Leandro Fossi: l’uomo che volle essere uno scrittore

leandro

 

CASA DELLE ARTI – SPAZIO ALDA MERINI

via MAGOLFA 32 MILANO

MERCOLEDÌ 10 GIUGNO 2015 ORE 18.00

Presentazione del libro postumo di Leandro Fossi

«Anche questa è vita» (Robin edizioni, 2015)

scritto «Dall’ospedale con ironia»

In una calda giornata di agosto, il 17 per giunta, Leandro Fossi lasciava la vita terrena sapendo in cuor suo che di lui si sarebbe ancora parlato, non tanto per la sua persona, quanto per i suoi romanzi.L’amore per la scrittura risale alla sua gioventù, una scrittura pulita, essenziale in cui  si leggeva la voglia di raccontare le cose cosi come erano.Ma erano anche i tempi dello studio e lui da bravo studente compì studi scientifici ed economici che lo portarono  per lavoro da Fano a Padova e poi a Milano, un trasferimento non gradito ai genitori.

“Sarebbe stato molto più facile scegliere di rimanere lì, ma ero ambizioso, avevo studiato tanto e volevo mettere alla prova le mie capacità e cavarmela da solo.”

Con grandi sacrifici conquista Milano e trova anche la sua Ambretta, frequentata durante l’adolescenza, con la quale  si sposa e hanno due figli, Marco e Daniele.La  sua vita a Milano, prima di sposarsi, non era stata facile, anzi.. più di una volta aveva faticato a mettere insieme i soldi per vivere e per aiutare la famiglia.Uno dei ricordi più vivi nella memoria dei tempi tristi e faticosi è il “risotto giallo con l’osso buco e il modo di come lo servivano:” usavano un vassoio rettangolare di ceramica gialla, da un lato mettevano il riso allo zafferano di un bel colore dorato e con in mezzo la fontanella piena di puccia….dall’altro lato l’osso buco coperto di gremolata, la salsina di prezzemolo, rosmarino e limone grattugiato, dai colori indefiniti tra il verde chiaro,il giallo e l’azzurro.

”Il piacere provato nel mangiarlo rimase fisso nella sua mente al punto che  i familiari al ristorante ridevano ancor prima che lui ordinasse, anche se diceva “Non ho più trovato ossi buchi cosi morbidi come quelli che ho mangiato in quel locale.”

Nonostante le ristrettezze c’erano il teatro, il cinema, le conferenze e ad una di queste era seduto vicino a Vittorini, un suo idolo e al quale avrebbe voluto far leggere i suoi racconti, gelosamente custoditi in una cartelletta.Leandro, tra le tante difficoltà , non aveva mai smesso del tutto di prendere appunti, era il suo modo di fuggire dalla realtà e anche di esprimere le sue paure: la morte del padre, la paura di non poter più aiutare la famiglia;e le sue gioie: l’incontro e il matrimonio con Ambretta, una donna , piccola e dolce in apparenza, che lo affiancherà anche  in tutte le sue avventure extra lavorative: la musica classica e  la voglia di raccontare  e di scrivere.

Questa  passione viene fortemente ripresa nel 2005, quando gli viene diagnosticato, come si dice, un brutto male, una notizia che lo aveva turbato molto al punto da non riuscire più  a dormire. Fu allora che lo psicologo dell’ospedale gli consigliò di dedicarsi ai suoi hobby per non pensare alla sua disgrazia.Con cipiglio inizia il nuovo cammino,scrivere non è raccontare per cui si affina le armi frequentando due scuole di scrittura e via…nascono cosi i suoi primi tre romanzi, tre  trame diverse,  tutte intrise di una gran voglia di vivere nel lettore e nel ricordo che il lettore avrà di lui.Sino al 2013 tra alti e bassi, tra un’operazione e l’altra, tra una chemio e la successiva, tra una speranza di avercela fatta a vincere il male e la successiva discesa nella disperazione di non poter terminare l’opra iniziata, Leandro riesce sempre a trovare una luce di speranza, aiutato  in questo dall’amore grande e silenzioso  della moglie, una luce che negli ultimi due anni di vita gli permettono di portare a temine il quarto romanzo.

Come si sa  quando  si vede che la vita ti scorre tra le dita come sabbia si vorrebbe fare tutto quel che non si é fatto e dare ciò che non si è dato, cosi Leandro Fossi nel romanzo diario della sua ultima parte di esistenza, Anche questa è vita, in cui lascia una testimonianza del suo “calvario”.

Il libro parla di un professionista non più giovane che ha la sfortuna di trascorrere una settantina di giorni di degenza in ospedale. Nel letto accanto al suo si alternano varie persone che nella vita di tutti i giorni probabilmente non avrebbe mai incontrato: persone umili, di poca cultura, con tutto il fardello della propria sofferenza. All’inizio le guarda con diffidenza come nemici che gli contendono il poco spazio a disposizione a scapito della sua intimità. ma ben presto si accorge che fra lui e questa umanità dolente non c’è nessuna differenza. Le loro storie lo incuriosiscono, ascolta e partecipa ai loro problemi, sente infrangersi quella lastra di gelo che le convenzioni e l’attività professionale gli avevano creato e ritrova un’umanità di cui non si sarebbe mai creduto capace.

Dalle pagine del romanzo escono dei piccoli “cammei” che in poche righe descrivono i vari modi di affrontare la malattia e i vari personaggi, dai dottori, agli infermieri, ai familiari, visti e descritti con una dovizia di particolari che inducono  il lettore a compiacersi della lettura.Nascono così i personaggi di Gervasio, la Contessa, l’anestesista, il dott.Cavallaro, Mariarosa e Domenico, Rosa, Dana, Aldo, Alberto, la fisioterapista, la Fornasiero….Ad ognuno di essi il compito di guidare Leandro nel faticoso cammino dall’operazione alla riabilitazione e dallo sconforto al sorriso di poter tornare a casa sulle sue gambe.Nonostante la malattia, Leandro non ha perso il gusto del bello e il suo osservare le donne ( ad es.la fisioterapista con gli occhi da cerbiatta) non sfugge a chi legge e lo fa in un modo che sembra quasi di vederle nell’atto di aggiustarsi una gonna o i capelli, o di accosciarsi al loro sposo o di essere amorevoli come solo una madre può essere.

In questo romanzo Leandro, sapendo prossima la fine pur non volendola, ha fatto in tempo a lasciarci un pensiero sul suo stato d’animo e sulle sue speranze che sapeva  già non  si sarebbero avverate:

” Quanto alla salute non posso che ringraziare il Padreterno per essere riuscito ad arrivare sin qui. Mi piacerebbe vivere ancora un po’ di anni per veder crescere le nipotine e assistere agli avvenimenti più importanti della loro esistenza fino al giorno del loro matrimonio. Mi immagino vecchissimo, seduto al primo banco a sinistra che, se ricordo bene, è la parte in cui si mettono i parenti della sposa, con la faccia curva sul bastone che stringo tra le mani per nascondere la mia commozione. Mi piacerebbe conoscere colui che hanno scelto come compagno della loro vita. Ma forse sto chiedendo troppo e non ho il coraggio di contare quanti anni dovrei ancora vivere. Daniele continua a ripetermi che devo stare in gamba perché vuole che faccia da padrino a Benedetta per il battesimo. Già l’espressione “stare in gamba” mi fa sorridere e mi immalinconisce.Con la nascita delle due nipotine la vita ha voluto sorprendermi ancora una volta.E’ stata un’emozione indescrivibile che non mi sento di paragonare a nessun’altra, nemmeno con quella che ho provato alla nascita dei mei figli.Quando è nata Valentina cadevano grossi  fiocchi di neve che sfarfallavano lievi nell’aria coprendo tutto di bianco. Dopo pochi giorni sarebbe stato Natale, mai come allora ho compreso tutto la tenerezza e il valore della Natività.E la mia vita, ormai al tramonto, prende un po’ di vigore e la presenza di queste due piccoline che crescono rende la mia malattia più sopportabile e addirittura in qualche momento me la fanno dimenticare.”

Con questo suo stato d’animo  è riuscito a tenere sull’uscio la malasorte sino all’ultima riga e ha permesso a noi di ricordarlo come voleva: essere uno scrittore.

Giuliana de Antonellis

CASA DELLE ARTI – SPAZIO ALDA MERINI

via MAGOLFA 32 MILANO

MERCOLEDÌ 10 GIUGNO 2015 ORE 18.00

Presentazione del libro postumo di Leandro Fossi

«Anche questa è vita» (Robin edizioni, 2015)

scritto «Dall’ospedale con ironia»

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