Wine Spectator: Soave nei trenta luoghi al mondo da scoprire Lo sostiene Bruce Sanderson, inviato di punta della rivista americana, secondo il quale il grande bianco italiano per la complessità raggiunta è un vino che soddisfa il consumatore evoluto

Il Soave, inteso come sintesi di vino e territorio, è stato inserito nell’ultimo numero di Wine Spectator tra le trenta tipologie mondiali di vino che “i wine lovers più avventurosi” sarebbero pronti a visitare, valigia alla mano, sempre alla scoperta di “qualche cosa di inatteso ed emozionante”.

E’ un nuovo approccio al mondo del vino quello proposto dalla autorevole rivista americana per il 2014 che si propone, attraverso l’analisi di dieci firme di riferimento, di “scovare” quei vini che, in attesa di ricevere l’attenzione che meritano da parte della critica internazionale, si caratterizzano per un forte incremento qualitativo, sono rappresentati da promettenti produttori, e stanno guadagnando attenzione da parte di consumatori esperti, di sommelier e di operatori di settore.

Bruce Sanderson, master of wine e firma di riferimento di Wine Spectator, non ha avuto dubbi a riguardo e tra i vini suggeriti ha immediatamente inserito il Soave, per la sua “origine da suolo vulcanico, per la sua freschezza, per la spiccata mineralità e per quella bevibilità che genera immediatamente piacere”. Un giudizio reso ancora più convincente dal rapporto tra qualità e valore delle singole etichette il cui prezzo, sia nel retail che nella ristorazione, secondo il giornalista, ben identifica la qualità del vino.

Ma perchè questo master of wine inserisce il Soave tra i vini “da scovare” e quindi ancora poco conosciuti? In realtà l’analisi di Sanderson è sottile: differenzia il vino “Soave bevuto ai tempi del college” – definendolo sostanzialmente corretto e gradevole – rispetto al “Soave come vino da adulti”(Soave for grown-ups). Ed è qui che agli occhi del giornalista si apre un mondo nuovo e tutto fa scoprire. Non solo quindi vini freschi ed immediati, perfetti per accompagnare i piatti della quotidianità, ma anche vini più intriganti, ideali per valorizzare  momenti indimenticabili, a cena o al ristorante.

Si tratta di interpretazioni più complesse, dove la personalità del singolo produttore emerge e caratterizza la cantina d’origine ma anche, di riflesso, la denominazione.

«I migliori esempi (tra i vini Soave) mostrano un equilibrio impeccabile, sentori di mela, limone e mandorla, e soprattutto una forte nota minerale. Vi è inoltre una buon acidità che fa salivare la bocca, caratteristica che li rende perfetti col cibo».

Varietà di stile ed interpretazioni hanno conquistato Bruce Sanderson, secondo il quale certi Soave ricordano alcuni Riesling alsaziani, prodotti su suolo vulcanico. «Ma la cosa più intersssante su tutte – chiude il giornalista – è il fatto che molti ottimi Soave, ad eccezione di certi cru o di cuvée speciali, oscillano tra i 20 e i 30 dollari la bottiglia».

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