggiungersi alle 55 opere del percorso faentino

 

Continua, fino al 30 marzo, al MIC di Faenza l’esposizione “Arturo Martini – Armonie. Figure tra mito e realtà”, con una novità: tre capolavori L'Aviatore, La Veglia e la Madre Folle, fino ad ora visibili solo a Bologna, e appartenenti al così detto “periodo del canto”, si aggiungono al già articolato percorso espositivo faentino per raccontare ancora meglio la storia di un artista geniale, alla continua sfida del linguaggio scultoreo e in grado di catturare la “poesia” e la dolcezza in ciascuna opera modellata.

Così oltre alle 55 opere che descrivono la carriera dell’artista dagli inizi fino alla maturità sarà possibile ammirare  le tre opere sino alla fine di marzo.

La Madre Folle (1929), terracotta in esemplare unico, alta quasi due metri, è la prima fra le grandi terrecotte eseguite a mano libera da Arturo Martini ed è quella che ha inaugurato un periodo, tra il 1928 e il 1933, connotato da un grande slancio creativo. Sono opere realizzate in terra rossa e terra refrattaria, quasi tutte modellate e cotte dentro al forno di Vado Ligure messo a disposizione dal direttore dell’ILVA , l’ingegnere Polibio Fusconi.

Martini viene ispirato dalle sculture etrusche che aveva visto e studiato a Roma, al Museo di Villa Giulia. Ne imita la foggiatura a sfoglia e, allo stesso tempo, per l’iconografia è ispirato dal cinema: diverse pellicole con il titolo “La Madre folle” uscirono in quel periodo. Ed è così che La madre folle si colloca a metà tra l’espressionismo drammatico del cinema muto e quello, più classico, del gruppo delle donne urlanti nel Compianto di Nicolò dell’Arca a Santa Maria della Vita di Bologna.

L’Aviatore (1931) è una delle sculture più affascinanti e più apprezzate dalla critica, anche in pieno periodo fascista, quando fu presentata alla XVIII Biennale di Venezia,  riscosse pochissimi consensi. Martini infatti si discosta dalla iconografia celebrativa dell’eroismo aviatorio cara all’ideologia fascista, come anche dalla tecnica della areopittura futurista. Martini inventa una nuova iconografia e raffigura un nudo maschile con le gambe protese in avanti, la testa all’indietro, le mani in avanti, in piena tensione muscolare. Si tratta di un volo simbolico che rappresenta, con poesia, la volontà e l’ebbrezza del volo. Ed è la rappresentazione fisica di un gesto atletico. Per questo Martini insiste con minuzia sulla descrizione delle fasce muscolari e utilizza come modello un calciatore noto all’epoca, Valerio Bacigalupo.

La veglia (1932) è probabilmente l’ultima terracotta realizzata per la sala personale alla Biennale del 1932. Raffigura a fianco di un drappeggio di tenda una donna nuda, affacciata alla finestra, ma vista da dietro. Si tratta della raffigurazione di uno spaccato di vita quotidiana, come se fosse il fotogramma di una pellicola.

“E’ una scena notturna, come tante altre appartenenti al ciclo delle terrecotte piccole, e grandi come Donna in attesa, La moglie del marinaio, Il sogno, Chiaro di Luna – scrive Nico Stringa – ed è, come per tante altre opere in terracotta e no, una scena sul tema dell’attesa, della mancanza, dell’assenza. E del desiderio”.

 

SCHEDA TECNICA

 

Titolo: Arturo Martini. Armonie, figure tra mito e realtà

Curatore: Claudia Casali

Date: fino al  30 marzo 2014

Dove: Faenza, MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza), viale Baccarini 19

Apertura: martedì-venerdì ore 10-13.30, sabato-domenica e festivi ore 10-17.30

lunedì chiuso

È possibile prenotare la visita di gruppi al di fuori degli orari indicati

Info: 0546 697311, www.micfaenza.org

Ingresso: intero 8 euro, ridotto 5 euro, gruppi 5 euro

Visite guidate ogni sabato e domenica alle 16

Visite guidate aperitivo ogni venerdì alle 18.

 

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