moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia al TEATRO MENOTTI

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TEATRO MENOTTI

dal 27 al 30 gennaio

 moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia

di Ferdinando Imposimato e Ulderico Pesce

interventi in video del giudice Ferdinando Imposimato

interpretato e diretto da Ulderico Pesce

produzione Centro Mediterraneo delle Arti

Non l’hanno ucciso le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi dallo Stato.” Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che nello spettacolo compare in video interagendo con il protagonista e rivelando verità terribili che sono rimaste nascoste per circa quarant’anni. Tra queste verità la presenza in via Fani il 16 marzo del 1978, mentre ammazzano i cinque uomini della scorta e rapiscono Aldo Moro, del colonnello dei Servizi segreti italiani Camillo Guglielmi chiamato, secondo la testimonianza di Pierluigi Ravasi, altro agente dei Servizi, a “coordinare” le operazioni di rapimento da Pietro Musumeci Segretario dei Servizi successivamente arrestato per aver depistato le indagini sulla Strage di Bologna. Il titolo dello spettacolo è “moro” con la “m” minuscola a voler sottolineare che nel cognome del grande statista c’è la radice del verbo “morire”. Come se la “morte” di Aldo Moro fosse stata “scritta”, fosse cioè necessaria per bloccare il dialogo con i socialcomunisti assecondando i desideri dei conservatori statunitensi e dei grandi petrolieri americani in Italia rappresentati da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che, dopo la morte di Moro, ebbero una folgorante carriera e condannarono l’Italia alla “sudditanza” agli USA.

Moro sente che uomini di primo piano del suo stesso partito vogliono la sua morte e lo scrive in una delle ultime lettere che fanno da leit motive dello spettacolo: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”.

 

Note di regia

“Un altro spettacolo su Moro? Non se ne può più.” -direte. Avete ragione. Più che di spettacoli sul caso Moro c’è la necessità di sapere la verità sulla sua morte. Questo nostro lavoro vuole prima di tutto contribuire alla divulgazione della verità. E’ un po’ altezzoso il fine ma le recenti scoperte e rivelazioni del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, vanno verso la costruzione di una chiara verità: Moro doveva morire.
Le nuove rivelazioni del giudice Imposimato rappresentano la base contenutistica del testo che abbiamo scritto dove però le scoperte del giudice, sono intrecciate con la vita di Iozzino, Ricci e Zizzi, tre membri della scorta. Raffaele Iozzino era il poliziotto che riuscì a sparare due colpi contro i terroristi. Domenico Ricci era l’autista di fiducia di Moro. Francesco Zizzi era poliziotto ma soprattutto era un bravo chitarrista e cantante di piano bar. Era al suo primo giorno di lavoro quel 16 marzo avendo sostituito, proprio quella mattina, la guardia titolare che aveva presentato un certificato medico di malattia. Nelle parole e nelle azioni di Ciro Iozzino, fratello di Raffaele, protagonista dello spettacolo, abbiamo voluto descrivere le ansie e la disperazione di un ragazzo del sud a cui strappano parte importante della vita. Con la figura della mamma di Raffaele, continuamente evocata, abbiamo voluto far parlare la disperazione di una mamma che non riesce a darsi pace, una mamma che vede il figlio partire per servire lo Stato e se lo ritrova poi morto senza sapere i nomi degli assassini. Nello stesso tempo crediamo che questo lavoro contribuisca ad informare sulle “colpe” di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti che “non hanno voluto salvare Moro”.

Il Giudice ferdinando  Imposimato e Ulderico Pesce hanno attivato sul sito www.uldericopesce.it una petizione popolare per chiedere che tutti i documenti relativi all’assassinio di Aldo Moro e dei membri della scorta, compresi quelli che riguardano le Brigate Rosse, vengano desecretati.

 

 

 

 

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