La contemporaneità del genio

 

Tiziano sempre stupisce per l’assoluta attualità poetica e persino intellettuale della sua opera pittorica, colossale per intensità e durata, che bucando il tempo ancora oggi lo pone in una condizione di perpetuo presente.

La mostra di Roma a lui dedicata si ripropone, con circa 40 opere, di far vedere i tratti salienti, di un’attività vastissima che abbraccia più di sessant’anni, dal secondo all’ottavo decennio del Cinquecento, di arte veneziana ed europea.

S’incomincia con l’Autoritratto del Prado a Madrid (1565-66), come a ricordare l’ultimo approdo del suo “codice espressivo” come lo chiamò Rodolfo Pallucchini (1969), che nel tramandare le sue sembianze e con lo sguardo rivolto oltre, s’appoggia sì alla tradizione medaglistica classica nella posa di profilo, ma con una sostanza cromatica così rarefatta, così sottile da sembrare più un’impronta dipinta con i polpastrelli che con i pennelli, pulviscolare ed essenziale nella gamma da far già pensare a Rembrandt, accanto vi è l’imponente Martirio di San Lorenzo (1547-59) della chiesa dei gesuiti di Santa Maria Assunta a Venezia, che nella “allucinata visione di bagliori nella notte”, come scrisse Venturi (1928), col martire nelle mani dei suoi aguzzini, già apre alla rivoluzione del Caravaggio.

Successivamente con un flash back di una cinquantina d’anni si ritorna ai suoi esordi a Venezia nel primo decennio del secolo nella bottega principe di Giovanni Bellini, per poi scegliere di incominciare a seguire le malinconiche visioni di Giorgione, che in quegli anni si andava sempre più affermando, soprattutto con opere adatte a una ristretta cerchia di patrizi e umanisti. 

La Madonna con Bambino (circa 1507), proveniente dalla Pinacoteca Carrara a Bergamo, è testimone della sua pittura lucente degli inizi, che sgrana ancora di più i motivi appresi dai suoi maestri presentandoceli in una luce albeggiante, che filtra tra l’aria umida.

Orfeo e Euridice (circa 1512) invece ci presenta attraverso il mito alcune variazioni sul contrasto tra luce solare e bagliori delle fiamme, in un delizioso paesaggio boschivo d’invenzione, con suggestioni provenienti dalla pittura nordica, conosciuta attraverso Dürer, arrivato in laguna già nel 1506.

Saranno opere ufficiali come la pala d’Anversa (1512-13), commissionatagli dal vescovo Jacopo Pesaro, ammiraglio delle galere pontificie nella “vana” vittoria di Santa Maura, presso l’antica Leucadia, oggi la greca Lefkada, sui turchi ottomani, ad aprire la strada verso la sua definitiva affermazione a Venezia, destinandolo a ricevere, come un “testimone” da Giovanni Bellini, la Senseria del Fondeco dei Tedeschi nel 1517 e diventare il pittore ufficiale della Repubblica di San Marco.

Intanto la sua fama di pittore “eccellente” si era spinta ben oltre i confini della Serenissima, giungendo sino alle corti di Ferrara e Mantova.

Tra le opere successive, la pala Gozzi (1520) proveniente da Ancona, commissionatagli da Alvise Gozzi, patrizio della città dalmata di Ragusa, nella sua monumentale semplicità ci documenta, anche attraverso la grandiosa veduta cittadina sul mare, come Tiziano fosse ormai riconosciuto come principale interprete del comune sentire della civitas veneciarum, su entrambe le sponde dell’Adriatico.

Opere come l’Annunciazione (circa 1535) della Scuola Grande di San Rocco, oppure il San Giovanni Battista nel deserto (1542) proveniente dall’Accademia, ci dimostrano come avesse completamente rinnovato la tipologia dei dipinti sacri, dove i fenomeni naturali e atmosferici non fossero da lui più sentiti come un valido complemento ma bensì complementari alla comprensione dei soggetti.

Il Cristo crocifisso (1555-57) proveniente dal Real Monasterio de l’Escorial assume nel suo martirio la natura tutta, l’atmosfera e il tempo.

Il lampo, la luna e il tramonto convergono attorno al Golgota, dal quale scendono i soldati e le donne dirette a Gerusalemme.

Dal terzo decennio del secolo la fama internazionale di Tiziano aveva avuto un’ascesa inarrestabile.

Consolidata la propria egemonia in laguna e stabiliti solidi rapporti di committenza con le corti di Alfonso I d’Este a Ferrara e Federico Gonzaga a Mantova, incomincia ad essere chiamato anche altrove.

Nel 1545-46 è a Roma su richiesta di Papa Paolo III, nel 1548 e 1550-51 è presso gli Asburgo, per volere di Carlo V.

Con l’imperatore, incontrato per la prima volta a Parma nel 1529 e nel 1532-33 a Bologna, era nato un rapporto affettuoso di sincera amicizia.

Nel 1533 gli aveva concesso i titoli di conte palatino e di cavaliere dello Speron d’oro e l’esclusività dei propri ritratti, in un parallelismo tra Alessandro Magno ed Apelle.

Gli anni compresi tra il 1530 e il 1550 segnano il suo culmine come ritrattista della nobiltà di tutta Europa, con una straordinaria galleria di personalità.

Tiziano nei ritratti è insuperabile perché ha l’acutezza di cogliere la psicologia di chi gli sta di fronte, riproponendocela con trasparenza, ma senza alcune timore reverenziale.

E’ così nel ritratto di Paolo III senza camauro (1543) proveniente da Capodimonte, del quale ha colto con un’incredibile somiglianza fisica la fermezza della personalità, curvo ma con lo sguardo fiero e acutissimo, le mani ossute e arcuate.

Il colore poi acquista una valenza tattile impressionante, conferendo una diversa consistenza al velluto, alla stoffa, alla barba che sembra quasi di poterle toccare.

Straordinario è anche l’Uomo col guanto (1524-25) proveniente dal Louvre, un gentiluomo che nonostante l’apparente nonchalance rivela uno sguardo inquieto, sul quale si cimenta in un vero e proprio saggio sul passaggio dall’ombra alla luce.

Dal giovane Ranuccio Farnese (1542) proveniente da Washington, giovane cavaliere di San Giovanni rivolto alla luce, al candore della Bella (1536) di Palazzo Pitti, è tutta un’incredibile sequenza di individui immortalati sin nel profondo dell’animo.

 

 

 

 

 

 

Il suo genio assoluto per il colore lo porterà, tra interpretazioni mitologiche mai viste prima, nei soggetti sacri come la Deposizione di Cristo nel sepolcro (1559) proveniente dal Prado, a riconsiderare la funzione con squilli talmente acuti da guidare lo sguardo a una nuova comprensione emotiva, aprendo già al barocco.

 

Vladek Cwalinski   

 

  

 

 

 

 

Tiziano

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma

Fino al 16 giugno 2013

Da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30

Catalogo Silvana

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