Padova DE NITTIS E la pittura italiana può competere con gli ‘impressionisti’

 

Il 15 aprile 1874 lo studio del fotografo Nadar, a Parigi al 35 di boulevard des Capucines, aprì le porte ad una mostra di 165 opere (dipinti, disegni, acquerelli, pastelli) eseguiti da artisti appartenenti alla "Societè anonyme des artistes, peintres, sculpteurs, graveurs", fondata l'anno precedente. Fra gli espositori c'erano Astruc, Bracquemond, Boudin, Cézanne, Degas, Guillaumin, Monet, Morisot, Pissarro, Renoir, Sisley. L'unico italiano presente  era Giuseppe De Nittis, artista proveniente da Barletta, in provincia di Bari. Non fu considerato una sorta di 'intruso' forestiero tra altri colleghi francesi che, da quel momento in poi, avrebbero caratterizzato un certo modo di rappresentare la realtà, soprattutto 'en plain air' per cui venne coniata la definizione di 'Imressionismo'; fu amico e, in qualche modo, seguace 'pittorico' di Manet e Degas, ma, al pari dei due, sviluppò un linguaggio autonomo ed originale. Unitamente a Boldini, Zandomeneghi e, successivamente, Modigliani, De Chirico, tenne alto l'onore degli 'Italiens de Paris', come vennero chiamati gli artisti nostri nelle loro avventure lavorative nella Ville Lumière. Nella capitale francese De Nittis visse forse la sua stagione più bella. Nel 1886 gli fu anche dedicata una mostra, e i parigini dovettero aspettare ben 114 anni per la successiva, 'Giuseppe De Nittis. La modernità elegante' (21-Ottobre 2010-16 Gennaio 2011), ospitata presso il Petit Palais. Era “meridionale al sud, francese a Parigi, londinese a Londra”, scrisse nel 1914 il critico d’arte Vittorio Pica. A Parigi è il mondo contemporaneo che ‘impressiona’, la vita colta lungo i viali, nelle passeggiate alle Tuileries, nelle corse di cavalli a Longchampe ad Auteuil, attento ad annotare le più piccole sfumature di quel mondo dorato. Il suo è un paesaggio sensibile che con la stessa efficacia abbaglia coi contrasti di luce dei suoi cieli natali o avviluppa lo sguardo nella nebbia di Londra. Il Giappone, invece, De Nittis non lo conobbe, ma in risonanza con la dilagante mania dell’oriente arrivò lungo il cammino a sciogliere atmosfere e oggetti giapponesi nei suoi quadri, aumentando al tempo stesso l’audacia della composizione. L’artista pugliese aveva una sua vena di sperimentatore e l’aspirazione a scardinare l’idea passata della pittura, anche con l’uso di tecniche diverse: fu tra i primi ad operare per lavori di grandi dimensioni, come anche Monet e Dégas. Morì a 38 anni

“in gioventù e nella piena gloria”, come scrisse Alexander Dumas figlio nell’epitaffio; la tomba con le sue spoglie si trova al cimitero Père-Lachaise.

Arriviamo all’attualità e alla bellissima rassegna in corso a Padova a Palazzo Zabarella, la più esaustiva e completa che l’Italia gli abbia mai dedicato, alla cui organizzazione hanno contribuito

il Comune di Barletta e la Sovrintendenza ai beni artistici della Regione Puglia.  

Le 120 opere qui esposte arrivano dalle maggiori istituzioni francesi, tra cui il Petit Palais di Parigi, dai più importanti musei e gallerie pubbliche italiane, capeggiate naturalmente dalla Pinacoteca

De Nittis di Barletta, che possiede la straordinaria raccolta di dipinti rimasti nell’atelier dell’artista dopo la sua morte precoce, donati dall’amata moglie del pittore, Leontine. Incisivo è stato il contributo di prestigiose raccolte private di storici collezionisti di De Nittis, da cui provengono i dipinti meno noti, capolavori assoluti riproposti al pubblico in questa occasione. in precorso, curato da Emanuela Angiuli e Fernando Mazzocca, che attraversa cronologicamente il cammino di

De Nittis, a partire dal periodo napoletano. Vediamo le opere della formazione, della gioventù, piccole tavole nelle quali è già palese il suo immedesimarsi nella natura dei luoghi; la sua ricerca dell’atmosfera, mutevole come le stagioni e le ore del giorno: “A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché, credetemi, l’atmosfera io la conosco bene; e l’ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura”, scriveva nel taccuino di memorie e Napoli, città che, resa sulla tela quasi con una dimensione fotografica, gli rimarrà nel cuore. Vi tornerà più volte anche quando a Parigi e a Londra avrà trovato quella dimensione di modernità che tanto gli si addiceva. L’artista fu anche abile ritrattista, come nell’incantevole opera in cui ritrae la moglie seduta davanti ad una finestra con vista su un paesaggio innevato che entusiasmò tutti i suoi amici.

Nel catalogo dell’esposizione (Marsilio editori) possiamo leggere una serie di testimonianze eccellenti: le memorie del pittore e il famoso Journal dell’amico Edmond de Goncourt che approfondisce le ragioni del suo successo nell’ambito mercato internazionale dell’arte e del grande collezionismo, ma anche nella sfera di una mondanità esclusiva, quando, in virtù del suo fascino e della sua capacità di intrattenere, la sua casa parigina diventò il punto d’incontro di intellettuali e artisti, come Zola, Oscar Wilde, Daudet, Dumas figlio, i Goncourt e i già citati Manet e Degas.

Dal 19 gennaio al 26 maggio 2013

Palazzo Zabarella – Via degli Zabarella 14, Padova; la mostra è aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 19 (la biglietteria chiude 45 minuti prima); è chiusa nei lunedì non festivi. Il biglietto intero costa 12 euro, ridotto 9 euro. Informazioni e prenotazioni: Tel. 049-8753100.

 

Fabio Giuliani