A Vinitaly il nuovo Orestilla di Montonale, miglior bianco del mondo secondo Decanter

MONTONALE, IL LUGANA INASPETTATO
1942, IL MONITO DELL’AGRONOMO
Camillo Pellizzari, agronomo, arguto commentatore delle tradizioni bresciane, nel 1942 dedicò un
libello al Lugana e ai suoi vini.
Oltre a magnificare la bellezza del territorio che si estende sotto la penisola di Sirmione, Pellizzari
provocava così il lettore: “Sarebbe assurdo addormentarsi sui risultati ottenuti e rinunciare alle più brillanti
prospettive dell’avvenire”.
Ottant’anni dopo, nonostante l’evoluzione vissuta dal territorio, il suo monito resta attuale. Perché
non basta un clima vocato o un suolo favorevole, e neppure la tradizione o la tecnica, per fare vini da
ricordare. Serve un passo ulteriore, fatto di entusiasmo, perseveranza e ardimento: qualità che dalle
parti di Montonale abbondano.


LE ORIGINI
Sulla sponda meridionale del Garda, dove i territori di Brescia e Verona si incontrano, fu scritta una
bella pagina di storia del vino. Il suo prologo risale agli inizi del Novecento, ed ebbe come protagonista
Francesco Girelli, uomo determinato, carattere solido e mani abituate al lavoro.
Francesco allevava bestiame in un casolare a Desenzano, in località Conta, ed era un contadino
testardo e ambizioso: per fare vino meglio dei suoi vicini, dissodò due ettari di terreno servendosi
soltanto di un badile. Su quel campo ben esposto impiantò Turbiana, Cabernet Sauvignon e Merlot.
I suoi sforzi furono ripagati dalla bontà dei vini: si narra che durante il travaso del Lugana,
attirato dal profumo, il vicinato accorresse chiedendo un assaggio.
Il figlio Aldo continuò la tradizione paterna con il fratello Luigi. Acquistò altri sei ettari di terreno
che piantò a Barbera, Marzemino e Turbiana.
Era tempo di guerra, la miseria era di casa: basti pensare che per sostenere le vigne si utilizzava un palo
di robinia diviso in quattro esili parti.
Aldo però aveva ereditato il carattere deciso del padre: dovendosi spostare spesso per trasportare il
bestiame, creò sul carro uno spazio idoneo ad alloggiare fusti di vino, che vendeva ai suoi clienti lungo
l’arco alpino: in Trentino, Valtellina, Svizzera, fino al Passo dello Stelvio.
Insieme al vino, Aldo trasportava giare del fruttato olio gardesano. Un inconsapevole ambasciatore
del territorio d’antan!
Intanto, l’Italia entrava in una nuova fase della sua storia. Correva la fine degli Anni Sessanta, i
contadini migravano verso le città, attirati dal miraggio di un salario nell’industria. La mezzadria era
solo un ricordo e la vecchia aristocrazia viveva quasi barricata, intimorita dalla “minaccia sovietica”.
In quel contesto instabile, i Bertani, nobili possidenti locali, decisero di vendere il loro latifondo, quasi
350 ettari. Entrò quindi in scena Luciano, figlio di Aldo Girelli.
Il giovane acquistò 60 ettari di terreno, già in parte vitato a Turbiana. Allevatore come il padre e il
nonno, Luciano non aveva una formazione enologica e metteva a frutto l’esperienza tramandata dai
suoi avi. Durante una vendemmia conobbe la sua futura sposa, Margherita, arrivata come lavoratrice
stagionale dalla Valle Camonica.
Gli anni passavano faticosi ma sereni in casa Girelli, fino alla scomparsa del padre: da quel momento,
divisioni ereditarie mortificarono la genuina passione di Luciano per la viticoltura.
I vigneti furono quasi completamente espiantati e i terreni destinati a seminativi. L’ultima
mesta vendemmia, nel 1998, si svolse su dieci filari soltanto.
Due anni dopo, però, arrivò l’occasione insperata: un prozio decise di cedere a Luciano un ettaro
piantato a Turbiana, Merlot e Marzemino. E fu allora che Roberto, secondogenito di Luciano, chiese
al padre di rinverdire la tradizione enologica di famiglia.
UN NUOVO DOMANI
Roberto Girelli, con i fratelli Claudio e Valentino, aveva respirato sin da ragazzino i profumi della
cantina e conosciuto la fatica delle vacanze trascorse in vigna.
Il padre lo chiamava scherzando “capo cantiniere”, per la compostezza con cui lo aiutava a svinare o
travasare, ma per Roberto fare vino era una questione molto seria.
Appena ventenne, nel 2002, segue la sua prima vendemmia: i mosti fermentano in quattro botti di
cemento resinate a mano dal ragazzo. L’anno dopo vende agli amici di famiglia 800 bottiglie con il
marchio Girelli. Intanto, si iscrive alla Facoltà di Viticoltura ed Enologia di Verona, nonostante il
padre, conscio delle fatiche del lavoro agricolo campagna, cerchi di dissuaderlo.
Il primo Lugana arriva con la vendemmia 2004, e nel 2005 la famiglia pianta altri cinque ettari di
vigneti a Turbiana e altre varietà a bacca rossa.
Dal 2010 l’azienda prende il nome di Montonale, come la località in cui sorge. Si continua a
vinificare nella cascina di famiglia fino al 2012, anno in cui è ultimata la nuova cantina.
Coi nuovi vigneti produttivi, i nuovi impianti per la spremitura e la vinificazione, la
“voglia di andare oltre”, di esplorare le possibilità del territorio che guida Roberto,
può diventare realtà.

Il giovane non è solo in questa avventura: lo accompagnano i fratelli Claudio e Valentino. Claudio, il
primogenito, una laurea in economia, aveva sempre covato nostalgia per la tradizione enologica di
famiglia. Condiviso il progetto del fratello, nel 2010 è entrato in azienda come responsabile
amministrativo e referente per il mercato tedesco.
Valentino, il più giovane dei tre fratelli, ha invece sempre manifestato una predilezione per la vigna.
Laureato in Viticoltura ed Enologia a Milano, si occupa del comparto agricolo.
Tre figure diverse ma con un’idea comune: dare ai vini Lugana un nuovo futuro.
Perché per i Girelli la Turbiana è molto più di un nettare beverino da consumare a
bordo lago. Da lei possono arrivare vini identitari e longevi, capaci di migliorare nel
tempo per offrire al degustatore terziarizzazioni espressive e inaspettate.
TRA LE VIGNE
Il Lago di Garda, luogo principe del turismo europeo, gode di un microclima privilegiato, tanto che,
insieme a vite e olivo, sulle sue sponde si coltivano persino agrumi.
Non tutti danno invece troppa importanza ai venti che ininterrottamente lo accarezzano. Questi
causano una drastica escursione termica che favorisce l’aromaticità delle uve e ne tutela lo stato
sanitario. I più importanti venti del lago sono l’Ora e il Pelèr: il primo arriva da Sud e soffia dal
mezzogiorno al pomeriggio inoltrato, il secondo scende dalle montagne e increspa le acque dal
tramonto al mezzodì del giorno dopo. Proprio sulla rotta dei due venti si trovano i vigneti di
Montonale, che godono appieno di questi vantaggi.
Le vigne di Montonale si estendono per 25 ettari intorno alla cantina, su un terreno argilloso,
ricco di scheletro e calcare, che conferisce alle uve un grande potenziale in mineralità, finezza e
aromaticità, essenziali per ottenere vini di estrema eleganza.
Per ogni varietà è stato selezionato il suolo più idoneo. I filari sono orientati Nord-Sud e allevati a
Guyot modificato ad archetto, con 6/8 gemme.
Valentino Girelli ha scelto di seguire i dettami dell’agricoltura integrata. A Montonale si fertilizza
con sostanze naturali, humus e stallatico, e si pratica l’inerbimento sull’interfila.
All’invaio sono effettuate sfogliature e diradamenti severi: nelle annate propizie si ha un
alleggerimento del carico d’uva del 10-15 per cento, ma nel problematico 2014 si è sfiorato il 50 per
cento.
La tignoletta si combatte con la confusione sessuale, mediante ampolle di ferormoni, evitando
l’impiego di insetticidi.
La vendemmia è manuale, in casse forate, e coinvolge 30 addetti. Si raccoglie dalla terza decade di
settembre sino alla fine di ottobre: un periodo lungo, perché vengono effettuati più passaggi nello
stesso vigneto in modo da raccogliere soltanto i grappoli maturi al punto giusto.

IN CANTINA
La cantina è stata costruita con pareti in paglia di riso, materiale traspirante che garantisce un
microclima salubre. Sulla copertura dell’edificio è installato un impianto fotovoltaico da 96kW, che
assicura la completa autonomia energetica della struttura, riducendo drasticamente le emissioni di
anidride carbonica.
In cantina sono collocati:
– Una pressa da 80 quintali a doppia membrana, per la spremitura soffice in assenza di ossigeno
– Una pigiadiraspatrice, dedicata alle uve a bacca rossa
– Un fermentino da 200 ettolitri, per la vinificazione in rosso
– 22 vasche in acciaio inox termo-condizionate, con capienze dai 30 ai 300 ettolitri
– 30 tonneau da 500 litri in rovere di Allier, realizzati con legni non tostati e piegati a vapore
– 2 anfore in ceramica da 500 litri
Prima della fermentazione dei bianchi, il mosto è raffreddato a 6°C, la polpa tenuta in sospensione per
10 giorni e agitata 3 volte al dì. Questo laborioso procedimento aiuta l’estrazione delle componenti
aromatiche e dei polisaccaridi, che esaltano il frutto e donano complessità ed equilibrio. In seguito, i
mosti sono illimpiditi per decantazione statica naturale, senza l’utilizzo di chiarificanti. Roberto Girelli
lascia fermentare spontaneamente i vini con lieviti indigeni, per esaltare l’interazione tra il territorio e
il vino.
La permanenza sulle fecce nobili è di almeno 6 mesi, tempo che l’enologo ritiene fondamentale per il
raggiungimento dell’equilibrio. Durante questo periodo vengono effettuati regolari bâtonnage.
A Montonale non si utilizzano allergeni per chiarificare e i solfiti si mantengono a quote basse: 75 mg/l
è il valore medio della solforosa totale all’imbottigliamento.
I vini sono messi in bottiglie borgognotte di taglia leggera (500 grammi) chiuse con tappi in sughero
monopezzo provenienti da Sardegna e Portogallo. Quest’ultima è una scelta dispendiosa ma
necessaria, perché l’unica che consente la più favorevole evoluzione del vino.
LE BOTTIGLIE
L’impegno di Claudio, Roberto e Valentino Girelli si concretizza in sei vini, inaspettate espressioni del
territorio di Lugana.
MONTUNAL Lugana, dal nome dialettale della località, è un Turbiana 100% affinato 6 mesi in
acciaio sulle fecce nobili. Le sue intriganti note di pietra umida su una base fruttato-aromatica sono da
sperimentare con antipasti sfiziosi (80mila bottiglie/anno, 12 euro in enoteca).
Piacevole, immediato e al contempo elegante e complesso, Montunal esprime la più
schietta identità del territorio di Lugana
ORESTILLA Lugana, da uve Turbiana in purezza, è maturato 8 mesi sulle fecce nobili e 10 mesi
in bottiglia. Sensazioni di frutta esotica, zafferano e pietra focaia per un bianco dal gusto sapido e
deciso, la cui mineralità accompagna egregiamente zuppe di pesce (5mila bottiglie, 19 euro in
enoteca).
Il “fratello maggiore” di Montunal deve la sua impronta ricca e complessa alle
caratteristiche peculiari del vigneto omonimo, con un’eccellente esposizione a Sud.
ROSA DI NOTTE Chiaretto Garda Classico, è un’unione di Groppello, Marzemino, Barbera e
Sangiovese. Gli acini macerano a freddo per una notte e donano al vino una tinta rosa brillante. Note
floreali e fruttate, acidità vivace, è un vino eclettico da provare con fritture di pesce o di verdure
(10mila bottiglie/anno, 12 euro).
“Pretty in pink”: versatilità e piacevolezza ma con un taglio per nulla scontato, Rosa di
Notte è l’omologo del Montunal vestito di rosa.
LUCE D’ALBA Brut Metodo Classico Millesimato, è la versione spumeggiante del Lugana, da
uve Turbiana 100%. Affinamento delle basi in acciaio per 8 mesi sulle fecce nobili, seconda
fermentazione in bottiglia, 30 mesi di permanenza sui lieviti. Vivace acidità minerale, cremosità, è una
bollicina che non teme abbinamenti ricercati (3mila bottiglie/anno, 22 euro).
Le uve sono raccolte alle prime luci del mattino, da qui il suo nome, per preservarne la
freschezza. Un Lugana rifermentato in bottiglia dove il vitigno è spinto all’ennesima
potenza, trovando nuove modalità espressive. Una sfida da lanciare nelle migliori
vendemmie.
LA VENGA Benaco Bresciano Rosso, nasce da uve Marzemino e Barbera, matura 8 mesi in vasche
d’acciaio e 6-8 mesi in bottiglia. Il sorso è equilibrato, intensamente fruttato. La piacevole acidità lo
rende perfetto abbinamento a primi piatti corposi (4mila bottiglie/anno, 14 euro).
La vivacità della Barbera si fonde alla morbidezza del Marzemino; frutto croccante e
vibrante personalità, un vino eclettico che invita al riassaggio
LA CONTA è un taglio Cabernet Sauvignon e Merlot affinato almeno 12 mesi in tonneau e 18
mesi in bottiglia. Complessità, accenni speziati, tannini setosi: un grande vino da carne rossa e
formaggi stagionati (2mila bottiglie/anno, 26 euro).
Racchiude l’autorevolezza e l’eleganza che caratterizzano l’unione dei due vitigni;
arriva da un podere dall’antica vocazione per le uve a bacca rossa e porta in sé il
ricordo del bisnonno Francesco e del suo primo vigneto piantato a Montonale.
UNO SGUARDO ALL’ABITO
Osservando le bottiglie di Montonale è evidente la cura della vestizione, contrapposta a una voluta
mancanza di orpelli. Il packaging, ideato da SGA Wine Design, è minimalista, ma valorizzato
dalla ricercatezza dei materiali utilizzati. Questo crea un’interessante dicotomia, che rimanda all’anima
stessa dell’azienda: solida e concreta, ma anche tesa alla ricerca del piacere sensoriale.
Una tensione che ricorre nel pittogramma, disegnato secondo le regole della proporzione aurea. Un
tratto “liquido” e leggero, che sembra muoversi verso l’alto alla ricerca di nuovi
orizzonti.

AZIENDA AGRICOLA MONTONALE di Girelli Roberto – Tel. +39 0309103358 – www.montonale.com