XXI TRIENNALE AFTER / UMBRACULA

umbracula-1140x641

AFTER / UMBRACULA

i due Savi di Fausto Melotti

a cura di Antonella Ranaldi e Fulvio Irace

progetto di Attilio Stocchi

Totem di Italo Lupi

Soprintendenza belle arti e paesaggio di Milano

in collaborazione con la  Direzione generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane, il Segretariato regionale del MiBACT per la Lombardia

e Città Metropolitana di Milano

La Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per la XXI Triennale declina il tema Design After Design in Umbracula, un padiglione, che si ispira ai gelsi nella sala delle asse al Castello Sforzesco e alle forme della natura, come la spugna, la foglia, l’ombra e la luce che filtra da intrecci ramificati.

Umbracula espone all’interno due Savi del gruppo La disputa dei sette savi di Atene di Fausto Melotti, del 1960-1962[1]. I Savi in pietra di Viggiù, come quelli in marmo al PAC con sfondo l’opera di Gardella, vengono dai prototipi in gesso di Costante uomo, esposti alle Triennali del 1936 e del 1940, negli allestimenti dei BBPR.

Umbracula ne propone la riesumazione dai depositi nel luogo da cui partì la loro vita.

Dedicata a Costante uomo e a Coerenza uomo, una prima serie di proiezioni esamina la presenza dell’uomo nel rapporto Architettura – Scultura.

Segue After design. Selezionati esempi di architetture esplorano la poetica della distanza e dell’addizione all’esistente.

Presidiata  dai Savi di Melotti, Umbracula propone le trame del divenire: intra, super, sub, apud.

Versus e pro, s’interrogano i due Savi. Inizia la disputa su After design: la contemporaneità che si misura con l’esistente, nel rapporto di vicinanza/distanza dentro, sopra, sotto, accanto.

Quando dei corpi si toccano, – scrive Paul Klee – si manifesta una certa sete d’avventura; se questo non avviene, meglio mantenere la distanza, e la distanza dovrà mantenersi armonica.

Ci sono oggetti che non tollerano l’avvicinamento. La dose di rischio di questa operazione è ben presente, se non si comprendono i valori e i reciproci effetti. Può essere d’aiuto la cognizione selettiva del limite. La disputa continua tra i due Savi: l’opera blindata e l’opera aperta, in divenire ma alla giusta distanza.

Milano e l’architettura invitano all’avventura intrigante di After.

Perché l’architettura a Milano è contagiosa. Ma il contagio non porta malattia, ma una piacevole euforia.

[1] I Sette savi furono realizzati da Fausto Melotti  per il Liceo Carducci, poi danneggiati, il gruppo è stato restaurato nel 2013, in occasione della sua esposizione all’Aeroporto Malpensa, cfr.  P. Buratti, V. Castoldi, D. Formica e C. Stigliani, I sette Savi di Fausto Melotti. Il restauro come riscoperta, in XII Congresso Nazionale IGIIC, Lo Stato dell’Arte, 12, atti del Convegno (Milano, Accademia di Brera, 23-24 ottobre 2014), pp. 339-346; Fausto Melotti. I Sette Savi a Malpensa, Skira, Milano, 2014. Si ringrazia Città Metropolitana per il prestito delle sculture.

Nota informativa

I SAVI di FAUSTO MELOTTI a La Triennale nel padiglione AFTER / UMBRACULA

Nella XXI Triennale di Milano 2016, il padiglione  Padiglione After/Umbracula, progettato dall’arch. Attilio Stocchi, ospita al suo interno due dei Savi del gruppo scultoreo “La disputa dei sette savi di Atene” realizzato nel 1960-1962 da  Fausto Melotti (Rovereto/TN 1901 – Milano 1986), per il nuovo Liceo Carducci.

I sette savi di Atene erano Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, Solone di Atene, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene e per settimo si diceva ci fosse Chilone spartano (Platone, Protagora, 343a).  La disputa consisteva nel decidere chi fosse tra loro il più sapiente. Ma ognuno di quei saggi indicava l’altro, e così via in modo che mai si sarebbe avuta  una concordanza di giudizio tra loro. Erano tutti e nessuno.

Riprendendo il tema della disputa, i Savi di Melotti erano disposti in modo che ognuno fosse rivolto verso l’altro, ma nessuno sguardo s’incrociava, solo il settimo non guardava nessuno degli altri, ovvero si rivolgeva allo spettatore.

Le sculture di Melotti, dopo essere state imbrattate, furono rimosse e dimenticate nei depositi e a seguito di vari spostamenti subirono fratture e rotture in più pezzi. Nel 2013 in occasione della loro esposizione all’Aeroporto Malpensa, nell’allestimento degli architetti Pierluigi Nicolin e Sonia Calzoni, sono state accuratamente ricomposte e restaurate  (Studio Restauri Formica).

I Savi in pietra di Viggiù, come quelli successivi in marmo al PAC con sfondo l’opera di Gardella, ebbero una loro precedente versione in gesso negli esemplari del Costante uomo, esposti alla Triennale del 1936 e poi in quella del 1940.

Il ‘Costante Uomo’ fu eseguito da Fausto Melotti nel 1936 assieme ad altri undici statue analoghe, per la Sala della Coerenza allestita dallo studio di architetti B.B.P.R. (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers)  presso il Palazzo dell’Arte in occasione della VI edizione della Triennale di Milano. Dodici sculture scandivano ritmicamente lo spazio in un progetto che armonizzava colore, parola e piani, in una compiuta installazione ambientale.

Delle dodici statue, due sono state riesposte alla Triennale del 1940, sempre in un allestimento dei BBPR. In questa, i due Savi era posti di spalle. E a questa disposizione, su felice suggerimento della figlia di Melotti, Marta, ci si è ispirati nel nuovo padiglione per la XXI Triennale 2016, vicino al Palazzo della Triennale di Giovanni Muzio, nel luogo prossimo a quello delle precedenti edizione che videro partecipi il Costante Uomo.

Gli esemplari in gesso avevano sul petto l’impronta di una mano, che era quella ingrandita di Peressutti. In uno l’impronta era colorata di rosso.

Dell’originale composizione cinque sono andate perdute nei bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, sette sono attualmente disperse in diverse collezioni private italiane.

La disposizione e collocazione,  dietro a griglie di parole, di queste immobili, geometriche ed eleganti silhouettes antropomorfe, è documentata da foto storiche e dalle testimonianze successive dello stesso artista che ne scrisse, nonchè da una fitta bibliografia (Celant, 1994). Le erme si ispirano alle statue greche arcaiche e  ai manichini e ai busti della pittura metafisica di De Chirico e di Morandi.

www.triennale.org

 

 

 

 

(Visited 57 times, 1 visits today)