SKIRA presentazione del libro Palazzo Citterio verso la Grande Brera

ECCO FINALMENTE! PALAZZO CITTERIO in via Brera apre le porte per festeggiare la conclusione del cantiere di recupero e restauro, durato meno di tre anni (7 maggio 2015 – 30 gennaio 2018). I lavori sono stati finanziati dal Ministero nel 2012 con fondi Cipe (delibera CIPE n. 38/2012), nell’ambito del programma “Grande Brera” (con l’allora Ministro Lorenzo Ornaghi); progettati, messi in gara in appalto integrato e aggiudicati nell’aprile 2014 per un importo dei lavori di circa 9,9 milioni di euro (Stazione appaltante Direzione regionale della Lombardia poi Segretariato della Lombardia del MiBACT).

In tanti del Ministero si sono occupati di Palazzo Citterio, da quando fu acquistato nel 1972 dalla Stato, su proposta del Soprintendente Gisberto Martelli, e l’adesione della società civile milanese. I lavori, più volte intrapresi, dal 1975 fino agli anni più recenti hanno perseguito visioni note alla cronaca con i nomi Grande Brera, Brera 2, Brera in Brera, poi di nuovo Grande Brera.

Al di là delle difficoltà, le molte interruzioni, cambiamenti e l’avvicendarsi di progetti e persone, quell’idea si è dimostrata lungimirante, nel mettere a frutto principalmente la posizione del palazzo; difficile da realizzarsi invece nella trasformazione a museo di un palazzetto nato per essere una residenza privata.

Il cantiere si mostra e si racconta in un libro Palazzo Citterio verso la Grande Brera, a cura di Antonella Ranaldi, Paolo Savio, Annamaria Terafina con i testi di Carla Di Francesco, Caterina Bon Valsassina, Alberto Artioli, Amerigo Restucci, Giovanni Carbonara, Antonella Ranaldi, e la cronologia di Annamaria Terafina (Milano, Skira, 2018), che segue a quello precedente di Caterina Bon Valsassina Il caso Palazzo Citterio (Milano, Skira, 2014) del racconto delle vicende iniziate con l’acquisto del palazzo per farne il futuro museo.

Una mostra con le fotografie di Maurizio Montagna, accompagnerà le visite al palazzo a documentare il prima e il dopo lavori e tracciare l’ultimo atto di un difficile percorso per consegnare il palazzo alla collettività.

Di Citterio si è voluto recuperare e restaurare sia quanto restava del palazzetto storico, sia quanto realizzato nel recente passato –  le sale degli anni settanta (progettate da Giancarlo Ortelli e Edoardo Sianesi, con Franco Russoli), le sale ipogee del progetto Stirling-Wilford, espressione di orientamenti museali indirizzati alla contemporaneità con sale di certo appeal e iconiche. – per rendere funzionale il tutto e dotarlo di impianti, collegamenti, comfort e spazi per la prevista destinazione museale.

Palazzo Citterio si consegna alla città e a Brera come uno spazio unico, molto atteso e ambito a Milano. È nelle parti storiche del piano nobile una casa museo, nell’eredità delle sale della dimora dei Citterio, e consegna vasti spazi espositivi sia per le collezioni permanenti che per mostre ed eventi in sale capienti, luminose e moderne. Il giardino aggiunge un prezioso tassello che incrementa di valore di contemporaneità e storicità lo spazio interstiziale, con la ‘Collina di Ermes’ su progetto di Attilio Stocchi e il ‘muro longobardo’ di Paladino, fondale, affaccio e tramite naturale verso Brera e l’Orto botanico. Così vanno a riunirsi, come era l’intenzione iniziale. Sarà per la presenza in Brera degli Umiliati, poi dei Gesuiti, ma voglio ben sperare che gli accidenti della storia e della cronaca trovino ora una loro risoluzione nel sole e luna, simbolo degli Umiliati, ricongiunti.  Ecco Palazzo Citterio.  Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Milano

I lavori, durati meno di tre anni, sono stati eseguiti dall’Impresa Cobar s.p.a. di Altamura e Ronga di Salerno, su progetto definitivo ed esecutivo coordinato da Amerigo Restucci, con la consulenza per il restauro di Giovanni Carbonara e Stazione appaltante il Segretariato regionale della Lombardia diretto da Marco Minoja, coadiuvato dai funzionari degli Uffici del Segretariato, della Soprintendenza di Milano e del Museo di Brera.

Un percorso nel palazzo

Le fotografie del 1975 all’avvio dei lavori promossi da Franco Russoli, quelle del 1985 e infine quelle più vicine del 2014, ante lavori, mostrano i segni degli anni di permanenza dei cantieri e più ancora degli anni in cui ha vissuto le pause dei cantieri interrotti. Si trattava nell’esecuzione di far sentire il sapore di una casa museo nell’infilata delle stanze al piano nobile, che si affacciano con ampie finestre e balconcini in ferro battuto su via Brera, e nelle sale di rappresentanza sul retro verso il giardino con l’inattesa saletta pompeiana di passaggio, la pregiata sala da bagno rivestita in marmi di Candoglia. Il rispetto delle stratificazioni ha guidato il progetto. Sia le trasformazioni della casa privata, nella successione di fasi decorative diverse sui soffitti delle sale su via Brera, evitando, sebbene si tratti di decorazioni non eccelse, cancellazioni e improponibili completamenti. Sia quelle moderne compiute negli ultimi quarant’anni. Si è trattato di far coesistere le varie parti, legarle funzionalmente, lasciando che l’edificio si mostrasse nella sua stratificazione. L’effetto che può suscitare a chi si aspetta una uniformità di stile sarà estraniante, ma il suo fascino risiede in questo, nel passare da una zona all’altra e ripercorre gli interventi passati, che i molti anni del cantiere avevano precocemente ruderizzato.

Al piano nobile rivive la casa museo nell’infilata delle sale storiche su via Brera e nelle sale di rappresentanza verso il giardino. Si attraversano sull’ala a sinistra, in corrispondenza del secondo portone di via Brera 14, gli squadrati stanzoni con cassettonato in cemento armato e l’ambiente unico all’ultimo piano, quasi un Beaubourg italiano o un Loft newyorkese, in cui si è scelto di schiarire il colore ferroso dei tralicci, trattati con colore grigio chiaro, quasi bianco. Si scende alle sale ipogee, ora restaurate conservandone la matericità del cemento a vista e delle impronte delle casseforme. La scala che violentemente si pone sull’asse prospettico del cortile, è stata lasciata perché parte del progetto originario di Stirling. Unico elemento architettonico aggiunto è la scala principale, a rampe a forbice incrociate, che invece di essere parallele si stringono e si dilatano creando inediti e misurati effetti prospettici.  La nuova scala diventa il fulcro e snodo dei collegamenti verticali delle varie parti. Su questa si sono concentrate le proposte architettoniche dei vari progetti del concorso sfociato nella mostra in Triennale del 2014 e nel catalogo Palazzo Citterio: Progetti in mostra.  La sua posizione segue la logica della funzionalità e dell’impianto stesso del palazzetto. Si colloca a sinistra del cortile, dove era l’originaria scala, sostituita negli anni Settanta con la scala in cemento armato, mal riuscita, angusta e fuori norma che è stata demolita. Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano

testimonianze:

Prima dei lavori:

Come è testimoniato dalle molte fotografie, dal documentario girato da Gianni Amelio (2013) e da coloro (pochi) che conoscevano il Palazzo, più che parlare di Palazzo Citterio sarebbe più corretto parlare di “quel che restava di Palazzo Citterio”.Alberto Artioli, già Soprintendente e Segretario regionale della Lombardia,

 Il restauro e recupero

“La conclusione dei lavori di restauro e rifunzionalizzazione di palazzo Citterio che oggi si inaugurano chiudono un “caso” che si è trascinato per oltre quarant’anni fra vicende alterne sulle quali ho tentato di far luce nella pubblicazione Il caso palazzo Citterio (Milano, Skirà, 2014)”. Caterina Bon Valsassina, Direttore Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MiBACT

“il complesso è articolato in diversi “segmenti” non sempre “congruenti” tra loro, essendo costituto dal nucleo principale del palazzo storico settecentesco (ivi incluso il cortile), dalle sale collocate al piano interrato e al piano terra, progettate dagli architetti Ortelli e Sianesi, contraddistinte dai soffitti a cassettoni in calcestruzzo, dalle sale espositive coperte a shed deI secondo piano, dal corpo ipogeo realizzato su progetto di James Stirling e dal giardino con la grotta e la limonaia. Tale complessità di fasi storiche e architettoniche si è riflettuta pedissequamente nei lavori di restauro il cui fine principale è stato quello di rendere omogenei e fluidi i diversi spazi”.Amerigo Restucci, coordinatore del progetto definitivo ed esecutivo – vincitore della gara

“L’intervento che ora si è concluso segue le indicazioni date dall’Amministrazione: l’obiettivo è stato quello di proporre un restauro conservativo delle parti residuali dell’edificio storico e una ristrutturazione e rifunzionalizzazione degli ambienti realizzati negli anni ’70 su progetto Ortelli/Sianesi/Russoli conservando, per coerenza metodologica, le testimonianze di tutti gli interventi, anche recenti, che hanno interessato il Palazzo rappresentando una interessante e non eludibile stratificazione storica.Nell’elaborare il progetto è apparso necessario indicare un indirizzo operativo tale da scongiurare, come avvenuto in passato, successive proposte progettuali che potessero configgere, per motivazioni giuridiche o metodologiche, con la fattibilità dell’opera (con conseguente rischio di perdita del finanziamento) da quarant’anni irrealizzata, una ipotesi che certo l’amministrazione non poteva neanche lontanamente rischiare”. Alberto Artioli, già Soprintendente e Segretario regionale della Lombardia, progettista con Annamaria Terafina del progetto preliminare).

“Piena di positività è la conclusione del cantiere del palazzo Citterio, che consegna alla Pinacoteca e alla città di Milano, dopo meno di tre anni di lavori, uno spazio che riscopre l’eleganza raffinata della dimora pur mantenendo la dilatazione degli spazi del piano sopraelevato e degli ipogei, assunti dalle precedenti progettazioni a far data dagli anni settanta. Un intervento di questo tipo si può leggere sotto molteplici aspetti. Lo raccontano i vari autori protagonisti. Ognuno, per esperienza diretta, o perché ne aveva assunto le conoscenze dai predecessori, ha dovuto rapportarsi con la storia, anzi la cronaca, del Palazzo nelle vicende attraversate dal momento dell’acquisizione da parte dello Stato nel 1972. Alberto Artioli, già consegnatario del Palazzo, nel suo ruolo di Soprintendente beni architettonici, con Caterina Bon ha condiviso i contenuti e l’indirizzo di un restauro rispettoso delle stratificazioni e con Sandrina Bandera, allora Soprintendente beni storico artistici e direttore della Pinacoteca di Brera, e i suoi storici dell’arte e architetti, le necessità legate agli aspetti museologici e funzionali, rendendo coesa la progettazione del recupero e restauro architettonico con la sua destinazione museale. L’esecuzione, seguita da Giovanni Carbonara e da Antonella Ranaldi, Soprintendente a Milano dal 2015, ha fatto propri quegli indirizzi arrivando al compimento di quella annunciata visione e più concretamente misurandosi con gli aspetti, più congeniali al nostro Ministero, del restauro e del recupero, in questo caso degli interventi pregressi, anche recenti, espressione di orientamenti museali degli anni settanta e anni ottanta, indirizzati più alla contemporaneità che al restauro. Nel giardino, infine, con la felice ‘Collina di Ermes’ e il muro di Mimmo Paladino, Citterio si unisce a Brera per il tramite dell’Ortobotanico”.   Carla Di Francesco, Segretario Generale del MiBACT

 “L’intervento oggi compiuto si è assunto il compito, tutt’altro che facile viste le condizioni di partenza, di restituire la necessaria unità architettonica, ma anche visiva e fruitiva, al palazzo: ciò per recuperarlo come valore in sé e per renderlo ben rispondente alla sua prevista funzione museale”.Giovanni Carbonara, Università “La Sapienza”, Roma, consulente per gli aspetti di restauro

Il palazzetto storico: cortile e piano nobile

“I lavori si differenziano dagli altri precedenti, per aver riversato molta più attenzione al recupero-restauro di quanto restava del palazzetto, già menomato di alcune sue parti e ruderizzato dai lunghi anni di cantiere.Recuperando tutto il possibile, porte, pavimenti, decorazioni, stucchi, il palazzetto è stato restaurato. Al piano nobile rivive la casa museo nell’infilata delle sale storiche su via Brera e nelle sale neoclassiche di rappresentanza verso il giardino”.Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano

“Il restauro ha poi interessato gli ambienti, più ricchi e decorati, del piano nobile, rimettendo in luce i vecchi dipinti murali, perlopiù a tempera, tagliati, modificati o nascosti nel corso di molteplici ristrutturazioni edilizie. Non si è cercato di restituire una mai esistita o, comunque, ormai irrimediabilmente perduta immagine unitaria ma di lasciar parlare il monumento nella sua ricca diacronia quasi a raccontare in prima persona la propria complessa vicenda storica.Quali calcolate eccezioni, valutate sotto il profilo critico e delle loro specifiche condizioni conservative, si sono attuati il restauro integrale della sala da bagno padronale, che conservava ancora i vecchi arredi e gli impianti, ed anche della‘stanza pompeiana’ di cui si è scelto di reintegrare ampiamente la decorazione pittorica perché di tipo essenzialmente geometrico-architettonico e perché largamente conservatasi, così da offrire un esempio flagrante dell’antica ricchezza e nobiltà degli ambienti”.Giovanni Carbonara, Università “La Sapienza”, Roma, consulente per gli aspetti di restauro

La nuova scala e le sale anni Settanta (Russoli, Ortelli e Sianesi)

“Il nuovo corpo scala è stato progettato nello spazio ottenuto dalla demolizione della moderna scala realizzata nel corso dell’intervento degli architetti Ortelli e Sianesi, scala in calcestruzzo armato e di ridotte dimensioni (meno di 120 cm di larghezza), non rispondenti alle attuali esigenze di sicurezza previste dalla normativa. A sua volta questa scala era stata impostata nel volume fino ad allora occupato dallo scalone monumentale originario. La scelta del progetto preliminare, quindi, è stata di limitare il più possibile ulteriori demolizioni di parti del palazzo storico, lavorando sulle porzioni già alterate o rimosse. La riconquistata coerenza e fluidità degli spazi, accentuata dal carattere aperto e dinamico dello scalone principale, con le sue rampe mosse e di forma planimetrica leggermente trapezia, risponde a questa volontà di movimento, di scambio di stimoli e suggestioni e, dunque, di ricercata continuità spaziale”.Giovanni Carbonara, Università “La Sapienza”, Roma, consulente per gli aspetti di restauro

“Unico elemento architettonico aggiunto è la scala principale, a rampe a forbice incrociate, che invece di essere parallele si stringono e si dilatano creando inediti e misurati effetti prospettici.  La nuova scala diventa il fulcro e snodo dei collegamenti verticali delle varie parti.

La sala ipogea (Stirling)

Le sale ipogee e la scala dal cortile sono le uniche parti del progetto Stirling-Wilford, ad essere state in passato realizzate. Le sale scendono per due piani ad una profondità di ca. 16 metri e dotano il futuro museo di ampi spazi e soprattutto del segno iconico nella sala detta Stirling, del pilastro al centro a forma di colonna, che nelle proporzioni esaltate e magnificate ricorda i templi assiro babilonesi.Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano

La collina di Ermes e il muro longobardo di Mimmo Paladino

“La sistemazione del giardino è stata studiata e realizzata seguendo i medesimi criteri utilizzati nel palazzo, vale a dire conservando il più possibile e riutilizzando i pochi frammenti esistenti (del giardino roccioso, della serra del Pogliaghi, acquistata dai Citterio da Villa Gallia di Como e mai rimontata) ed anche gli elementi vegetali superstiti, integrandoli in modo da ottenere una realtà, al tempo stesso ‘antica’ e ‘moderna’, esteticamente e funzionalmente valida. Le parti scultorie sono state reimpiegate nelle due scalinate di accesso al giardino ‘superiore’ e i restanti frammenti lapidei sono stati addossati lungo il muro di confine, su disegno ideato da Mimmo Paladino, a formare un inconsueto e informale lapidario, suggestivamente denominato “muro longobardo”. È stata anche restaurata la limonaia esistente.Il giardino farà da nobile tramite, inoltre, fra il Palazzo Citterio e l’Orto Botanico, in un percorso che unisce il nostro edificio a Brera”.Giovanni Carbonara, Università “La Sapienza”, Roma, consulente per gli aspetti di restauro

“Alla fine dei lavori è entrato Ermes, il giardino a forma di ala. Ridisegna su progetto di Attilio Stocchi la montagnola dandogli linfa antica e nuova, nella trama dei sentieri, mai bivi ma sempre trivi di destini incrociati – triplici come la natura di Diana – che si intersecano a formare ragnatele, fitte e meno fitte, delle aiuole impiantate con essenze amanti dell’ombra, come felci, iris, bergenie, allori, pachisandre, pervinche, edere e tanti acanti. In questo percorso iniziatico, usciti dalla grotta, l’ala di Ermes modella la natura. Tra mito, fiaba e storia, affiora la natura artificiale della ‘Collina di Ermes’ di Attilio Stocchi e sul fondale grandeggia il ‘muro longobardo’ di Paladino”. Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano

 

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